Da Avvenire (domenica 12 novembre 1996)
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Un contributo di Alberto Crielesi
Una nuova luce su San Cosimato
Un libro che, riportando le vicissitudini della
zona, ha colmato un vuoto editoriale
La pubblicistica sui nostri tesori artistici e
archeologici si arricchisce di un nuovo contributo. Il Complesso Conventuale di
San Cosimato presso Vicovaro, a cura di Alberto Crielesi , (Roma 1955). Si
tratta di un'operazione meritoria1 perché da tempo ci si chiedeva come mai
nessuno studioso di cose locali avesse pensato a questo complesso religioso sulla media
valle dellAniene, a pochi chilometri da Vicovaro, la Varia degli Equicoli e dalla
supposta villa d'Orazio presso Licenza.
Ma il merito del libro non sta solo nellaver
riempito un vuoto editoriale: il suo apparato bibliografico di fonti è certamente di
prim'ordine e in grado di accertare le conclusioni dell'autore, che si è servito di
diverse biblioteche specializzate, come correttamente documentato in apparato.
L'autore segue cronologicamente le vicissitudini
della zona, importante n9-do viario protoromano. chiarendo le varie vicende
architettoniche e storiche. soprattutto riguardo la presenza di san Benedetto nelle grotte
sottostanti lattuale convento legata alla testimonianza di alcune fonti scritte, è
da collegare all'esistenza di un più antico cenobio! vacante della carica più alta.
Benedetto sarebbe stato pregato da quei monaci di prendersi cura di loro, ma il rigore del
santo finì presto con lo stancare quella gente, abituata ad una vita di più larghe
vedute; fu così che tentarono di avvelenare il santo, che in. seguito alla miracolosa
distruzione del calice di vino avvelenato, se ne tornò tra i ruderi della villa di
Nerone, l'attuale Subiaco, dove fondò i leggendari dodici monasteri. tra cui quello di
santa Scolastica e del Sacro Speco.
il volume del Crielesi prosegue con la
ricostruzione delle fasi edilizie, da quella romanica a quella tardo-seicentesca. della
chiesa e del monastero, fasi intramezzate da momenti di grande fulgore ma anche di
decadenza morale e politica.
Si passa in rassegna quindi la teoria di Qrdini
che si sono sovrapposti nella conduzione del santuario, da quello benedettino fino a
quello francescano, che attualmente è incaricato della sua
Come si diceva in apertura, si colma così una
grave lacuna storica, riferita ad un contesto dove vi sono ancora chiaroscuri e incertezze
di attribuzione, con episodi che o sono ancora poco chiaramente definiti cronologicamente
o sono tributari di tradizione scritta dipendente da una più antica orale; il tutto in
una zona affascinante dal lato artistico-archeologico e da quello religioso, con la
presenza dei santuari benedettini, vere fortezze di cultura che hanno ispirato opere
d'arte figurativa e narrativa: si pensi ai quadri di Kaisermann o al romanzo di
Fogazzaro,
fl santo, la cui trama, per tutta la parte iniziale, si svolge tra la zona dei
monasteri e Jenne".
(M. Testi)
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- In uno degli angoli più suggestivi, della valle dellAniene.
Qui, nel sec. VI d. C, tutta la parete rocciosa a
picco sullAniene, con le sue grotte naturali ed artificiali ed i suoi cunicoli degli
acquedotti, Marcio e Claudio, in disuso. ospitò una fiorente "laura"(cenobio)
di anacoreti; e proprio nel refettorio scavato nella roccia di questa comunità sarebbe
avvenuto il tentato avvelenamento di S. Benedetto elettovi abate.
Abbracciata nel sec. VI la Regola del
Patriarca di Norcia la comunità monastica eresse tra i ruderi romani soprastanti la
scogliera, una chiesa ed un monastero dedicandoli ai Ss. medici Cosma e Damiano (San
Cosimato).
Devastato nelle scorrerie prima di Totila nel
545, poi di Autari nellanno 589 e di Agilulfo il monastero sarà distrutto dai
Saraceni, (sec. IX) che, proprio qui nella "piana" antistante il monastero,
furono - secondo tradizione - battuti nel 916 dalle truppe di Giovanni X e dei suoi
alleati.
San
Cosimato, risorto come abbazia
cluniacense sotto Alberico (sec. X), raggiunge grande potere e splendore ma,
successivamente decaduto, fu accorpato con tutte le sue pertinenze fra i vasti
possedimenti dellabbazia di S. Paolo fuori le Mura (1081).
Incluso tra le "Regalia Beati
Petri", ossia tra le proprietà inalienabili della Sede Apostolica, fu
elevato da Celestino III (1191-1198) - lo stesso pontefice che aveva concesso
Vicovaro,
Cantalupo e Bardella ai suoi nipoti Orsini ad abbazia nullius,
ossia dipendente direttamente dalla S. Sede e questo sino al 1241, quando, impoveritosi
spiritualmente e materialmente, fu aggregato da Gregorio IX, come semplice
priorato, allabbazia cistercense di S. Sebastiano alle Catacombe.
Ed ai Cistercensi rimase sino 1407, anno in cui
il monastero vicovarese fu concesso da Gregorio XII ai Frati Ambrosiani di S. Clemente a
Roma che tra la fine del sec. XV e inizio sec. XVI provvidero ad un ampio restauro.
