Poesie di Jaroslava Khomenko
Pubblichiamo una serie di poesie della nostra collaboratrice ucraina Jaroslava Khomenko
Nata a Kyiv (Ucraina) nel 1973. Critico d’arte, pittrice, insegnante della lingua italiana, traduttrice, autrice del progetto culturale “Lente di Fresnel”: http://www.linzafrenelya.co.ua/index_ru.html
Scrive la poesia e la prosa. Dalla fine degli anni 90 traduce la poesia e la prosa italiana, collabora con le Case Editrici ucraine.
Nel 2022 ha lasciato Kyiv per il motivo della guerra tra l’Ucraina e la Russia. Ora vive in Italia.
Nel maggio del 2022 sulla rivista Controluce venne pubblicato il suo Diario della guerra, tradotto in italiano dall’autrice.
Nel 2023 ha iniziato a scrivere le poesie in italiano.
* * *
I tempi sono accelerati.
Nelle tempie pulsa la marea
e l’antico tempio ondeggia come la ninfea
tra le foglie secche dello scorso secolo.
Scarsa è la vita, acerba, stretta
come la porticina nel vecchio muro o la cruna
e l’ombra gravante si stacca dalla montagna cupa –
nasce sul volto del cielo una nuova ruga –
per farne la pioggia, a togliere l’afa si leva il vento cieco
dalla pianura sorda da batter cuore
e nelle sue viscere stanche cresce la sofferenza.
Cala il sipario del tardo tramonto.
22.08.2023
La terra di Liguria
Un fazzoletto di terra,
un muretto incastrato tra le rocce:
il tempio dei templi dei tempi di Hatshepsut.
Solo che nel deserto lo spazio è immenso
e l’antico Egitto se ne approfittò:
non lo divora il mare, non vengono i francesi
a tagliare il pesce, preferibilmente la testa,
tanto in quel paese ci sono più morti che vivi.
Qui regna il vento, le nuvole a partorire
vanno sulle montagne nude, arrugginite.
I castelli, le torri stendono le radici,
si aggrappano al vuoto
tracciando nel cielo scuro un solco d’aeroplano:
chi mai ci getta un seme, chi ne raccoglie il grano?
Sul volto duro di pietra – la rete di cicatrici.
Nell’orto abbandonato fanno festa le piante grasse,
un povero contadino di rado davanti passa
portando il cestino in mano
con dentro la terra scarsa.
12-21.04. 2024
8 luglio. Kyiv
Dammi la tua mano
quando la via finisce
e non rimane
che una manciata di cenere
lì,
dove fioriva
il biancospino del tuo cuore
aperto dal bisturi
nella sala del Purgatorio.
Il fogliame sussurra
nell’orecchio del Dio –
una conchiglia dell’Universo
spinge fuori un urlo del mollusco,
un piagnucolìo
del granello minuscolo,
un fruscìo
di una vita
portata
via.
11.07.2024
Una mattina di settembre
I lampioni della stradina che porta al mare
scintillano nei raggi sbiaditi del sole autunnale,
le chiome dei tigli ancora verdi
tacciono sul viale stretto e gobbo,
corre un topo verso il fiumicello,
le formiche costruiscono il castello,
le onde si infrangono sulla riva,
ponendo il vello d’oro nelle impronte lievi
dei nostri piedi e quelle
sciogliendosi in un istante
divorano i ricordi dell’appassita estate,
la sabbia si chiude, poi diventa liscia,
specchia il cielo, se ne imbeve…
e sembra che noi
non fossimo mai esistiti
né qua, né altrove,
e il mondo si crea daccapo,
e piove, guarda, che piove!
16-17.09.2024
La mia paura
Avevo sempre paura di non riuscire a volerti bene
quando non ho ancora vissuto il mio futuro
con dentro il suono dei caccia e il canto delle sirene,
avevo sempre paura e mi dicevo:
“Non ce la faccio a stare così lontano
dal mondo che non esisteva
più
e in questo, appena nato,
a non riuscire a cominciare da zero,
a non trovare, a perdere,
a non sapere dove cercare,
ad essere incapace di dire quello
che pensavo davvero
e alla fine a non trattenermi”, –
scommetto
che non aspettavi, che vedevi
una
che non sono mai stata affatto.
E volavo
dopo aver colmato i miei polmoni di vento,
dopo essermi sentita strapiena o stravuota,
ma nonostante tutto
continuavo ad avere paura:
“Non ce la faccio a volerti bene.”
Ed io, sciocca, credevo che una volta sola
avessi avuto paura –
Il 24 febbraio del ’22…
Forse è la stessa paura
trasformata in te, nella sorte,
può darsi che sia
la nostra solita paura di morte?
Altrimenti come potevo
volerti bene se la mia vita d’allora
non ti prevedeva ancora,
neanche me,
figuriamoci noi due!
Ma quanto è dura
e continua
come si scrive
alla fine di ogni puntata
di qualche stupida telenovela.
Chissà cosa è la vita,
magari quella…
26.09-4.10.2024
Un ricordo remoto
A Julia Sholomitska
Mi regalò un anello con il paesaggio marino
e mi disse: “Sei il mio mare”.
Cosa intendevi dire, la mia divina
fanciulla con il quaderno di Bach in mano?
In mezzo alla foschìa color di rosa e panna
nel tuo vecchio giardino, la mia cara compagna,
la mia dolce alunna con gli occhi mansueti da gazzella,
la figlia raffinata di luna, mi versavi il tè tra le stelle…
La gatta mi sorrideva, il cane scodinzolava,
e tu per me suonavi, e il mare ti ascoltava.
12-15.10.2024
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