Prede di guerra
«La ragazza lanciò un grido straziante quando, emergendo dalla baracca in cui viveva nella accecante luce del primo pomeriggio, vide a pochi metri la sua migliore amica sepolta fino al collo nella sabbia.
La sua giovane amica aveva commesso “l’errore” di rifiutarsi di sposare un comandante del gruppo terroristico Somalo di Al-Shabaab. E ora, per punizione, la sua testa che emergeva dalla sabbia sarebbe divenuta bersaglio delle pietre dei militanti riuniti lì attorno per l’esecuzione».
Comincia così il racconto di una giovane donna Somala fuggita dall’inferno del suo paese in preda ormai da anni ad un’atroce guerra per bande, che vede il raggruppamento di Al-Shabaab, filiazione diretta di Al-Qaida, imperversare nel sud del paese, dove da anni ha instaurato un regime di terrore.
I miliziani, dopo aver straziato la testa della povera vittima ricoprendola sotto un nugolo di pietre, minacciarono la sua amica, una fragile ragazza di 17 anni che viveva col fratello in uno squallido campo di rifugiati: «Tu sarai la prossima, se non accetti il matrimonio». Qualche tempo dopo l’uomo tornò al campo assieme a cinque miliziani. Gli uomini irruppero dentro la baracca, la bloccarono a terra e la violentarono in gruppo.
Questa è una delle ormai centinaia di testimonianze di giovani Somale sfuggite miracolosamente alla morte dopo essere scappate dal Sud Somalia, dove una organizzazione dell’ONU ha documentato negli ultimi tre mesi più di 2.500 violenze sessuali solo nella zona di Mogadishu. Dopo decenni di caos, la guerra per bande, la siccità, la carestia e le epidemie, questa degli stupri è l’ultima piaga abbattutasi su quell’infelice paese.
Il gruppo terrorista di Al Shabaab, che si proclama una forza combattente al servizio dell’Islam più puro e intransigente per l’instaurazione della Legge Islamica, da anni controlla vaste aree della Somalia meridionale, dettando la sua legge di guerra, la jihad, che definisce tutti i combattenti per la guerra santa come dei martiri dell’Islam. Negli ultimi tempi, accerchiati dalle forze dell’Unione Africana e del Kenya, privati di risorse e costretti in aree sempre più ristrette, i miliziani non si limitano più a spogliare gli abitanti di tutti i loro averi, ma richiedono anche le loro giovani donne per organizzare matrimoni arrangiati che non durano più di qualche settimana, e che sono sostanzialmente una sorta di schiavitù sessuale, un modo semplice ed economico per rialzare il morale ormai assai basso dei combattenti.
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