Quadraccetta e la Bettini Quadraro
Una paginetta di storia intensa e quasi dimenticata, felicemente ripescata in un piccolo sito web (www.bettiniquadraro.it/storico.asp?s=Bettini
Quadraro), mi rivela finalmente perché da piccola gli amici di mio fratello Augusto – classe 1932, dieci anni più di me – mi chiamassero Quadraccetta.
Verso la fine degli anni Cinquanta mio fratello, che lavorava al Quarto Miglio, acquistò la sua prima bicicletta in un negozio in via dei Lentuli, al Quadraro.
Marca ‘Quadraccia’, dal nome del gestore e produttore in proprio di biciclette Roberto Quadraccia, già brigadiere della stradale. Ed ecco spiegato l’affettuoso nomignolo che mi fu allora affibbiato e che, con un certo orgoglio, amo ancora ricordare.
Ma c’è un’altra sorpresa: la storia della famiglia Quadraccia va a incrociarsi con una delle più belle realtà legate al calcio borgataro e passionale che segnerà i decenni a venire, a partire dal 1947, con la nascita della squadra ‘Unità Quadraro’. Il riferimento è chiaro e non casuale: Unità come l’Unità del giornale dei lavoratori, poiché tutto ha inizio nella sezione del Pci di via Cincinnato, dall’idea di un gruppo di ragazzi. E qui entra in scena Calogero Imbergamo, detto Lillo, cui fu chiesto di fare l’organizzatore. E fu proprio Imbergamo – dalle grandi risorse manageriali – che si rivolse a Roberto Quadraccia per sponsorizzare la squadra. La Q stampata sulle magliette dei giocatori ufficializza la Quadraccia Quadraro, che prende l’avvio per un’avventura memorabile.
Altri sponsor fra i commercianti locali si susseguiranno negli anni, finché il presidente Imbergamo mette a segno il colpaccio, conquistando alla causa Zannetto Bettini, dell’omonimo celeberrimo pastificio di Roma, e la Bettini Quadraro non cambierà più nome fin quando esisteranno il pastificio e la squadra.
Dietro questi pochi cenni c’è tutto un mondo da svelare e da ricostruire, sepolto in parte nell’area del centro commerciale Cinecittà Due, campo di gioco della storica Bettini Quadraro fin dal 1955, trasferito nel 1986 in via Q. Publicio. Una storia che ci vorrebbe Pasolini per raccontarla, ma tanti riferimenti si ritrovano già nei suoi scritti: le squadrette scalcinate e i campetti in mezzo ai prati, le baracche dell’Acquedotto Felice, i trenini Stefer della Casilina, il cinema Folgore in via dei Quintili, i palazzoni di Cecafumo, il fontanone del Mandrione, e tutti quei ‘ragazzi di vita’ che nel secondo dopoguerra furono i protagonisti di una stagione ‘stupenda e misera’, irripetibile.
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