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Politici monticiani del dopoguerra – Ulderico Pitolli – 2

Politici monticiani del dopoguerra – Ulderico Pitolli – 2
Marzo 19
00:00 2012

ciuffa-Politici-PitolliC’è la guerra; l’Italia, alleata della Germania, registra molte vittime sia civili che militari. Gli alleati bombardano e distruggono tante città, ingenti danni anche a Napoli la cui università è rasa al suolo. E così il povero Ulderico, quasi al termine della laurea, costata tanti sacrifici, non trova più i documenti che attestano la sua frequenza e l’esito degli esami. Vana ogni ricerca, sia pure agevolata dal suo essere militare: non esiste più nulla, tutto è perduto.

Nel 1943 cade il fascismo; Mussolini, rinchiuso a Campo Imperatore, è liberato dai tedeschi, il Re fugge da Roma. L’Italia è invasa dai tedeschi, l’esercito si scioglie, dovunque c’è caos, distruzione, miseria. Il paese diventa un campo di battaglia, Ulderico e tra gli ultimi soldati inviati in Grecia. Dopo alcuni giorni viene catturato dai tedeschi e con altri militari spedito in Polonia in un campo di concentramento.

Nel Campo si trovano centinaia di ebrei in attesa della loro sorte. Ulderico ha viaggiato con loro, chiuso in un carro bestiame, per giorni e giorni senza meta e senza più la cognizione del tempo. Tra stenti e tribolazioni arriva a destinazione in pieno inverno.

Stremato e stanco affronta la vita da prigioniero, una vita dura con freddo, gelo, fame, malattie che portano alla morte ogni giorno centinaia di persone. Passano giorni tristi, senza alcuna speranza; tanti non resistono, i più fortunati trovano un’occupazione dura e faticosa. Ulderico lavora in un’azienda agricola insieme ad altri prigionieri. Un giorno incontra una persona del suo paese, Aldo Salvatori, Martire ed eroe della seconda guerra mondiale.

Tra loro si stabilisce un rapporto solido, diventano amici inseparabili; si dividono quel piccolo tozzo di pane, bucce di patate, rape guaste, cibo quotidiano per sopravvivere; dividono i loro affanni, le loro preoccupazioni. La dura vita continua, finché all’inizio della primavera del 1945 si può rientrare in Italia. Per i reduci della prigionia è un momento difficile; per non rischiare la vita e per non essere considerati disertori si deve rientrare nell’Esercito Italiano. Aldo preferisce stabilirsi a Torino, rientrare nell’esercito con la qualifica di tenente e sorvegliante dei prigionieri, mentre Ulderico torna a Brescia, libero e indipendente, senza alcun legame con l’esercito. Ma questa libertà gli rende la vita difficile e pericolosa: paure, ansie, incubi. Nascosto e protetto da alcuni amici, passa da una città all’altra in cerca di fortuna ed è in questo girovagare che un giorno, da un amico di prigionia, viene a sapere che il suo amico Aldo è stato fucilato. Non si sa per quale motivo; forse la fuga di un prigioniero lo rende responsabile del suo mandato. Una triste fine, per una persona retta e responsabile. Passano i giorni, Mussolini fugge verso Como travestito da soldato tedesco. Scoperto a Dongo da alcuni partigiani il mattino del 28 aprile viene fucilato. Il cadavere, insieme a quello di altri gerarchi, viene esposto a Milano nel piazzale Loreto, dove centinaia di persone assistono al lugubre spettacolo. Ulderico si sente sconcertato e avvilito, ma la notizia della liberazione dell’Italia gli dà forza ed energia per dimenticare tutte le tribolazioni e sofferenze passate. Non ci sono mezzi pubblici. Con una vecchia bici affronta il lungo viaggio per tornare nel suo paese. (continua)

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