Un
amore lunghissimo
da
"Flash 80" di Roberto Zini
Quando
questa storia iniziò i mondi erano solo due e ci volevano mesi per andare
dall'uno all'altro.
C'erano
meno cose, allora, ma erano più intense. La fame, ad esempio. E il sole.
C'era
molta luce, allora, e molto caldo d'estate.
D'inverno
invece era molto freddo e la neve era più bianca. Per conoscere bene la
neve, capire bene cos'è, bisogna camminarci sopra coi piedi scalzi dentro
gli zoccoli. Solo allora si capisce bene cos'è la neve.
Anche
i giochi erano più divertenti. Peccato ci fosse poco tempo per giocare.
Allora bisognava fingere di giocare mentre si lavorava. Lo so che sembra
difficile, ma ci avete mai provato?
Ad
esempio lavare i panni al fiume è un bellissimo gioco se il sole è
caldo, l'erba è alta e verde, l'acqua è fresca e ci sono le amiche per
scherzare. E soprattutto se si hanno dodici anni.
Anche
spaccare pietre è un bellissimo gioco, se coi pezzetti più piccoli che
si staccano si fa tirassegno con gli amici e si ride e si canzona quando
sbagliano il bersaglio. E soprattutto se si hanno quattordici anni.
La
storia comincia quando lei tornava dal fiume col cesto pieno di panni
umidi e lui tirava i sassi con gli amici.
E
per disgrazia la colpì in mezzo alla fronte, che lei aveva spaziosa e
prominente, proprio la cosa che si notava di più sul suo viso un po’
selvatico.
Era
un sasso appuntito e abbastanza pesante e la colpì nel modo peggiore, di
punta, dove era stato spaccato a martellate.
Lei
che era temprata a tutto come un acciaio spagnolo non pianse per niente e
lasciò colare giù il sangue finchè le arrivò in bocca ma non poteva
asciugarsi perchè non aveva un fazzoletto in tasca e quelli nel cesto che
aveva appena lavato mai e poi mai li avrebbe sporcati. Lui era molto
imbarazzato e si guardava in giro senza saper cosa fare. Si frugò in
tasca e le diede il suo fazzoletto sporco che lei prese subito per pulirsi
e gli disse "Dopo te lo lavo io."
Il
primo incontro fu tutto qua. Si conoscevano anche prima, tutti si
conoscevano perchè il paese era piccolo, ma non si erano mai parlati.
Fu
proprio un caso che si incontrassero così, quel giorno, perchè di lì a
poco lei partì con tutta la famiglia. Andarono nell'altro mondo, con la
nave, lei, i genitori, i fratelli e le sorelle.
Ci
vollero quasi due mesi, nel mare che anche quando era calmo le tormentava
le budelle e quando arrivarono quasi non stava in piedi ed era dimagrita,
lei che già prima non si poteva credere potesse diventare più magra.
L’altro
mondo era bello, c’erano più cose che nel primo e molte erano meno
intense. La fame, per esempio.
Così
rimasero molti anni, lei e tutta la famiglia. Non avrebbe mai pensato a
quel ragazzo del sasso, neanche una volta, se non fosse stato per il buco
che le aveva lasciato in fronte e che glielo ricordava ogni volta che si
guardava allo specchio.
La
mamma per consolarlo le diceva che quel segno sembrava una stella, ma lei
sapeva che non era vero e quelle stupide delle sue sorelle più piccole
ridevano. Ma non gliene importava poi tanto e a lavorare era brava come e
più degli altri. Sarebbe stato molto peggio se quel sasso le avesse
storzato un dito, che allora avrebbe fatto più fatica a lavorare.
Passarono
dieci anni e le cose andavano bene, nel secondo mondo al di là del mare.
Ma il padre della ragazzina, che ormai era una donna, si ammalò di una
strana malattia che gli strozzava il respiro. Diceva che l'aria di quel
mondo era malsana e gli faceva marcire i polmoni. Alla fine decise di
tornare al primo mondo, dove c’erano meno cose, il freddo era più
freddo, il caldo era più caldo, la fame più fame, ma l'aria non era
maligna.
Furono
altri due mesi di mare e di budelle attorcigliate, poi arrivarono al
vecchio paese.
Un
giorno incontrò il ragazzo del sasso. Era diventato un vero socialista e
portava al collo un fazzolettone rosso, che sembrava quello di quel
giorno, intinto nel sangue della sua fronte. Lui non la riconobbe, ma lei
sì, aveva la memoria buona per le facce e anche se ormai era un uomo, gli
occhi erano sempre quelli.
Gli
disse: "Hai visto cosa mi hai fatto?" indicando la brutta stella
ammaccata che aveva in fronte e fu sicura che era proprio lui quando vide
il suo sguardo smarrito e spaventato, tale e quale quello di dieci anni
prima, quando le aveva tirato il sasso.
La sera
della prima notte di nozze non c'era niente in casa da mangiare. Andarono
dai genitori di lei a chiedere un po’ di cena, ma gli dissero di
arrangiarsi. Così quella sera, la prima di nozze, non cenarono e la
mattina dopo andarono a lavorare, a piedi, nei campi, per guadagnare
qualcosa e comprare un tozzo di pane.
