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Quale legge elettorale serve al Paese?

Agosto 04
02:00 2007

Nel suo intervento al seminario “Quale legge elettorale serve al paese?” tenutosi di recente a Roma nella sala convegni del Monte dei Paschi di Siena e organizzato dall’ASTRID (Associazione per gli Studi e le ricerche sulla Riforma delle Istituzioni Democratiche e sull’innovazione nelle amministrazioni pubbliche), Giorgio La Malfa ha affermato che il problema prioritario da affrontare in Italia non è più quello che ha riguardato storicamente la nostra Repubblica nel dopoguerra ovvero l’instabilità dei governi; è piuttosto quello della governabilità e cioè delle contraddizioni insolubili che paralizzano le capacità decisionali dei governi. Proprio su questo punto aveva insistito giustamente nel suo intervento anche l’onorevole Fassino. “Il fatto è – ha detto La Malfa – che questa ingovernabilità è determinata sostanzialmente dal premio di maggioranza previsto dalla legge vigente e anche, seppur con meccanismi diversi, dalla precedente legge Mattarella. Se infatti – ha proseguito La Malfa – la scelta del Presidente del Consiglio avviene in base all’esito del voto dei cittadini, è ovvio che si formino due coalizioni così ampie da risultare in sé contraddittorie ed è altrettanto ovvio che non vi è titolo a pretendere il silenzio e la quiescenza di tutti coloro i quali hanno contribuito al successo della coalizione qualora le loro posizioni siano diverse da quelle del Presidente del Consiglio”. Se questo è il problema italiano, secondo La Malfa, bisogna abolire il premio di maggioranza e tornare a un sistema parlamentare il quale potrebbe consentire il formarsi di maggioranze nel loro interno più omogenee. Questa soluzione non abrogherebbe il bipolarismo o l’alternanza, ma consentirebbe una migliore e più omogenea azione di governo. Il secondo problema focalizzato da La Malfa ha riguardato la possibilità che si possano realizzare maggioranze diverse per la formazione dei governi e per la definizione delle riforme elettorali e costituzionali. La ragione fondamentale per cui i processi di riforma costituzionale hanno incontrato enorme difficoltà è dovuta al fatto che è pressoché impossibile ottenere il consenso delle opposizioni alle riforme elettorali o costituzionali. E ciò per ragioni politicamente evidenti. Sarebbe opportuno prendere atto che le riforme istituzionali possono essere fatte solo dalle maggioranze di governo, e dunque che i problemi delle riforme e delle formule di governo sono inestricabilmente connesse tra loro. Fin quando non ci si renderà conto di questo essenziale dato di fatto lo scarto fra le riforme studiate e quelle approvate rimarrà incolmabile.

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