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Poesie, di Claudio Damiani

Aprile 13
22:00 2011

Claudio Damiani nasce a San Giovanni Rotondo, ma vive a Roma dall’infanzia, insegna e scrive poesie; normale, ma è anche uno dei nostri maggiori poeti contemporanei. Le sue raccolte hanno ricevuto tutti i più importanti premi letterari (Metauro, Aleramo, Montale, Frascati, Mario Luzi, Lerici Pea …). Verrebbe facile pensare all’accademia, al difficile, allo specialistico fuori dalla vita; è vero tutto il contrario; la sua poesia si sviluppa piana, il suo sguardo vivifica ogni piccola esistenza, e, dal piccolo al grande, il discorso poetico, con purezza lirica rara, approda naturalmente a riflessioni alte e filosofiche: «Che bello che questo tempo / è come tutti gli altri tempi, / che io scrivo poesie / come sempre sono state scritte … Che bello che questo tempo, come ogni tempo, finirà / che bello che non siamo eterni, / che non siamo diversi / da nessun altro che è vissuto e che è morto, / che è entrato nella morte calmo / come su un sentiero che prima sembrava difficile, erto / e poi, invece, era piano.». Il libro, dal semplice titolo Poesie, Fazi Editore, raccoglie in 170 pagine un florilegio di liriche, dal 1984 al 2010, dalle precedenti opere Fraturno, La mia casa, La miniera, Eroi, Attorno al fuoco, Sognando Li Po, oltre all’inedito Il fico sulla fortezza. Nella prefazione Marco Lodoli segnala: «Il ritmo dei versi è il respiro profondo e ciclico della vita … è una poesia grandissima perché va al cuore del problema, là dove la vita e la morte si guardano negli occhi …» e ancora «… malinconia e consolazione, un dolore grande e la convinzione ancora più grande che, nonostante le apparenze, tutto abbia un senso …». Aggiungiamo noi che in questa poesia vi è una contemplazione che trasuda essenza; così negli inediti finali intenerisce la precarietà del fico sulla fortezza che andrà distrutta, affascina la dignità esistenziale della cassiera del discount, ed è sublime l’invito «Allora dico: non ci immaginiamo cose tanto strane / ma guardiamo quello che ci sta vicino, / lasciamoci ferire dalla sua bellezza / e nella sua sapienza riposiamo il cuore.»; un miracoloso incontro tra poesia e filosofia che illumina senza abbagliare, rasserena senza ingannare.
Ma i tempi ci vedono spesso impotenti verso i soprusi messi in atto dalla società o dalla politica, o verso la violenza della cultura ripudiata e dell’offesa per la giustizia negata; e anche Damiani è costretto a considerazioni e conclusioni tanto lucide e potenti quanto amare: «Bisogna avere un cuore di ferro / come Ulisse, per vivere. / Penelope è davanti a noi e piange / e noi dobbiamo tacere, non possiamo dire niente, / non possiamo commuoverci. / È tutto così chiaro / eppure non possiamo rivelarci.». Ma la speranza torna sempre, lieve ma ferma: «C’è qualcosa, sì, che non vediamo, / ma sta ferma e respira / come un animale che dorme. / C’è qualcosa che sta immobile / al di là del visibile, / che non vediamo ma sentiamo».

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