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Iniziative editoriali

Iniziative editoriali

Segnalazioni editoriali: I libri di Alberto Crielesi

Crielesi Alberto: Il Complesso conventuale di San Cosimato presso Vicovaro. Roma 1995, pp. 148, 30 ill. b.n. n.t. 5 tav. b.n. 10 tav. col.
criel-Copertina_Vicovaro_S.jpg (28626 byte)

Da Avvenire (domenica 12 novembre 1996)

"…Un contributo di Alberto Crielesi

Una nuova luce su San Cosimato

Un libro che, riportando le vicissitudini della zona, ha colmato un vuoto editoriale

La pubblicistica sui nostri tesori artistici e archeologici si arricchisce di un nuovo contributo. Il Complesso Conventuale di San Cosimato presso Vicovaro, a cura di Alberto Crielesi , (Roma 1955). Si tratta di un'operazione meritoria1 perché da tempo ci si chiedeva come mai nessuno studioso di cose locali avesse pensato a questo complesso religioso sulla media valle dell’Aniene, a pochi chilometri da Vicovaro, la Varia degli Equicoli e dalla supposta villa d'Orazio presso Licenza.

Ma il merito del libro non sta solo nellaver riempito un vuoto editoriale: il suo apparato bibliografico di fonti è certamente di prim'ordine e in grado di accertare le conclusioni dell'autore, che si è servito di diverse biblioteche specializzate, come correttamente documentato in apparato.

L'autore segue cronologicamente le vicissitudini della zona, importante n9-do viario protoromano. chiarendo le varie vicende architettoniche e storiche. soprattutto riguardo la presenza di san Benedetto nelle grotte sottostanti l’attuale convento legata alla testimonianza di alcune fonti scritte, è da collegare all'esistenza di un più antico cenobio! vacante della carica più alta. Benedetto sarebbe stato pregato da quei monaci di prendersi cura di loro, ma il rigore del santo finì presto con lo stancare quella gente, abituata ad una vita di più larghe vedute; fu così che tentarono di avvelenare il santo, che in. seguito alla miracolosa distruzione del calice di vino avvelenato, se ne tornò tra i ruderi della villa di Nerone, l'attuale Subiaco, dove fondò i leggendari dodici monasteri. tra cui quello di santa Scolastica e del Sacro Speco.

il volume del Crielesi prosegue con la ricostruzione delle fasi edilizie, da quella romanica a quella tardo-seicentesca. della chiesa e del monastero, fasi intramezzate da momenti di grande fulgore ma anche di decadenza morale e politica.

Si passa in rassegna quindi la teoria di Qrdini che si sono sovrapposti nella conduzione del santuario, da quello benedettino fino a quello francescano, che attualmente è incaricato della sua

Come si diceva in apertura, si colma così una grave lacuna storica, riferita ad un contesto dove vi sono ancora chiaroscuri e incertezze di attribuzione, con episodi che o sono ancora poco chiaramente definiti cronologicamente o sono tributari di tradizione scritta dipendente da una più antica orale; il tutto in una zona affascinante dal lato artistico-archeologico e da quello religioso, con la presenza dei santuari benedettini, vere fortezze di cultura che hanno ispirato opere d'arte figurativa e narrativa: si pensi ai quadri di Kaisermann o al romanzo di Fogazzaro, fl santo, la cui trama, per tutta la parte iniziale, si svolge tra la zona dei monasteri e Jenne".

(M. Testi)

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  • In uno degli angoli più suggestivi, della valle dell’Aniene.

Qui, nel sec. VI d. C, tutta la parete rocciosa a picco sull’Aniene, con le sue grotte naturali ed artificiali ed i suoi cunicoli degli acquedotti, Marcio e Claudio, in disuso. ospitò una fiorente "laura"(cenobio) di anacoreti; e proprio nel refettorio scavato nella roccia di questa comunità sarebbe avvenuto il tentato avvelenamento di S. Benedetto elettovi abate.

Abbracciata nel sec. VI la Regola del Patriarca di Norcia la comunità monastica eresse tra i ruderi romani soprastanti la scogliera, una chiesa ed un monastero dedicandoli ai Ss. medici Cosma e Damiano (San Cosimato).

Devastato nelle scorrerie prima di Totila nel 545, poi di Autari nell’anno 589 e di Agilulfo il monastero sarà distrutto dai Saraceni, (sec. IX) che, proprio qui nella "piana" antistante il monastero, furono - secondo tradizione - battuti nel 916 dalle truppe di Giovanni X e dei suoi alleati.

 

San Cosimato, risorto come abbazia cluniacense sotto Alberico (sec. X), raggiunge grande potere e splendore ma, successivamente decaduto, fu accorpato con tutte le sue pertinenze fra i vasti possedimenti dell’abbazia di S. Paolo fuori le Mura (1081).

Incluso tra le "Regalia Beati Petri", ossia tra le proprietà inalienabili della Sede Apostolica, fu elevato da Celestino III (1191-1198) - lo stesso pontefice che aveva concesso Vicovaro, Cantalupo e Bardella ai suoi nipoti Orsini – ad abbazia nullius, ossia dipendente direttamente dalla S. Sede e questo sino al 1241, quando, impoveritosi spiritualmente e materialmente, fu aggregato da Gregorio IX, come semplice priorato, all’abbazia cistercense di S. Sebastiano alle Catacombe.

