Pensieri
da
"Flash 80" di Roberto Zini
Accidenti,
c’è la fila. Chissà quanto mi tocca d’aspettare. Ci saranno quindici
persone almeno, forse venti. Ma queste non contano, quando toccherà a me
saranno già andate via. Chissà chi verrà dietro di me, speriamo nessuno
che conosco.
Dove
saranno? Di solito non vengo qui, non so dove li tengono, speriamo vicino
alla cassa. Non vedo bene, c’è troppa gente. Ah, no, sono lì di
fianco, a metà strada. Magari quando ci passo vicino esco dalla fila e li
vado a prendere. Un attimo, vado lì, li prendo e torno al mio posto in
fila. Chi c’è dietro di me? Ah, questa qui il posto non me lo lascia.
Appena metto un piede fuori dalla fila, zac, si fa avanti e si prende il
posto. Le conosco queste qui, dalla faccia. Spietate. Capace che ti
fregano il posto e poi ti guardano con quel sorrisetto di sfida
"Provaci un po’, prova a riprenderti il posto, vedrai che
casino!" Un bel guaio. E li hanno anche messi lontano, di qui non si
vede bene. Mi sembra che i miei soliti non ci siano. Li avranno finiti. O
magari non li fanno più, cambiano sempre tutto. E allora come faccio a
scegliere? Ho un secondo, due al massimo, mica posso mettermi lì a
leggere le istruzioni, con tutta questa gente. Ma che diavolo, cosa sto a
pensare, oggi di queste cose se ne parla dappertutto, ci fanno la
pubblicità, è tutto regolare. Adesso vado lì, me li guardo ben bene con
tutte le loro scatoline colorate, leggo le istruzioni con calma.
E
guardo il prezzo, che quello non lo guardo mai.
Sembra
poco importante ed invece no, è la cosa più importante.
Non
fanno mica il tre per due di queste cose. Furbacchioni loro, sanno cosa
passa per la testa della gente in fila come me. Mordi e fuggi, acchiappa
al volo, con indifferenza, signorilità, come le caramelle.
Meglio
così, comunque, piuttosto che dover chiedere al banco.
A
proposito, chi c’è al banco? Chissà chi mi capita. Non quella lì con
gli occhiali! Voglio l’uomo, voglio un fratello, che ti capisce, che non
ti dà occhiate coi sottintesi. Di solito.
Oppure
la ragazza giovane. Sì, la ragazza giovane deve avere pensieri diversi.
Oppure ha gli stessi dell’altra, di tutti gli altri, ma vuoi mettere? è
così carina.
Allora
è deciso, esco dalla fila, scelgo con calma, rientro nella fila e se
questa qui vuol rubarmi il posto, okay, accetto la sfida. La spingo in là.
Che
diamine, c’è anche la pubblicità dalla mia parte.
Ecco,
lo faccio.
No,
non adesso, guardano tutti da questa parte.
I
distributori automatici sono anche peggio. Per strada, sotto gli occhi di
tutti. Li mettono nelle zone più in mostra, credo che facciano apposta.
Come puoi metterti a pasticciare con le diecimila lire che magari la
stupidissima macchina ti risputa fuori? Non puoi discutere con la
macchina. E intanto ti passano accanto a decine ed ognuno ti guarda e la
prossima volta che ti incontra non potrà fare a meno di ricordarsi di te
lì come un coglione con le diecimila in mano che non sai come infilare.
No,
meglio qui in fila.
Ecco,
sono alla distanza minima, è il momento. E’ difficile, ma devo, devo
farcela. La scelta, ora, prima di tutto devo scegliere, a distanza, ma più
o meno dovrei capire di cosa si tratta. Andranno tutti bene, no? Servono
alla stessa cosa. Misura unica. Non c’è molto da sbagliare. Il colore
ha la sua importanza. Quello della scatola. E’ un messaggio. Rosso,
passione. Verde, gioventù. Blu, classico.
E’
il momento.
Mi
stacco dalla fila come colto da un improvviso pensiero, come chiunque
farebbe per verificare un sospetto. Faccio un cenno d’intesa alla
signora dietro di me nella fila, perchè mi riservi il posto. Vedo nei
suoi occhi un misto di sospetto, compiacenza, rassegnazione. Percepisco il
fremito che la percorre, la tentazione che la risucchia verso il posto
lasciato libero da me, come una molecola attirata dall’horror vacui.
Devo sbrigarmi. Seguo una rotta imprecisa, mi dirigo da tutt’altra
parte, cambio direzione come attratto da un prodotto interessante, cerco
di far credere casuale il mio passaggio accanto all’obiettivo, ghermisco
la preda alla cieca, guidando la mano solo con la memoria, mentre i miei
occhi incrociano innocenti su pannolini e tettarelle, i più efficaci
degli alibi. Rientro alla base, sbirciando con la coda dell’occhio
l’oggetto della mia missione.
Blu
classico, accidenti, ho sbagliato mira.
Va
be’, tanto son tutti uguali, proveremo anche questo.
La
signora sembra delusa. Aveva già occupato per metà il mio posto ed ora
deve restituirmelo a malincuore. Non mi risparmia uno sguardo severo. Lo
ignoro. Ho con me il bottino. Ci giocherello indifferente, nascondendolo
con la mano.
Ecco,
mi avvicino al banco. Chi mi sarà assegnato dalla sorte?
L’uomo
coi baffi? La zitella arcigna? La ragazza giovane?
Sì,
è lei.
Spingo
il pacchetto sul banco senza una parola. Lo prende, lo incarta. Molto
professionale. Pago. Mi dà lo scontrino.
Ma
un piccolo sguardo c’è stato, lieve come un battito d’ali.
Un’aria
d’intesa, un pensiero accennato, un microscopico segreto, un’intimità
sottile durata un millesimo di secondo.
Ne
sono certo.
E’
un nulla, non significa nulla, nè per me nè per lei. Accade forse cento
volte al giorno, non sono diverso dagli altri, io. Ma è la natura umana.
Per
un breve attimo, un sospiro, un milionesimo di secondo, lei ci ha pensato.
Come me. |