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Quale giustizia?

Quale giustizia?
Gennaio 01
15:28 2009

Dopo vent’anni dall’assassinio del leader dei seringueiro Francisco Mendes che lottava in difesa del medio ambiente contro il disboscamento della foresta, è ora il signor Jaìme primo fratello di Chico, il guardiano di una storia che è finita in tragedia per causa del terreno che ancor oggi calpesta, nel municipio di Xiapurì nello Stato dell’Acre amazzonico. “ Oggi chiedo solo pace e buoi afferma Jaìme, preferisco la foresta perché qui ho casa, pesci, pappagalli e tucani e la vita del seringuero (lavoratore della seringa, pianta da cui si estrae con delle incisioni a spirale il suo primo derivato che è la boracha naturalper poi ottenere lavorandola, il lattice la gomma e altri tessuti elastici), è migliore di quella della città anche avendo un impiego”. Per questa vita di seringuero morì Chico Mendes… il disboscamento incontrollato è per il seringuero l’espulsione dal paradiso dove trae sostentamento. Lui non era e non è il proprietario della terra, ma la lavorava autorizzato dal fazendeiro, dividendo poi insieme la parte della produzione. I proprietari vendettero poi le aree ai creatori di pascoli e qui cominciarono i guai. Il gruppo di Chico Mendes inventò così la protesta chiamata o impacì, o sempace (togliere la pace n.d.r.), ed il seringueiro e la sua famiglia entrava nella selva, confiscava le motoseghe e faceva di tutto per impedire il lavoro al personale dei fazenderos. Loro stessi erano pronti, tenaci e reagirono con inaudita violenza, tant’è che l’anno 1988 è segnato da omicidi e aspri scontri, con la condanna e la finale uccisione in dicembre dello stesso anno del leader sindacale. A 44 anni Francisco Mendes morì senza chanche di soccorso, lasciando moglie e due figli. La polizia prese il fazendeiro Darlì Alvez da Silva e suo figlio Darcì e la giustizia dichiarò il padre di essere il mandante del crimine ed il figlio l’esecutore, condannando entrambi a 19 anni di carcere. Ancor oggi, dopo molto tempo nella cittadina di Xapurì, i personaggi di questa tragedia vivono in un clima di tensione continua. Queste sono le ultime dichiarazioni del mandante dell’omicidio Darlì Alvez rilasciate ad un reporter dopo aver scontato la pena, nei confronti di Francisco Mendes: “Come uomo non valeva nulla, non è mai stato un seringueiro, era un maledetto, mai ha lavorato, mai ha pagato tasse. Io mi ritengo giustiziato in terra, ma confido nella giustizia del cielo” e incolpa la vittima per la propria morte proseguendo “l’assassino non è chi spara, ma chi provoca la morte, nessuno uccise Chico Mendes, lui si uccise da solo e provocò morte e dolore, gonfiò le palle non solo a me, ma a tutto il mondo”. La figlia di Chico, Elenira Mendes che aveva quattro anni quando il padre morì, ha intrapreso la carriera che sognava diventando avvocato, ed ora coordina la fondazione che porta il nome dell’ambientalista, preservando la sua memoria e occupandosi di problemi e lavoro sociale. Lei non prova rancore per l’assasinio di suo padre, affermando che: “la giustizia di Dio è più grande della giustizia dell’uomo. Mio padre vive nei cuori di tutte quelle persone che proteggono e vorranno continuare a proteggere la foresta”. Xapurì oggi, con 15000 abitanti è la città di Chico Mendes, la segnaletica stradale annuncia questo, il museo della fondazione lo ricorda, il sindacato da lui creato lo vive quotidianamente… e i produttori si sono abituati alla caduta del prezzo del lattice, ma la coscienza di quello che è necessario preservare ha fatto sbocciare altre opportunità come la beneficadora de castanha, che pulisce, divide le buone dalle guaste, ed imballa almeno una parte della produzione del frutto della cittadina, oppure la moderna fabbrica di preservativo fatto di lattice naturale già in fase di test, con la probabilità di assorbire almeno il 10% della boracha natural prodotta dallo Stato dell’Acre. Chico Mendes qui in Xapurì è morto… ed è qui che continua a vivere come non mai nelle iniziative e nelle attese degli Xapurensì.

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