Premio Nobel 2021 per la Fisica a Giorgio Parisi
Dopo Guglielmo Marconi (1909), Enrico Fermi (1938), Emilio Segrè (1959), Carlo Rubbia (1984), Riccardo Giacconi (2002), il professor Giorgio Parisi (2021), dell’Università “Sapienza” di Roma, ha ottenuto il sesto premio Nobel italiano per la Fisica. Un evento che per l’Italia si verifica ogni 25-30 anni! Nel 2050, o qualche anno prima, otterremo probabilmente il settimo premio Nobel italiano per la Fisica! A meno che l’attenzione dei politici per la scienza, in Italia, non subisca un miracoloso “incoraggiamento”, se non altro per un faticoso riconoscimento dell’utilità “pratica” delle ricadute della ricerca scientifica sul “sociale” (almeno in pieno accordo con la nostra indistruttibile tradizione crociana della scienza come “utilità” e non come “cultura”). Insomma non ci rimane che sperare in un revival della concezione della scienza del bieco crocianesimo e dell’ingenuo primo positivismo.
Esistono molti premi internazionali di grande prestigio, ma il premio Nobel ha conquistato nell’immaginario collettivo il primo posto in assoluto. Se a una persona qualunque si dicesse che Tizio ha vinto la Medaglia Boltzmann o la Medaglia Max Planck per la Fisica (peraltro già vinte dal nostro Parisi) o la Medaglia Fields per la Matematica, molto probabilmente, per quella persona, il premiato non salirebbe su uno sgabello onorifico paragonabile a quello del premio Nobel. Insomma, chi vince il premio Nobel è sicuramente un genio.
Probabilmente quest’aurea di incoronazione che, nell’immaginario collettivo, ha assunto il premio Nobel deve in gran parte la sua origine alla solenne cerimonia di assegnazione che si svolge a Stoccolma e che vede coinvolto in prima persona il re di Svezia dal quale il premiato riceve il premio, quasi con lo stesso cerimoniale con il quale il re nominava un nuovo cavaliere. E poiché nella strana e discutibile tradizione del diritto divino della monarchia (jus divinum) l’autorità del re è conferita direttamente da Dio con la cerimonia dell’unzione, ne va di conseguenza che ricevere il premio Nobel direttamente da un sovrano acquista il significato di un riconoscimento divino. Una banale applicazione della proprietà transitiva: Dio investe il re della auctoritas totale sul suo popolo e il re a sua volta investe il premiato di una particolare auctoritas culturale. E così i premi Nobel per la Fisica diventano le massime autorità nella loro scienza: i monarchi della Fisica. E lo stesso dicasi per i premi Nobel per la letteratura: monarchi della Letteratura mondiale.
Certamente il premio Nobel è un altissimo riconoscimento a livello mondiale ma, come sempre accade nelle umane vicende, l’amore del vero deve sottrarci alla tentazione delle “beatificazioni”, perché non è esente da pecche, imperfezioni e stranezze.
Alcuni esempi.
Henri Poincaré (1854-1912), grande matematico, fisico e filosofo francese (considerato uno degli ultimi scienziati universali per i suoi fondamentali contributi in svariati campi della scienza), fra l’altro precursore della teoria della relatività, non ricevette il premio Nobel in quanto i suoi lavori erano troppo “teorici” e difficili per i membri di allora della commissione reale svedese che decideva i premi Nobel, che venivano assegnati a scienziati la cui opera aveva un significativo riscontro utlitaristico nella società (di nuovo la concezione crociana e positivista della scienza). In realtà nel testo originale della istituzione del Premio, scritto dal suo fondatore Alfred Bernhard Nobel a Parigi il 27 novembre 1895, si legge:
All of my remaining realisable assets are to be disbursed as follows: the capital, converted to safe securities by my executors, is to constitute a fund, the interest on which is to be distributed annually as prizes to those who, during the preceding year, have conferred the greatest benefit to humankind.
Ovvero il premio deve essere assegnato a personalità che con la loro opera abbiano «conferito i maggiori benefici all’umanità». Ma tali benefici, mentre sono riconosciuti nel campo puramente culturale della letteratura e della pace, specialmente nel passato sono stati riconosciuti in chiave esclusivamente (o quasi) utilitaristica nel campo delle scienze: fisica, chimica, economia. Questo spiega perché Albert Einstein abbia ricevuto il premio per la spiegazione dell’effetto fotoelettrico (con ricadute pratiche) e non, come tutti potrebbero aspettarsi, per la sua opera mirabilis: la teoria della relatività, peraltro già ben nota al tempo in cui gli fu assegnato il premio: 1921 (la teoria della relatività era già completa nelle sue due parti nel 1915).
Oggi per fortuna i membri dell’Accademia Reale delle Scienze di Stoccolma conoscono bene la fisica teorica e matematica e ne è la conferma proprio l’assegnazione del Nobel per la fisica 2021 a Giorgio Parisi, fisico teorico.
Non si pensi, poi, che chi non ha ricevuto il Premio Nobel non lo meritasse! Ho già citato il caso veramente scandaloso di Henri Poincaré. Ma vari altri se ne possono citare.
