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Pianeta extragalattico immigrato nella via lattea

Pianeta extragalattico immigrato nella via lattea
Dicembre 09
14:32 2010

brandonisio-cannibaliSono serviti anni di interminabili studi e ricerche. Di battaglie animate tra i più “visionari” e i più scettici, ma adesso gli astronomi ce l’hanno fatta: finalmente è stato scoperto il primo pianeta proveniente da un’altra galassia. Il suo avvistamento è stato possibile grazie ad alcuni scienziati europei e all’utilizzo di un telescopio potenziato dell’Eso, alto 2,2 metri, situato sulle vette di La Silla, in Cile. Ma la vera “cattura” del pianeta è avvenuta grazie alla forza di gravitazione della nostra Via lattea, che lo ha decisamente inglobato. Che i corpi celesti, in qualche modo, “migrassero”, non era un segreto per gli astronomi che spiegano l’evento come l’effetto di un fenomeno da tempo conosciuto come cannibalismo galattico, ma è la prima volta che l’evento si può osservare per un pianeta. HIP 13044 B (questo è il suo nome) è arrivato all’interno della nostra galassia attratto dalle correnti gravitazionali emanate da un fascio di stelle, ultimo residuo di una galassia nana che, tra i 6 e i 9 miliardi di anni fa, era stata già “ingoiata” dalla nostra galassia. Il cannibalismo galattico infatti è un fenomeno d’attrazione molto violento che porta alla fusione di due galassie e alla formazione di una nuova massa galattica, di forma irregolare o ellittica, che è grande quanto la somma delle due galassie originali. Esso trascina con sé tutto il materiale cosmico che incontra sulla sua strada, portando al collasso della materia. È successo così che il nostro esopianeta migrante, della stessa grandezza e caratteristiche di Giove, attratto dalle correnti, sia arrivato a 2 mila anni luce dalla Terra, nella costellazione meridionale della Fornace, portando con sé anche il proprio sole. L’astro-madre di HIP 13044 B è una gigante rossa espansa, cioè una stella che è giunta quasi al termine della sua vita, perché ha già bruciato tutto l’idrogeno che la faceva brillare e che ora si nutre con l’elio rimasto. Quando l’astro morirà, fagociterà il suo pianeta-figlio. La scoperta è rilevante da un punto di vista scientifico perché offre l’opportunità di studiare come avvengono la morte di un a stella e di un pianeta: una sorta di “anteprima” di quello che accadrà anche al nostro sistema solare, in tempi che, fortunatamente per noi, sono lunghissimi. Infatti, si è calcolato che il Sole si spegnerà tra circa 5 miliardi di anni. Durante la sua espansione, libererà dei gas che spezzeranno la nostra atmosfera, decretando la fine della vita sulla Terra. Durante la ‘agonia’ della nostra stella madre, il pianeta, ormai privo di vita, sarà spinto più lontano nello spazio, migrando, come succede oggi a HIP13044 B, e infine fagocitato dal Sole per effetto della sua espansione. In questi termini – astronomici – gli scienziati ci descrivono la cosiddetta “fine del mondo” che, a dispetto di tutte le teorie catastrofiste, pseudo-scientifiche o religiose, e sempre che l’uomo non ci metta il suo impegno per anticiparla, è stata calcolata. Ora, grazie a questa nuova scoperta, potremo farci un’idea di quello che accadrà al nostro pianeta quando noi non ci saremo più. E chissà che fra miliardi di anni non sia il nostro geoide, spento e privo dei suoi colori, a dar prova del nostro passaggio a qualche altra forma di vita intelligente, distante millenni di anni luce nell’incommensurabilità dell’universo.

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