Prorogata “Amazônia” del fotografo Sebastião Salgado, regno e regnanti favolosi e fragili
(Serena Grizi) Roma – Il dono di Sebastião Salgado dopo sette anni di lavoro è la coinvolgente mostra Amazônia curata da Lélia Wanick Salgado al MAXXI, prorogata fino al 25 aprile 2022 grazie all’afflusso continuo di visitatori.
L’accoglienza nei grandi saloni semibui del MAXXI la fa una madre foresta in bianco e nero: quasi spopolata di uccelli e altri animali, è invece sorella delle acque che perpetuano l’immenso Rio delle Amazzoni e i ‘fiumi volanti’ sotto forma di pesanti nuvole che adombrano il Pico da Neblina e le altre montagne di roccia aguzza. La foresta le riveste come fosse una gonna leggiadra, alle falde, per poi lasciarli nudi di fronte al sole, alla nebbia, all’acqua che, più che mai, qui è vita, e non per se stessa ma per tutto il pianeta. Sebastião Salgado aveva abituato molti suoi ammiratori ai magnifici colori della foresta e dei suoi abitanti oltre gli umani. Qui, con l’allestimento scenico e politico di sua moglie Lélia Wanick Salgado, si sceglie il ritorno principale su due soggetti: l’ambiente e l’uomo. Nell’ambiente, fra le magnifiche grandi foto sospese ad altezza di persona si può camminare illudendosi davvero di attraversare una foresta viva: il gioco di luci ombre nelle sale mima il l’andirivieni del sole, accompagna il viaggio la colonna sonora originale del compositore Jean-Michel Jarre, le cascate, il canto degli uccelli, sono stati registrati nella foresta.
L’uomo è stato posto al centro dell’inestricabile giungla, in alcune stanze che riprendono i perimetri delle capanne utilizzate da alcune etnie. Nelle ‘case’ le etnie si presentano, raccontando la loro quotidianità: drammatica se pensiamo a quanto la ricchezza della foresta faccia gola alle multinazionali, per il legname, per i territori coltivabili, per gli immensi tesori in materie prime naturali, ma raccontano anche la meraviglia, per alcuni gruppi, di aver capito che oltre la foresta c’è molto altro, alcuni di questi si tengono in contatto e navigano, oltre che sulle acque anche in rete. Nelle fotografie testimonia il loro cambiamento di passo un gusto tutto nuovo nell’acconciarsi e il miscuglio del tutto originale fra tagli di capelli attuali e antiche pitture facciali, complessi copricapo. I giovani sono diversi dai propri genitori, ciò che li accomuna è un forte sentimento d’orgoglio che li fa, davanti la macchina fotografica, re e regine imbattibili d’un posto nel quale nessun uomo ‘dell’altro mondo’ saprebbe vivere. Per poi scoprire che invece, al netto dell’uomo ‘progredito’ sono estremamente fragili. Una storia per tutte: c’è una bella immagine di tre fanciulle in fiore di etnia Suruwahá, che ricorda i quadri di Paul Gauguin: le tre di fronte all’obiettivo poggiano vicino ad una palizzata di legno come ‘affacciate’, i volti felici, grandi lucide foglie per ventaglio. Pochi mesi dopo quello scatto una di loro ha perso la vita per aver ingerito volontariamente semi di timbó, una sostanza molto tossica della quale subiscono gli effetti a volte mortali considerando semplicemente che ‘si può essere portati via dallo spirito aggressivo della pianta’…
Per capire ciò che si guarda nella fotografia di Salgado non bastano l’occhio, il cuore l’anima, ma occorre leggere ed informarsi davvero su come stiano le cose, su come il mondo ‘civilizzato’ parta all’assalto tutti i giorni della foresta amazzonica e dei suoi abitanti animali nel senso più ampio del termine, lasciandoli più poveri in mezzo a territori annichiliti dallo spogliamento. Per questo l’autore sembra averli voluti mettere su una sorta di altare, dicendo ai popoli ‘civilizzati’ di guardare quella fierezza; ripetendo a questi, siete importanti non lo dimenticate tanto che pare affidarci gli uni agli altri per il tempo che verrà.
Ancora: in due sale di proiezione inserite ai margini ‘della foresta’ si ripresentano i molteplici aspetti del rigoglio, del gioco di radici, della fratellanza degli alberi a comporre un organismo maestoso e incontenibile, con la colonna sonora struggente di Heitor Villa-Lobos, che innalza l’Eden a sogno, quasi perduto, però (o sulla strada per perdersi) se si continuerà a spogliarlo, e l’incanto delle immagini e la drammaticità musicale suggeriscono molti pensieri.
Nell’altra sale riappaiono ‘gli amici’ abitanti della foresta fotografati nelle abitazioni, a caccia, uno per uno, nei fieri ritratti familiari, belli, elastici, capaci, dai corpi e dai volti dipinti, nerboruti, sportivi, gli occhi che scintillano, i capelli femminili scuri e soffici, i bambini a volte impauriti dall’obiettivo, altre d’una schiettezza indimenticabile (a momenti ci si domanda se sia tutto vero, Salgado ha dichiarato subito di aver voluto, in molte pose, isolare la loro unicità su un telo per fotografie invece che lasciarli posare su uno sfondo reale)…. Musica del brasiliano Rodolfo Stroeter, pura magia per le orecchie.
Tutti loro, così come la foresta, non si potranno lasciare andare come se niente fosse, dopo aver ascoltato le loro storie, averli guardati negli occhi: sono importanti come fratelli, sorelle, amici… Tutto, loro e l’ambiente che abitano da prìncipi liberi: per quelli di loro che hanno capito bene cosa potrebbe accadere e per chi non ne sa nulla, così come accade agli altri uomini, quelli ‘civilizzati’. Questo ci ha consegnato Il grande fotografo che con la fondazione ‘Instituto Terra’ ripiantò due milioni di alberi in un territorio semidistrutto da abbattimenti e siccità, impresa in parte documentata nel film di Wim Wenders Il sale della terra.
“Gli alberi sono i capelli del nostro pianeta. Quando c’è pioggia in un luogo senza alberi, in pochi minuti, l’acqua arriva nei torrenti, portando terriccio, distruggendo le nostre sorgenti,distruggendo i fiumi, e non c’è umidità da trattenere. Quando ci sono alberi, il sistema di radici trattiene l’acqua. Tutti i rami degli alberi, le foglie che cadono, creano un’area umida, e l’acqua ci mette mesi e mesi sottoterra per arrivare ai fiumi, e mantenere le nostre sorgenti e i nostri fiumi. Questa è la cosa più importante, se pensiamo che ci serve l’acqua per ogni attività della nostra vita”. S. Salgado
Così la mostra:
lunedì chiuso
da martedì a venerdì 11 – 19
sabato e domenica 10 – 19
la biglietteria è aperta fino a un’ora prima della chiusura del Museo
avviso Per accedere al Museo è necessario esibire la Certificazione verde COVID-19 (Super Green Pass) insieme a un documento di riconoscimento. Le disposizioni non si applicano ai bambini di età inferiore ai 12 anni e ai soggetti con certificazione medica specifica.
Immagine dalla mostra: S. Salgado
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