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Quando a volte “lavorare stanca”, appunti dall’estero

Settembre 28
20:07 2022

Ormai sono passati già quattro anni da quando sono emigrata in Belgio. Vi racconto brevemente alcuni episodi che hanno costellato la mia avventura in questa “babilonia” che è Bruxelles ma non solo a Bruxelles; facendomi ritrovare la strada giusta, anche se a volte posso dirlo, con una buona dose di fatica.

Sono i primi giorni di gennaio 2018 e con una valigia piena di speranza e spirito d’avventura, oltre che contentezza ed un pizzico di adrenalina, provocata anche dalla paura dell’ignoto, atterro a Liège, città che si trova a poco più di un’ora di treno da Bruxelles, dove risiederò per ben sei mesi; il tempo previsto per il mio stage presso lo SCI (Service Civile International). Ho vinto una borsa lavoro con la Regione Lazio “Torno Subito” ed ancora non riesco a svegliarmi da questo sogno reale… “Sto partendo davvero? Sono arrivata? Dove sono?”. Presto l’esperienza nello Sci mi farà “cadere di nuovo dalle nuvole”. Avrò infatti compiti importanti da svolgere durante questi sei mesi: dovrò costruire i cosiddetti “outiles pédagogiques”, ossia strumenti per svolgere animazioni in tutte le scuole del Belgio: dovrò scrivere, progettare, ideare, costruire manualmente materiale come “Le città in transizione” (quartieri riprodotti in miniatura: luoghi in città, in cui si è deciso di rispettare di più l’ambiente, ad esempio ideando i Repar-cafè, dove gli oggetti anziché essere buttati vengono riciclati) e svolgere animazioni con i ragazzi delle scuole superiori e delle università e con migranti; dovrò partecipare a molte formazioni, saper comunicare e trasmettere agli altri, e gestire dibattiti, insieme all’équipe. Quando arrivo apprendo che la mia tutor è in dolce attesa e vengo affiancata da una ragazza più giovane di me, ma che lavora in maniera efficace e da molto tempo allo Sci. Comincio da subito con riunioni su riunioni ed il lavoro mi piace tantissimo, come anche la filosofia dello Sci, di cui sono volontaria già dall’età di 22 anni. Liège mi sembra una città fantastica, calma e romantica e (roba da non crederci) senza traffico! Non esiste la metropolitana e la gente familiarizza facilmente, quasi non sembra davvero una città e forse pure per questo, mi trovo subito bene, non essendo io cittadina ma provenendo da un piccolo villaggio.

Il mio stage è intenso e visto il mio spirito d’adattamento rapido e senza problemi a questa nuova vita (seppure al di là delle attività di stage io viva in maniera abbastanza solitaria), dopo solo un mese che vivo in Belgio decido di mettermi a cercare lavoro, per poter rimanere ed essere finalmente indipendente economicamente. Mando un solo curriculum ad una scuola musicale “La Chaise Musicale”, che mi dicono essere abbastanza nota a Bruxelles, e dopo una formazione di due giorni, vengo subito presa. Così dopo il mio stage devo solo provvedere a cercare un’altra casa e trasferirmi a Bruxelles. Come se lo facessi per la prima volta in Belgio! Ebbene sì, in sei mesi che mi trovo a Liège mi sono spostata già ben tre volte! Per un disguido con la prima proprietaria di casa ho dovuto arrangiarmi e trovare rapidamente un’altra situazione. Apprendo da subito quindi in quante “fregature” vere e proprie una straniera può incappare… e purtroppo ce ne sono state davvero tante. A Bruxelles la musica cambia subito: purtroppo non per le truffe, che abitualmente, in maniera più o meno grave, continuo ad incontrare ma perché la città non è di certo così calma e romantica come Liège! Traffico, smog e indifferenza giornaliera un po’ mi provocano quella nausea che quasi sempre mi danno le capitali o alcune città troppo fittizie! Certo qui ci sono parchi e boschi bellissimi e vivo anche delle bellissime esperienze, e soprattutto i primi due anni mi sento quasi al settimo cielo per la gioia di aver trovato anche un lavoro a tempo indeterminato, ben pagato secondo i miei parametri, e che mi piace ed a tempo parziale, che mi permette anche di seguire una formazione per diventare animatrice! Perché il lavoro svolto non vada sprecato e perché possa lavorare nella mia passione mi suggeriscono, infatti, di non fare l’equivalenza dei miei titoli (posseggo già un titolo professionale in pedagogia): “Perché in questo paese se vuoi lavorare con i bambini è meglio non aver alcun titolo!”. Rimango basita ed accetto così di svolgere una formazione che mi possa permettere di continuare il lavoro che avevo iniziato con lo Sci (ed anche con Emergency in Italia!), quello di animatrice. Per fortuna vengo selezionata per svolgere una formazione di buon livello al Cbai (Centre Bruxelloise d’Action Interculturelle) e così mi ritrovo, diciamo, con un doppio lavoro: dalle 9h alle 17h seguo tutti i giorni le lezioni e dalle 18h all’1 di notte lavoro come réceptionniste de nuit ed animatrice presso l’ostello della gioventù Jacques Brel, in pieno centro. Sono sola in ostello a quell’ora, servo al bar e faccio i check-in, metto la musica ed intervengo ogni qualvolta che un cliente mi chiede qualcosa, spostandomi dal bar. Il lavoro mi piace: incontro e parlo con gente proveniente da tutto il mondo: Europa, Africa, Sud America, Asia. Rimango felicemente sorpresa dalla quantità di persone che dall’America Latina passano per l’ostello della gioventù (i miei pregiudizi mentali cominciano a divenire sempre più deboli, fino quasi a sparire) e penso anche a me, che avrei sempre desiderato viaggiare lì ma non ho mai avuto ancora la possibilità di farlo!

