Monte Compatri in... Controluce

Photo Club Controluce
Associazione Culturale (...non solo fotografia)

sei il visitatore n.

Notiziario associativo e di eventi culturali e sociali dei Castelli Romani - Sito ottimizzato per schermo 800x600 e aggiornato il  19/10/2004 

scrigno | editoria | biblioteca | info | agenda | e-m@il | home

...e il tuo pensiero vola in... Controluce

per tornare a Lo scrigno aperto - Home Page

Lo scrigno aperto - Home PageRubrica a cura di Consuelo Zampetti
Pagine arricchite dal pensiero dei lettori di Controluce e dei navigatori internet

Se vuoi contribuire anche tu, saremo lieti di leggere i tuoi racconti
ed eventualmente di pubblicarli. Puoi scrivere a
zampetti@frascati.enea.it

Racconti - disegno di Roberto Proietti
Racconti

Scorci di vita - disegno di Roberto Proietti
Scorci di vita

iconasherlock-picc.jpg (10841 byte)
Gialli e triller

Fantascienza - disegno di Roberto Proietti
Fantascienza

Fantasia - disegno di Roberto Proietti
Fantasia

Storie per bambini - disegno di Roberto Proietti
Storie per bambini

 

Scorci di vita


Di corsa

da "Flash 80" di Roberto Zini

Mi bastò vederla da lontano, mentre correva affannata con la valigia che quasi le strappava il braccio, per sentire un’aria di casa che mi avvolse il cuore. Le andai incontro come fosse la cosa più naturale del mondo in una stazione affollata di gente estranea e indifferente, le dissi "dai che ti aiuto" e le presi di mano la valigia, che lei mi consegnò senza stupore ed insieme corremmo al binario sette dove il treno stava già partendo.

Col mio aiuto riuscì a guadagnare i cinque secondi necessari a saltar su. Le diedi una mano, nel senso che la spinsi appoggiandogliela sul sedere, cosa che accettò con naturalezza ed io mi trovai tra le mani due sode rotondità che mi diedero un fremito, come per il ritrovamento di una vecchia conoscenza perduta.

Mentre il treno mi scorreva davanti, mi resi conto che nel frattempo avevo perso il mio, ma la cosa non mi seccò, nel cambio avevo guadagnato un’emozione. Ad un finestrino comparve il suo volto. Mi sorrise e mi fece cenno di scriverle. Dove? le feci capire con un cenno interrogativo. Per un attimo sembrò smarrita, poi strappò la targhetta dalla valigia, me la gettò e sparì nel fragore del treno.

Seguendo cogli occhi le cartacce sollevate dal treno, il mio petto ansimava di emozione. Era lei. Era quella che conoscevo da sempre senza averla mai incontrata. Mi diedi dello stupido per non essere saltato subito su quel treno, con lei. Dovevo ritrovarla al più presto. Ansiosamente guardai la targhetta, l’unico ponte fra di noi. Era sciupata, si leggeva solo il nome, Anna, il cognome era illeggibile, forse iniziava per D ma neppure questo era certo. Dell’indirizzo si decifrava la via ma non il numero. Solo il nome della città era chiaro.

Un paio di giorni dopo presi il treno e raggiunsi la sua città.

Trovai la sua strada. Era lunghissima, una fila di condomini zeppi di appartamenti come alveari. Come trovare lì una certa Anna senza cognome? Potevo mettermi a suonare tutti i campanelli oppure aspettare di vederla passare. Decisi per la seconda soluzione.

Trovai una panchina comoda a metà della strada e mi sedetti con gli occhi ben aperti. Prima o poi sarebbe passata.

Dopo alcune ore mi addormentai. Fui svegliato da qualcosa di conosciuto. Un profumo, forse, o una tensione nell’aria. Comunque una sensazione chiara e precisa. Mi guardai attorno e la vidi, che stava rincorrendo un autobus. Scattai per raggiungerla. Mancai l’autobus di un soffio, giusto un attimo dopo che la portiera si era chiusa dietro di lei. Correndo come un pazzo riuscii a rimanere a fianco dell’autobus. Cominciai a battere sulla fiancata con la mano aperta. Lei mi sentì e si girò a guardarmi dal finestrino chiuso. Mi sorrise e mi fece un cenno di saluto.

Di nuovo sentii la magia, il cuore mi si scaldò, era lei, la conoscevo da sempre. Questo mi diede la forza di correre fino alla fermata seguente, continuando a battere la fiancata blu dell’autobus, sotto lo sguardo stupefatto della gente.

Lei rideva e batteva la mano aperta sul vetro del finestrino.

Era come se le nostre dita si intrecciassero attraverso il vetro e il metallo che ci dividevano. In quel breve tempo di corsa affannata e assurda accadde tutto, ci dicemmo tutto senza usare una parola, per noi tutto fu chiaro, da quel momento fino al futuro più lontano concesso alle nostre vite. Appena l’autobus fu fermo, balzai dentro senza fiato, attraversai la folla assiepata e la raggiunsi. Finalmente vicini, mi sentii stordire da quella sensazione ormai familiare. Il suo aspetto, il suo sorriso, l’odore dei suoi capelli, come muoveva la testa nel sorridere, tutto conoscevo di lei, da sempre. E lei sentiva lo stesso per me, ne ero certo. Scendemmo appena possibile, passeggiammo fianco a fianco, parlammo di noi come fosse una cosa abituale, per ore ed ore, perdendo il senso del tempo, fino a sera poi fino a notte fonda. Ci lasciammo con dolore, quella notte, per ritrovarci il giorno seguente e scoprire che nulla era cambiato e nulla sarebbe cambiato mai fra di noi.

Allora le dissi "Anna, sposiamoci." "Anna?" disse lei "Ma io mi chiamo Maria!" Avevo aiutato un’altra, quel giorno alla stazione e a quanto pare non ricordavo molto bene il suo volto.

Questo succede a far le cose di corsa.

Non posso dire che con Maria mi sia andata male, siamo ancora assieme e siamo felici, ma spesso mi chiedo che ne sia successo di Anna e provo un fremito di nostalgia per le sue rotondità sode e inconsapevoli che hanno lasciato un’impronta tanto profonda nella mia vita.