Il coraggio
da
"Flash 80" di Roberto Zini
Aveva
l’aspetto polveroso e stinto di chi viene da lontano.
Da un paese
del Nord, probabilmente.
Un’aria
ormai fuori moda da figlio dei fiori giramondo, capelli biondi lunghi,
berrettino rosso con la visiera e occhialini cerchiati da un sottile filo
di metallo dorato.
Forse la
barba, non ricordo bene.
Una camicia
a scacchi rossi e neri e, unico bagaglio, un piccolo zaino sulla schiena,
stretto da due cinghie che gli segnavano le spalle.
Veniva sul
marciapiede del binario sette, stava vicino all’orlo sospeso sulle
rotaie per evitare l’intralcio della folla e sembrava vivesse da sempre
in quel mondo di viaggiatori indifferenti.
Per quanto
fosse inconsueta la sua presenza in quel luogo, nel guardarlo non si
avvertiva nulla di strano, era una presenza ecologicamente perfetta.
Un pesce
nel mare, un uccello nel cielo.
Si
affrettava perchè il treno stava arrivando ed aveva un buon motivo per
essere fra i primi a salire.
Quando il
treno si fermò, puntò decisamente alla portiera più vicina e nessuno si
oppose al fatto che salisse per primo.
Non volle
essere aiutato da nessuno, nella prima fase.
Facendo
forza con le braccia riuscì a sedersi, in bilico sul predellino e
richiuse la carrozzella. Era un modello sportivo, snella, leggera, in lega
speciale. Da viaggio.
Salì in un
baleno gli altri scalini, strisciando sui jeans sdruciti, praticamente con
l’aiuto delle sole braccia. Le gambe erano moncherini lunghi pochi
centimetri che non potevano servirgli a nulla.
Quando fu
sul pavimento della carrozza, si girò verso di noi che gli eravamo
attorno indecisi e imbarazzati.
Senza
guardare in faccia nessuno indicò con un gesto imperioso la carrozzella
ripiegata rimasta giù sul marciapiede.
Qualcuno, non saprei chi,
gliela porse e lui la prese senza una parola, senza ringraziare, la riaprì,
salì sopra e scomparve dentro la carrozza del treno, con l’aria decisa
di chi viene da lontano ed ancor più lontano intende andare. |