Il
loro viaggio di nozze fu di due chilometri a piedi e durò meno di
mezz'ora. Ma si può fingere di giocare in mezzo al grano giallo e alto,
se ci sono i papaveri e c'è tanta luce di sole.
Misero su
un negozio di frutta e verdura, anni dopo.
Lui
andava in giro in campagna a comprare le verdure dai contadini, poi le
vendevano sulla bancarella.
Una
volta fu lei a comprare dei fagioli da un contadino che era venuto per
caso al mercato. Erano grossi, diversi dai soliti e quando lui tornò dal
suo giro in campagna si arrabbiò, disse che aveva sbagliato a comprarli,
che non li avrebbero mai venduti. Lei non dormì la notte a quel pensiero.
Ma la mattina dopo li vendette tutti in pochi minuti. Da allora, tutte le
volte che lui la faceva arrabbiare, si stringeva nelle spalle e si
consolava pensando che lei, però, era stata più furba quella volta dei
fagioli.
Vissero per
tanti anni così, una vita semplice e povera.
Lui
parlava sempre dei suoi sogni socialisti che restavano sempre sogni e lei
gli stava accanto e lo ascoltava, faceva sì col capo e ogni tanto
brontolava perchè non era sempre d'accordo.
Intanto
il mondo cambiava piano piano. C'era meno luce e una nebbiolina
dappertutto e faceva più freddo. Non era solo la vecchiaia, c'era
qualcos'altro, anche nella gente. Possibile che tutti avessero più di un
vestito buono e stessero tanto tempo in giro senza lavorare nei campi? E
che facessero tanti scarti a tavola che ci sarebbe campata un'altra
famiglia intera? Stavano seduti vicini, sulle sedie impagliate, sulla
soglia della loro casa piccolissima, a guardare il mondo che cambiava un
po’ per volta.
Giovanni
morì a novantotto anni. Tutti pensavano: "Lei gli andrà dietro
presto." Non credevano che potesse vivere senza di lui, dopo tanti
anni. Ma lei non lo seguì, rimase in questo mondo. Era molto paziente,
aveva aspettato tanto nella vita, poteva aspettare ancora.
Alla
vigilia dei cent'anni era sicura di essere arrivata alla sua meta e si
preparò tranquilla alla morte. Festeggiò coi parenti il traguardo
raggiunto e si congedò. Aveva fatto il suo dovere, era arrivata fino in
fondo, era stata brava e i parenti potevano accontentarsi.
Si
addormentò pensando che fosse l'ultima volta e aveva Giovanni davanti
agli occhi. Ma il mattino seguente il mondo era ancora lì, un pochino più
buio e più freddo. Si toccò la stella sulla fronte con un sospiro e
ricominciò ad aspettare.
Fu
poco dopo i cent'anni che scoprì il terzo mondo.
Non
era difficile arrivarci, non ci voleva un mese di mare con le budelle
attorcigliate. Bastava desiderare di esserci, si apriva una porticina e si
entrava.
Tutto
qua.
Poteva
farlo quando voleva e lasciando la porticina socchiusa si poteva tornare
subito indietro. Di là, c'era il sole di una volta. Lei ridacchiava fra sè
e sè e pensava: "In due cose sono stata proprio brava. A comprare i
fagioli quella volta e a trovare questo posto." Poi correva nel campo
di grano giallo, dove c'era Giovanni in piedi, con le spighe che gli
arrivavano alle ginocchia e stava là ben piantato col fazzolettone rosso
che sembrava il re dei papaveri. Lei gli correva incontro ridendo e
gridando "Giovanni, che figura hai fatto quella volta dei
fagioli."
Giovanni
faceva un po’ il muso, poi rideva anche lui e cominciavano a far finta
di giocare, tagliando il grano col falcetto.
Stava
tanto bene lì, c'era sempre il sole e l'acqua fresca nel fiume per lavare
i panni. C'erano anche suo padre, sua madre e le sorelle. Andava a
trovarli con Giovanni e stava un po’ seria perchè era ancora offesa per
la storia della cena della notte di nozze.
Ma
poi cominciava a sentire un suono sordo e ripetuto, sempre più forte, che
la disturbava e la richiamava. Allora capiva che era il suo cuore che
continuava a battere e non voleva smettere. Doveva salutare Giovanni e
tutti gli altri e tornare alla porticina che rimaneva sempre socchiusa,
anche se cercava di chiuderla, mentre il suo corpo, da questa parte,
ripeteva: "Voglio dormire, voglio dormire." Quando tornava di
qua, sospirava, si toccava la stella ammaccata sulla fronte e ricominciava
ad aspettare.
Era
molto paziente, lei.
In
suo ricordo
Ha
potuto scegliere
finalmente
il mondo dei ricordi.
Ha lasciato a noi questo,
non più suo.
Succhiando acqua e zucchero
da una mammella di vetro e gomma
come una piccolissima
dolcissima
vecchissima bambina.
(
in ricordo di Nonna Gigia,1993) |