Le
prostitute nere
da
"Flash 80" di Roberto Zini
Sotto
il sole di mezzogiorno è difficile distinguerle fra i tronchi degli
alberi.
Il
viale è costeggiato da bassi pini giovani dai tronchi scuri, snelli,
diritti, immobili sotto il sole come i loro corpi.
Non
le distingui, da lontano, se stanno ferme, come animali mimetizzati. Un
ramarro nell’erba, una farfalla grigia su un muro, una mantide in
preghiera.
In
attesa.
Un’auto
compare in fondo al viale, avanza lentamente, le ruote scricchiolano nella
ghiaia.
I
tronchi marrone si animano.
Occhi
troppo bianchi si aprono sul nero delle facce, lingue rosse saettano fra
il bagliore dei denti, mutande esplodono, bianche, fra coscie brune, mani
si stringono a pugno col medio teso,
Nell’ombra
avara dei pini giovani, in una polvere grigia di asfalto e cemento agitata
dai camion, le prostitute nere scintillano sotto il sole d’estate.
Rendono
Africa un breve tratto di questo vialone periferico di una città
italiana.
Blandiscono,
invitano, insultano, maledicono, contrattano in un italiano imparato da
poco.
Una
sculetta verso i bassi cespugli polverosi che crescono sul prato
ingiallito, senza voltarsi indietro, senza guardare il cliente che la
segue come un pesce agganciato all’amo.
Torna
di lì a poco rassettandosi, come qualunque prostituta farebbe, di
qualunque colore, e riprende il suo adescamento flessuoso, mostrando i
bagliori d’ebano delle coscie e del ventre, merce esotica per gli
stanchi appetiti di uomini sazi del sesso locale, curiosi dei sapori di
altre terre.
Sotto
il sole, in piena vista, nel caldo e nella luce, nell’ora più
improbabile, non più lucciole ma cicale, insetti del giorno, non della
notte.
In
fondo al viale, con passo lento e morbido, quattro donne nere avanzano,
vestite di vesti colorate, lunghe fino ai piedi, i capelli nascosti da
fazzoletti annodati sotto la nuca.
Sono
scese dall’autobus ed ognuna ha una sportina di plastica in mano, come
tornando dalla spesa.
Serie,
composte, altere, camminano nel sole e nella polvere, nella periferia
desolata di una città italiana che sembra Africa.
Vanno
al lavoro.
Nelle sportine,
mutandine di pizzo, gonne strette con gli spacchi, scarpe dal tacco troppo
alto, rossetti sfacciati. |