Augusto Righi (1850-1920) non ricevette il premio Nobel (i premi Nobel sono iniziati nel 1901), che invece venne assegnato a Guglielmo Marconi (1874-1937) nel 1909 per le sue note “invenzioni” che però non sarebbero state possibili senza gli studi di Heinrich Rudolf Hertz e Augusto Righi di cui fu allievo. Il nostro Edoardo Amaldi (1908-1989) del gruppo di Fermi “i ragazzi di via Panisperna” avrebbe certamente meritato il Nobel per la Fisica, ma non lo ha avuto. Bruno de Finetti (1906-1985) nel 1938 pubblica la memoria scientifica Il problema dei pieni, la cui importanza è oggi ufficialmente riconosciuta anche all’estero (in particolare da M. Rubinstein) potendo essere considerata come la fondazione della moderna teoria della finanza. In tale lavoro sono contenuti fondamentali metodi e risultati (approccio media-varianza), che circa dodici anni dopo, ma indipendentemente, saranno ottenuti e utilizzati da H. Markowitz in alcuni suoi lavori e che più tardi, nel 1990, gli frutteranno il premio Nobel per l’economia e l’appellativo di “padre fondatore della moderna finanza”, premio e appellativo che invece sarebbero spettati a de Finetti.
Nel 2016 fu assegnato il Nobel per la Chimica a Ben Feringa, Jeanne-Pierre Savauge e J. Fraser Stoddart per la progettazione e la sintesi delle macchine molecolari. Ma non lo ricevettero invece Vincenzo Balzani e Jean-Marie Lehn, che pure sono fra i pionieri di questo campo di ricerca. Balzani, professore emerito all’Università di Bologna, è autore dei primi studi sulle macchine molecolari ed è presente assieme agli altri premiati tra le firme del lavoro scientifico che coniò il nome. La mancata assegnazione del premio a Balzani sollevò le proteste di numerosi scienziati italiani, riportate in una lettera-appello pubblicata il 12 ottobre 2016 da “Scienza in rete”, il portale del Gruppo 2003 per la ricerca:
“Diciamo subito che il riconoscimento a Jean-Pierre Sauvage, Fraser Stoddart e Ben Feringa è assolutamente meritato. L’ Accademia svedese, quindi, ha visto giusto; ma i fatti dimostrano che il suo verdetto fornisce una rappresentazione purtroppo incompleta della tematica scelta. Il problema è che il premio non può essere assegnato a più di tre persone. Sulla torre erano in quattro e uno doveva essere buttato giù. Quando la competizione internazionale arriva a questi livelli, non basta il curriculum scientifico. Occorre che gli scienziati siano supportati dalla comunità nazionale: gli Atenei, i grandi Enti di ricerca, le Accademie, le Società, i Ministeri. Fin da ora, noi ci impegniamo a creare gli strumenti per fare sistema, affinchè episodi come questo, già avvenuti in passato anche in altre discipline – basti pensare alla clamorosa esclusione di Nicola Cabibbo e Giovanni Jona-Lasinio dal Nobel per la Fisica nel 2008 – non accadano di nuovo. Dobbiamo purtroppo rimarcare che questo infausto risultato è anche figlio dell’indebolimento sistematico della ricerca di base italiana – conclude l’appello – ormai giunta allo stremo delle forze dopo decenni di sottofinanziamento e regolata da sistemi di reclutamento, funzionamento e valutazione non sempre adeguati. Un sistema fortemente indebolito è percepito come tale anche all’estero, dove l’Italia fatica a raccogliere i frutti che merita. Auspichiamo che questa grande opportunità persa dalla scienza italiana, e dall’intero Paese, possa diventare occasione di riflessione e di cambiamento”.
Morale: i premi Nobel per le scienze, oggi, premiano non soltanto lo scienziato come individuo ma anche l’intero Paese cui appartiene, che viene valutato globalmente per il suo impegno scientifico a livello internazionale. Insomma, il premio non ha più un significato inviduale ma collettivo, attraverso il premio al singolo scienziato si premia anche la collettività scientifica nazionale cui appartiene.
Altre “stranezze” del premio Nobel. Nel Nobel per la letteratura si premia anche un po’ tutto quanto non rientra nelle altre sezioni Fisica, Chimica, Medicina, Economia, Pace. Così nel 1950 il matematico, logico e filosofo Bertrand Russell ricevette il premio Nobel per la letteratura (in particolare per la sua Storia della Filosofia Occidentale). Certamente Russell fu oltre che un grande logico-matematico un grande saggista. Il Nobel per la Matematica non esiste ed è sostituito dall’equivalente Medaglia Fields che tuttavia è quadriennale e riservata a matematici di età non superiore a 40 anni e non ha la solennità dell’incoronazione reale. A questo proposito, un’ultima curiosità: perché non fu istituito da Nobel il premio per la Matematica? Non si sa, ma una leggenda vuole che non sarebbe stato istituito in quanto Nobel avrebbe scoperto che una sua amante lo aveva tradito col grande matematico svedese Gösta Mittag-Leffler, al quale certamente l’Accademia Reale delle Scienze svedese avrebbe assegnato il premio per la Matematica, per i suoi studi sulle funzioni analitiche, sul calcolo delle probabilità e sulle equazioni differenziali omogenee
Come si vede l’imperfezione è inevitabile nelle umane vicende, anche quando riguardano gli spiriti più eletti!
Bravo Luca! Mi hai preceduto brillantemente commentando il Nobel assegnato a Parisi. In effetti, non sapevo proprio cosa scrivere per il Magazine di Arte Scienza, data la mia quasi totale ignoranza nei campi di lavoro di Parisi.