Procediamo in ordine sparpagliato
Negli ultimi tempi si sono stemperate le aspre diatribe sullo spread che miracolosamente non costituisce più l’elemento fondamentale dell’informazione in genere, pur conservando comunque una notevole importanza, sebbene ancora un po’ eccessiva. Una prima valutazione possiamo azzardarla prendendo in considerazione il fatto che il differenziale si sia “stabilizzato” intorno a quota 350 sul bund tedesco, come nei primi tempi dell’attuale governo, ma oggi la valutazione data all’Italia dalle contestate agenzie di rating è BBB+ mentre all’epoca era A+, cioè due gradini sopra l’attuale livello.
Se proiettassimo lo spread nel futuro, mantenendo le attuali condizioni e riguadagnando la classificazione precedente, i nostri titoli di stato sarebbero fra i più appetibili al mondo. Ma non corriamo troppo avanti con la fantasia e, per rimanere ai giorni nostri, cerchiamo qualche risposta ad alcuni interrogativi che a mio parere sono rimasti un po’ nell’ombra. Come mai la Grecia, pur restando un grosso problema irrisolto, sembra essere stata enucleata dal panorama delle disgrazie? Non credo sia bastata la sola dichiarazione tedesca di volerla mantenere nel contesto della moneta unica e di auspicarne il salvataggio concedendo una generosa dilazione nel tempo, dilazione che dovrebbe portare a centrare l’obiettivo di risanamento, nel quale pochi credono viste le pesanti condizioni imposte ma che serve agli attuali politici per spostare in avanti decisioni che si troveranno ad affrontare altri governi. Senza contare che si tranquillizza anche l’opinione pubblica, motivo più che sufficiente in questi tempi di turbolenze politiche. Abbiamo detto che le condizioni per usufruire degli aiuti (che “obtorto collo” anche l’ostica Germania ha accettato di concedere) sono molto onerose ed è dimostrato dal fatto che l’altra nazione bisognosa di aiuti, la Spagna, abbia inizialmente affermato di volerne usufruire, ma stia oggi attentamente valutando quanto meno l’entità se non proprio la necessità alla luce della pesantezza degli oneri imposti. Si pensava, forse, che la sola appartenenza alla Comunità europea fosse elemento sufficiente per poter usufruire con leggerezza delle elargizioni degli Stati membri, perpetuando l’abitudine che è propria non solo dei nostri, ma dei politici in genere. Fortunatamente i capi delle istituzioni finanziarie europee sono dei tecnici di alto livello preposti a funzioni nelle quali hanno maturato una consolidata esperienza a prova del più spregiudicato e furbo politico. Da qualche parte si comincia a sussurrare che l’accettazione delle condizioni per l’ottenimento degli aiuti finanziari porti di fatto ad un commissariamento della nazione richiedente e probabilmente non siamo distanti dal vero, ma questo comporta qualche valutazione dei possibili scenari. Innanzitutto una domanda: chi sarebbe chiamato a fare il commissario? Ammesso e non concesso che la figura del commissario sia gradita a chi la subisce e gradevole a chi la esercita, quale organismo viene chiamato in causa in una Europa che non riesce ad esprimere (ancora) una volontà politica unitaria ed una altrettanto ferma volontà economica? Troppo distanti sono le parti e troppo forti i nazionalismi per poter auspicare una rapida convergenza verso soluzioni condivise, le uniche adatte a creare una vera unione fra i molti (troppi) stati aderenti. Non credo sia un azzardo dire che siamo sparpagliati sia come popoli che come visione dei compiti da attribuire alle istituzioni comunitarie ma, fortunatamente, quello che noi non riusciamo a focalizzare con i nostri occhi, offuscati da troppe sollecitazioni sia esterne che interne, ci viene indicato da chi dall’altra parte dell’oceano è abituato al rispetto per le autorità preposte ad analizzare e guidare le scelte soprattutto economiche e che vede nella BCE guidata da Mario Draghi uno dei cardini fondamentali sui quali contare per la costruzione della vera Europa, intesa come federazione di Stati legati da principi e finalità unitarie. Non sarebbe difficile, pur con le necessarie distinzioni, prendere esempio da chi ha già dato prova di efficienza operativa ed efficacia di intervento, ma la buona intenzione cozza subito contro la presunzione ed il falso orgoglio di chi ritiene di non dover apprendere da nessuno. Auspicabile e confortante sarebbe il perseverare verso il rafforzamento dei poteri da attribuire alla banca centrale, rompendo le ostilità di chi non si fida e creando coesione fra chi ha lungimiranza. Certo, prima di parlare di scelte operative bisogna porre in essere regole precise e condivise sia di principi che di comportamenti ed è sicuramente su questo scoglio che rischia di affondare la nave appena varata della giovane comunità europea. Non dobbiamo però perderci d’animo e perseverare nel perseguire l’obiettivo della costruzione, affidandolo sempre più ai nostri giovani che vanno aiutati a progredire e non costretti a rispettare dettati comodi solo ai tanti che non vogliono rinunciare ai privilegi acquisiti ed ormai obsoleti ed insostenibili. Ma proprio questo sarà il campo della più aspra battaglia da combattere: riuscire a scardinare i singoli nazionalismi dietro i quali si celano mentalità ed abitudini consolidate trasformandoli in una visione che comprenda anche quanto di buono si possa acquisire dagli altri popoli perché è dalla somma delle buone abitudini che si possono creare le buone abitudini di tutti. È per questo che la maggior parte degli italiani rifiuta l’affermazione di essere nauseati dalla politica ma dichiara la propria aspra avversione ai politici in quanto creatori di un sistema che risulta difficilmente scardinabile dalle sue ormai quotidiane dimostrazioni di mangerie, soprusi e spudorate sopraffazioni. Speriamo di avere la forza di continuare ad essere uniti nella ricerca dei buoni principi e di non farci sparpagliare dai politicanti venditori di chiacchiere.
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