Il ritmo di lavoro è abbastanza arduo!

Ma prima di questo lavoro iniziato ufficialmente a gennaio 2019, avendo fatto prima un mese di prova, non è che le cose fossero più “soft”. Nell’altro ostello, dislocato in periferia, infatti, mi avevano fatto un finto contratto (mai vidi quei soldi) ed ero soltanto una “volontaria” retribuita in nero, come tutti gli altri! C’era solo un ragazzo spagnolo che veniva stipendiato. Dopo tre mesi e viste anche le condizioni di lavoro di sfruttamento (iniziai lavorando per più di dieci giorni di seguito senza fermarmi mai, giorno e notte); cercai immediatamente un altro lavoro e per fortuna lo trovai quasi subito al Jacques Brel; avevo tutte le carte in regola per poter lavorare come réceptionniste ed animatrice (iscritta ad Actiris, centro per l’impiego, da più di sei mesi) e presi il posto di un ragazzo spagnolo, che invece non rientrava in quelle condizioni, che mi rinfacciò a vita di avergli “fregato il posto” quando non era vero, tanto da trattarmi sempre male quando ridivenne mio collega, fino alla soglia dell’intolleranza e tanto da volermi far cacciare da lì! Storie di machismo? O solo di rancore, invidia, razzismo? Non lo so, sta di fatto che da questa esperienza ho imparato che di gente davvero strana e menefreghista è pieno il mondo, purtroppo, e che non sempre “l’abito fa il monaco”!

Dopo tutta quella fatica nel fare due lavori; dopo quella gioia nell’aver trovato un lavoro a tempo  indeterminato che, sebbene fosse abbastanza duro da fare da sola, sinceramente avrei voluto continuare a fare per un altro periodo di tempo…! (Però purtroppo non andò così come avrei desiderato). Mi ero iscritta, infatti, anche all’università in Antropologia (mentre lavoravo part-time e dopo aver terminato la formazione come animatrice); un sogno che da sempre volevo realizzare quello di studiare Antropologia, e che in parte per il guadagno ottenuto da quel lavoro ed in parte per il fatto che svolgessi un lavoro part-time, avevo potuto realizzare grazie a quegli sforzi! “E adesso? Che lavoro faccio che mi possa permettere anche di continuare gli studi? Dove lo trovo?”, questo mi chiedevo tra le altre cose, dopo che mi licenziarono senza ragioni prima del Covid.

