“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”
“Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano a giocare”. Mai come nel caso dei Gilet Gialli, un sommovimento politico-sociale inedito fino ad oggi, quell’adagio popolare è assai appropriato. Tre mesi di rivolte di massa durissime. Un gran numero di morti e di feriti. Per non parlare degli arresti da parte della polizia, che si contano a centinaia. Insomma, le forze dell’ordine hanno instaurato un clima di repressione brutale delle sommosse e rivendicazioni popolari avanzate in Francia. Ma il movimento non desiste affatto e resiste. Anzi, incalza e le le proteste si vanno intensificando. Le tensioni sociali sono sempre più elevate e pressanti. Sembra, tuttavia, che la partecipazione alle mobilitazioni dei Gilet Gialli, negli ultimi tempi, sia progressivamente calata a causa proprio della repressione durissima da parte della polizia transalpina. Per cui in piazza scendono soprattutto le soggettività più decise e più tenaci, meno disposte alla resa, anzi. Mi pare di poter dire, dunque, che restano in gioco i più duri e i più irriducibili. Com’è già capitato in simili circostanze storiche. La novità di tale movimento politico-sociale, consiste nella sua eterogeneità ideologica e nell’assenza di una direzione politica. Per alcuni, questo elemento costituirebbe un deficit, ovvero un limite ed una fragilità. Per altri, direi anche per il sottoscritto, potrebbe rappresentare l’occasione per creare un modello di esperienza totalmente inedito. Il movimento dei Gilet Gialli si è scisso anzitutto tra due fazioni, se non sbaglio: c’è chi vorrebbe convertirsi in un partito politico ufficiale, nelle modalità dei 5 Stelle, e c’è chi spinge in un’altra direzione, verso forme assembleari, all’insegna dell’autogestione politica di tipo orizzontale. Mi pare che questo sia il quadro riassuntivo in cui si possa sintetizzare e raccontare l’esperienza, assolutamente anomala ed originale, dei Gilet Gialli, almeno fino al momento in cui scrivo.
Lucio Garofalo
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