Abolito lOrdine Ambrosiano, il monastero fu
venduto dal Card. Maidalchini (1648) ai Frati del Terzo Ordine Regolare di S. Francesco,
già presenti a Vicovaro (S. Maria del Sepolcro).
Soppresso nel 1656 il convento con la Riforma
Innocenziana, lintero complesso fu abbandonato e questo sino al 1668 quando passò
ai Francescani Riformati dei Ritiri o "Recollettati".
Con la venuta dei Francescani iniziarono restauri
nella chiesa e nelle cosiddette Grotte che vennero ripristinate per luoghi di
penitenza ed in parte adornate con dipinti del vicovarese Antonio Rosati.
Il convento invece fu completamente riedificato,
demolendo quellantico di secoli, tra il 1727 1735.
Incamerato nel 1876 dallo Stato Italiano fu
utilizzato prima come Ospedale, poi come Lazzaretto infine come Comando del vicino campo
di prigionia, finalmente nel 1936, grazie allallora podestà di Vicovaro Antonio
Santini, tornò ai Frati della Provincia Romana che tuttora lo custodiscono.
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La chiesa, recentemente restaurata, ha
allesterno un bel portico rinascimentale (sec. XV XVI), con lunette affrescate
dal Rosati (1670) ed un dipinto (S. Leonardo) coevo alla costruzione
dellardica tornato alla luce grazie allo storico Alberto Crielesi e di suo fratello
Angelo, restauratore..
Linterno è composto di una navata unica
con cinque cappelline a sinistra ed una a destra.
Nella prima (Madonna del Carmine) la
transenna marmorea scolpita (fine sec. XII in. sec. XIII) - già facente parte
della "pergula" dellaltare medievale - donata da un certo Giovanni
e recante la firma del maestro Uvo.
Nella terza Cappella un "Trittico"
dipinto nel 1868, da . Monacelli e Fra Pietro da Copenaghen alias laccademico danese
Albert Küchler (1803-1886).
Nella quarta Cappella affreschi della fine del
sec. XV con figure di Sante e Santi e nella volta i Padri della Chiesa affiancati
dai simboli degli Evangelisti. Sullarco dingresso - lultimo ritrovamento
riportato alla luce dai fratelli Crielesi - laffresco del "Padre Eterno
benedicente" che insiste su precedenti pitture: queste ultime forse le più
antiche testimonianze pittoriche sin ora ritrovate.
Nella quinta Cappella in stile gotico, affreschi
(fine sec. XV): sulle vele della volta lacerti con i Quattro Evangelisti; sulle
pareti "LInvenzione della vera Croce", ed una "Crocifissione";
nellintradosso dellarco, i Santi, Antonio Abate e Apollonia
(fine sec. XV). Da notare i resti pittorici di "un catafalco"
collimmagine del defunto, sepolto nella cappellina.
Bellaltare maggiore in stucco, realizzato
dal Cipriani (1696) su disegno di Fra Tommaso Trentino, che ospita un crocifisso ligneo (
1685).
Sotto la "mensa" dellaltare
moderno, un capitello romano di riutilizzo, recentemente riscoperto e già facente parte
degli arredi marmorei della chiesa medievale.
A destra, la Cappella di S. Anna (già degli
Orsini di Licenza-Roccagiovine) restaurata nel 1628 dal Vescovo tiburtino Mario
Orsini:
sullaltare una bella tela settecentesca raffigurante " S. Anna che ammaestra
la Vergine" che venne a sostituire quella di Vincenzo Manenti Ai lati due
tempere dello stesso pittore sabino con i Ss. Filippo Neri e Carlo Borromeo.
Di fronte il cenotafio di Giulia Orsini di Mugnano.
Dal piazzale antistante la chiesa si può
raggiungere il primo gruppo di Grotte, tra cui quella dellex Oratorio di S. Michele
che, secondo la tradizione, fu il famoso refettorio della comunità sarabaita ed in cui,
per secoli, fu custodita la pietra macchiata dal vino avvelenato tentato di propinare a s.
Benedetto.
Nellabsidiola dellaltare,
laffresco con la "Regina Angelorum" e " Santi e
Sante dellOrdine Serafico"; sulle pareti storie francescane e benedettine:
a destra il "Tentato avvelenamento di S.
Benedetto", a sinistra "S. Francesco che tenta di convertire il Sultano";
sulla parete di fondo, una ingenua "Trasfigurazione"; il "Poverello
che a Subiaco innesta le rose nei rovi", ed infine sempre il "Santo
dAssisi che riceve le Stimmate". tutte dipinti dal Rosati (1670-1683)
Dal giardino retrostante la chiesa si accede
allaltro gruppo di grotte raggiungibili tramite una scala scavata nella roccia nel
1682 da cui si raggiunge la Cappella di S. Benedetto, ritenuta la cella del
patriarca di Norcia: sullaltare un dipinto del Rosati, "I Ss. Francesco e
Benedetto oranti con Cristo tra i Ss. Cosma e Damiano".
Nellesterno della Cappella, una piccola
edicola aggrappata alle rocce prospicienti il Fiume con dipinto un "S.
Benedetto" in abiti abbaziali, sempre del Rosati, nel cui libro aperto si legge:
benedictvs qui venit in nomine domini
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