Dal libro di Mirco Buffi – “Momenti Monticiani” edito dall’Associazione Culturale Photo Club Controluce
Una della figure umane più importanti nella storia moderna di Monte Compatri, è rappresentata dall’avvocato Placido Martini (1879…1944).
Figlio di Michele, un ricco possidente monticiano, si distinse negli studi fino a conseguire la licenza liceale ad appena 16 anni. Già allora manifestò il suo credo nella libertà e nell’interesse alle problematiche del proletariato che non lo abbandonerà mai fino al suo martirio delle Fosse Ardeatine.
A 18 anni, nel 1897, andò volontario in Grecia, minacciata nella sua indipendenza, dove combatté valorosamente. Tornato in Italia, negli anni successivi si laureò e iniziò la sua professione di avvocato. Durante gli anni della sua attività lavorativa, ebbe a cuore, sempre, mantenendo così fede ai suoi ideali giovanili, gli interessi della povera gente, continuamente sottomessa alle ingiustizie e ai soprusi dei ricchi. Questa sua sensibilità lo portò ad essere amato e stimato tantissimo dai suoi concittadini, e per loro, tra il 1903 e il 1906, anni in cui ricoprì la carica di Sindaco, ottenne, tra l’altro, la concessione per la semina delle terre di Cajano e della Molara e il riscatto delle terre di Torre Jacua.
Rientrato a Monte Compatri alla fine della Prima Guerra Mondiale, durante la quale aveva combattuto in Francia, riprese con foga la sua attività forense incentrata sempre sulle rivendicazioni sociali, riuscendo ad ottenere terre per tanti contadini laziali e buona parte della tenuta di Pantano Borghese per i monticiani. Ma non solo: a Monte Compatri istituì una Cantina Sociale, il Consorzio Agrario, una distilleria e l’Istituto delle Case Popolari.
L’avvento del fascismo bloccò, purtroppo, ogni sua attività e, addirittura, fu mandato al confino per ben 17 anni in varie parti d’Italia: dalla Sicilia, alla Puglia, all’Abruzzo. Questa “prigionia” rafforzò ancora di più il suo amore innato per la libertà e la giustizia sociale, così nel 1943, rientrato a Roma dall’Aquila, dove si trovava al confino, organizzò un gruppo partigiano e fondò il giornale “L’Unione Nazionale”.
Tradito da alcuni suoi collaboratori, fu arrestato dai tedeschi e portato in carcere, dove per 59 giorni dovette subire gravi torture nonché estenuanti interrogatori e soprusi di ogni genere.
“Sanguinante per il naso rotto, l’orecchio sinistro strappato, le sopracciglia divelte, dolorante per le costole rotte dalle percosse e i piedi piagati dai tormenti, dimostrò fortezza d’animo, indomita volontà di resistenza, supremo ed eroico altruismo, rifiutando sdegnosamente gli allettamenti della delazione”.
Questo racconta testualmente Giuseppe Ciaffei nel suo libro.
Il 24 marzo 1944 fu trucidato alle Fosse Ardeatine insieme ad altre 339 persone, tra le quali c’era un altro monticiano, Mario Intreccialagli, ciabattino in Roma, ma anche lui eroico partigiano. “La Patria l’ha decorato di medaglia d’oro al valore militare. Gli italiani hanno intestato vari istituti al suo nome, i Romani gli hanno dedicato una strada in uno dei più bei quartieri della Città. I monticiani anche”.
A lui e a Mario Intreccialagli Monte Compatri ha posto un monumento nei pressi del palazzo comunale. Ma è la riconoscenza che i suoi concittadini gli esprimono, la memoria più bella e significativa che lo collocano tra i personaggi monticiani più famosi e amati.