Ebbene sì quel lavoro che tanto mi piaceva ad un certo punto, inaspettatamente, senza ragioni e senza preavviso lo persi, proprio poco prima del Covid! (Qui il lock-down cominciò il 18 marzo). Era il 16 marzo 2020… Nessun sindacato e nessun avvocato mi suggerì di cercare giustizia, sebbene concordavano sul fatto che c’erano davvero i motivi per fare causa, (perché sarebbero stati così tanti i soldi spesi che se avessi vinto la causa ci avrei guadagnato pochissimo!). Mi sono sempre detta che c’era davvero qualcosa di troppo strano in tutto ciò! E non sono mai riuscita a comprendere completamente. Così amareggiata, dopo un lungo periodo in cui mi ero abituata ad un lavoro che gradivo; dovetti starmene a casa ad arrovellarmi la testa, durante il Covid, per cercare subito un altro lavoro (per soli 20 giorni non avevo, infatti, diritto a ricevere la disoccupazione!), che potesse corrispondere allo stesso modo alle mie aspettative… Ma un po’ per l’affitto che dovevo continuarmi a pagare, un po’ per la morìa di lavoro in quel periodo, dovetti accettare un lavoro, il primo che mi è stato possibile in quel momento trovare (erano i primi di luglio 2020 e avevo già fatto un paio di colloqui per trovare un altro lavoro), che effettivamente poi mi mise in condizioni anche peggiori a livello di salute!

Il lavoro che trovai purtroppo non fu a tempo parziale, ed era in una Maison de Jeunes (Casa della Gioventù, dove si svolgono ateliers artistici e non, per bambini e ragazzi) dove una signora di origine francese in una équipe di soli belgi stava per diventare coordinatrice, lasciando un posto di animatrice. Non mi sembrava vero, ero felice comunque di aver trovato quel posto, anche se non corrispondeva completamente a quel che cercavo eppure, quasi subito, purtroppo mi resi conto che, peggio di prima, l’ambiente lasciava alquanto a desiderare! La coordinatrice si rivelò per le metodologie e la pedagogia che usava, come quella che usava in parte anche l’équipe, davvero incompetente purtroppo. Ogni giorno erano insulti ed offese ed umiliazioni, io ero come quasi un “burattino” nelle loro mani, non mi era concessa libertà nelle animazioni da svolgere, ero diventata quasi “invisibile” (non mi si rivolgevano neanche saluti all’entrata e all’uscita dal luogo di lavoro) e non ero stata integrata nell’équipe. Inizialmente pensavo che mi sarei fatta comunque “spazio” (la parola “mobbing” ancora non riuscivo a pronunciarla, sebbene in molti mi avessero detto che di questo si trattava) e cercavo di resistere, ma stavo crollando sempre di più, psichicamente, tanto che dopo sei mesi in cui mi rivolgevo solo ai bambini ed ai ragazzi per poter svolgere il mio lavoro in santa pace (perché il resto dell’équipe non mi considerava neanche); dopo aver avvisato anche l’asbl che mi aveva assunto di quello che stava accadendo (sebbene nessuno fosse intervenuto); dopo arringhe e pianti al telefono quasi giornalieri per sfogarmi, e l’isolamento quasi completo dopo fine ottobre 2020, dovetti fermarmi. “Burn out” fu la diagnosi e qui di casi del genere ne sentii tanti, troppi sinceramente.

Queste sono solo alcuni degli spiacevoli episodi che mi accaddero cercando lavoro e fortuna all’estero (seppure non ho vissuto solo episodi spiacevoli), ne ho voluto raccontarne una parte anche per testimoniare che “non è tutto oro ciò che luccica” o come dice ancor meglio De André: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior”; basandomi sulla mia esperienza personale ma anche per raccontare che quel che mi capitò mi fece ben rendere conto quali invece sono per me i valori più importanti; quello a cui più tengo. Per ciò nonostante l’amarezza e le difficoltà incontrate ringrazio, in ogni caso, quel che ho vissuto ma vorrei anche dire a chi facilmente “sputa nel piatto dove mangia”, additando l’estero come luogo migliore, di stare attento o attenta perché è sempre l’esperienza ad insegnarci (sebbene posso comprendere che sia difficile anche in Italia per certi versi) e se parlate con diverse persone italiane che vivono qui, o anche di altre nazionalità, anche belghe, molti vi potranno raccontare cose simili…

Io comunque sto bene, ho imparato comunque tanto da queste esperienze ma se volete amici e amiche (o chiunque ne abbia voglia), scrivetemi e raccontatemi anche di voi! Che questo periodo impervio per molti ci insegni anche a comunicare meglio e ad unirci anche, con chi per noi è importante o vogliamo che lo diventi davvero. Un abbraccio a tutte e tutti, con affetto,

Caterina Rosolino peaceispossible8@gmail.com

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