Profughi eritrei in Libia. Ultimi aggiornamenti
Milano, 9 luglio 2010. Secondo le ultime notizie, che ci sono pervenute nel pomeriggio di ieri, 8 luglio, il governo libico, dopo le pressioni ricevute da parte delle ong, intende garantire residenza e lavoro adeguato alle capacità professionali a tutti e 350 (o 400) i profughi. E’ una soluzione inaccettabile, perché in Libia mancherà sempre loro lo status di rifugiati, con le conseguenti garanzie di protezione. Passata l’eco politico-mediatica, i rifugiati eritrei saranno inevitabilmente sottoposti a nuovi arresti e trattamenti inumani nei centri di detenzione, mentre si prospetterà ancora il rischio di una loro deportazione. L’unica soluzione in linea con le Carte che tutelano i diritti dell’uomo è il loro reinsediamento nell’Unione europea. Dopo che un attivista ha verificato che ad Al Braq si trovano solo uomini, sia adulti che minori, abbiamo chiesto ad Habeshia dove si trovino attualmente le donne e i bambini più piccoli. L’agenzia ci ha risposto che a Mishratah, da dove i detenuti sono stati trasferiti il 30 giugno, rimangono ancora 32 uomini, 13 donne e 7 bambini. Come sottolinea anche l’Agenzia Habeshia, le Nazioni Unite e il Consiglio d’Europa devono sempre tener presente che i profughi sono soggetti a pressioni e maltrattamenti. Potrebbero essere costretti a sottoscrivere accordi dietro minacce o violenze. L’unica loro vera richiesta è quella di essere accolti nell’Unione europea. Riguardo alle dichiarazioni del ministro degli Interni italiano, che mette in dubbio la provenienza di molti di loro da respingimenti, i profughi eritrei ne hanno le prove: si sono annotati i numeri di riconoscimento delle motovedette italiane. Vi è inoltre un nuovo pericolo, perché la Libia ha chiesto all’Ambasciata eritrea di occuparsi del riconoscimento dei profughi. Questa procedura metterà in grave pericolo le loro famiglie rimaste in patria, i cui membri subiranno detenzioni, interrogatori e torture. Intanto oggi, 9 luglio, ci giunge notizia di tentativi da parte delle autorità di costringere i profughi a sottoscrivere proposta governativa, con la minaccia di manganelli e bastoni elettrici. Siamo sempre più lontani – spaventati dall’idea di essere costretti ad accogliere questi esseri umani sofferenti e perseguitati – da qualsiasi ideale di civiltà, di democrazia, di cultura solidale.
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