Di corsa
da
"Flash 80" di Roberto Zini
Mi
bastò vederla da lontano, mentre correva affannata con la valigia che
quasi le strappava il braccio, per sentire un’aria di casa che mi
avvolse il cuore. Le andai incontro come fosse la cosa più naturale del
mondo in una stazione affollata di gente estranea e indifferente, le dissi
"dai che ti aiuto" e le presi di mano la valigia, che lei mi
consegnò senza stupore ed insieme corremmo al binario sette dove il treno
stava già partendo.
Col
mio aiuto riuscì a guadagnare i cinque secondi necessari a saltar su. Le
diedi una mano, nel senso che la spinsi appoggiandogliela sul sedere, cosa
che accettò con naturalezza ed io mi trovai tra le mani due sode rotondità
che mi diedero un fremito, come per il ritrovamento di una vecchia
conoscenza perduta.
Mentre
il treno mi scorreva davanti, mi resi conto che nel frattempo avevo perso
il mio, ma la cosa non mi seccò, nel cambio avevo guadagnato
un’emozione. Ad un finestrino comparve il suo volto. Mi sorrise e mi
fece cenno di scriverle. Dove? le feci capire con un cenno interrogativo.
Per un attimo sembrò smarrita, poi strappò la targhetta dalla valigia,
me la gettò e sparì nel fragore del treno.
Seguendo
cogli occhi le cartacce sollevate dal treno, il mio petto ansimava di
emozione. Era lei. Era quella che conoscevo da sempre senza averla mai
incontrata. Mi diedi dello stupido per non essere saltato subito su quel
treno, con lei. Dovevo ritrovarla al più presto. Ansiosamente guardai la
targhetta, l’unico ponte fra di noi. Era sciupata, si leggeva solo il
nome, Anna, il cognome era illeggibile, forse iniziava per D ma neppure
questo era certo. Dell’indirizzo si decifrava la via ma non il numero.
Solo il nome della città era chiaro.
Un
paio di giorni dopo presi il treno e raggiunsi la sua città.
Trovai
la sua strada. Era lunghissima, una fila di condomini zeppi di
appartamenti come alveari. Come trovare lì una certa Anna senza cognome?
Potevo mettermi a suonare tutti i campanelli oppure aspettare di vederla
passare. Decisi per la seconda soluzione.
Trovai
una panchina comoda a metà della strada e mi sedetti con gli occhi ben
aperti. Prima o poi sarebbe passata.
Dopo
alcune ore mi addormentai. Fui svegliato da qualcosa di conosciuto. Un
profumo, forse, o una tensione nell’aria. Comunque una sensazione chiara
e precisa. Mi guardai attorno e la vidi, che stava rincorrendo un autobus.
Scattai per raggiungerla. Mancai l’autobus di un soffio, giusto un
attimo dopo che la portiera si era chiusa dietro di lei. Correndo come un
pazzo riuscii a rimanere a fianco dell’autobus. Cominciai a battere
sulla fiancata con la mano aperta. Lei mi sentì e si girò a guardarmi
dal finestrino chiuso. Mi sorrise e mi fece un cenno di saluto.
Di
nuovo sentii la magia, il cuore mi si scaldò, era lei, la conoscevo da
sempre. Questo mi diede la forza di correre fino alla fermata seguente,
continuando a battere la fiancata blu dell’autobus, sotto lo sguardo
stupefatto della gente.
Lei
rideva e batteva la mano aperta sul vetro del finestrino.
Era
come se le nostre dita si intrecciassero attraverso il vetro e il metallo
che ci dividevano. In quel breve tempo di corsa affannata e assurda
accadde tutto, ci dicemmo tutto senza usare una parola, per noi tutto fu
chiaro, da quel momento fino al futuro più lontano concesso alle nostre
vite. Appena l’autobus fu fermo, balzai dentro senza fiato, attraversai
la folla assiepata e la raggiunsi. Finalmente vicini, mi sentii stordire
da quella sensazione ormai familiare. Il suo aspetto, il suo sorriso,
l’odore dei suoi capelli, come muoveva la testa nel sorridere, tutto
conoscevo di lei, da sempre. E lei sentiva lo stesso per me, ne ero certo.
Scendemmo appena possibile, passeggiammo fianco a fianco, parlammo di noi
come fosse una cosa abituale, per ore ed ore, perdendo il senso del tempo,
fino a sera poi fino a notte fonda. Ci lasciammo con dolore, quella notte,
per ritrovarci il giorno seguente e scoprire che nulla era cambiato e
nulla sarebbe cambiato mai fra di noi.
Allora
le dissi "Anna, sposiamoci." "Anna?" disse lei
"Ma io mi chiamo Maria!" Avevo aiutato un’altra, quel giorno
alla stazione e a quanto pare non ricordavo molto bene il suo volto.
Questo
succede a far le cose di corsa.
Non posso dire che
con Maria mi sia andata male, siamo ancora assieme e siamo felici, ma
spesso mi chiedo che ne sia successo di Anna e provo un fremito di
nostalgia per le sue rotondità sode e inconsapevoli che hanno lasciato
un’impronta tanto profonda nella mia vita. |