Ed ai Cistercensi rimase sino 1407, anno in cui il monastero vicovarese fu concesso da Gregorio XII ai Frati Ambrosiani di S. Clemente a Roma che tra la fine del sec. XV e inizio sec. XVI provvidero ad un ampio restauro.

Abolito l’Ordine Ambrosiano, il monastero fu venduto dal Card. Maidalchini (1648) ai Frati del Terzo Ordine Regolare di S. Francesco, già presenti a Vicovaro (S. Maria del Sepolcro).

Soppresso nel 1656 il convento con la Riforma Innocenziana, l’intero complesso fu abbandonato e questo sino al 1668 quando passò ai Francescani Riformati dei Ritiri o "Recollettati".

Con la venuta dei Francescani iniziarono restauri nella chiesa e nelle cosiddette Grotte che vennero ripristinate per luoghi di penitenza ed in parte adornate con dipinti del vicovarese Antonio Rosati.

Il convento invece fu completamente riedificato, demolendo quell’antico di secoli, tra il 1727 –1735.

Incamerato nel 1876 dallo Stato Italiano fu utilizzato prima come Ospedale, poi come Lazzaretto infine come Comando del vicino campo di prigionia, finalmente nel 1936, grazie all’allora podestà di Vicovaro Antonio Santini, tornò ai Frati della Provincia Romana che tuttora lo custodiscono.

 

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La chiesa, recentemente restaurata, ha all’esterno un bel portico rinascimentale (sec. XV –XVI), con lunette affrescate dal Rosati (1670) ed un dipinto (S. Leonardo) coevo alla costruzione dell’ardica tornato alla luce grazie allo storico Alberto Crielesi e di suo fratello Angelo, restauratore..

L’interno è composto di una navata unica con cinque cappelline a sinistra ed una a destra.

Nella prima (Madonna del Carmine) la transenna marmorea scolpita (fine sec. XII – in. sec. XIII) - già facente parte della "pergula" dell’altare medievale - donata da un certo Giovanni e recante la firma del maestro Uvo.

Nella terza Cappella un "Trittico" dipinto nel 1868, da . Monacelli e Fra Pietro da Copenaghen alias l’accademico danese Albert Küchler (1803-1886).

Nella quarta Cappella affreschi della fine del sec. XV con figure di Sante e Santi e nella volta i Padri della Chiesa affiancati dai simboli degli Evangelisti. Sull’arco d’ingresso - l’ultimo ritrovamento riportato alla luce dai fratelli Crielesi - l’affresco del "Padre Eterno benedicente" che insiste su precedenti pitture: queste ultime forse le più antiche testimonianze pittoriche sin ora ritrovate.

Nella quinta Cappella in stile gotico, affreschi (fine sec. XV): sulle vele della volta lacerti con i Quattro Evangelisti; sulle pareti "L’Invenzione della vera Croce", ed una "Crocifissione"; nell’intradosso dell’arco, i Santi, Antonio Abate e Apollonia (fine sec. XV). Da notare i resti pittorici di "un catafalco" coll’immagine del defunto, sepolto nella cappellina.

Bell’altare maggiore in stucco, realizzato dal Cipriani (1696) su disegno di Fra Tommaso Trentino, che ospita un crocifisso ligneo ( 1685).

Sotto la "mensa" dell’altare moderno, un capitello romano di riutilizzo, recentemente riscoperto e già facente parte degli arredi marmorei della chiesa medievale.

A destra, la Cappella di S. Anna (già degli Orsini di Licenza-Roccagiovine) restaurata nel 1628 dal Vescovo tiburtino Mario Orsini: sull’altare una bella tela settecentesca raffigurante " S. Anna che ammaestra la Vergine" che venne a sostituire quella di Vincenzo Manenti Ai lati due tempere dello stesso pittore sabino con i Ss. Filippo Neri e Carlo Borromeo. Di fronte il cenotafio di Giulia Orsini di Mugnano.

 

 

Dal piazzale antistante la chiesa si può raggiungere il primo gruppo di Grotte, tra cui quella dell’ex Oratorio di S. Michele che, secondo la tradizione, fu il famoso refettorio della comunità sarabaita ed in cui, per secoli, fu custodita la pietra macchiata dal vino avvelenato tentato di propinare a s. Benedetto.

Nell’absidiola dell’altare, l’affresco con la "Regina Angelorum" e " Santi e Sante dell’Ordine Serafico"; sulle pareti storie francescane e benedettine:

a destra il "Tentato avvelenamento di S. Benedetto", a sinistra "S. Francesco che tenta di convertire il Sultano"; sulla parete di fondo, una ingenua "Trasfigurazione"; il "Poverello che a Subiaco innesta le rose nei rovi", ed infine sempre il "Santo d’Assisi che riceve le Stimmate". tutte dipinti dal Rosati (1670-1683)

Dal giardino retrostante la chiesa si accede all’altro gruppo di grotte raggiungibili tramite una scala scavata nella roccia nel 1682 da cui si raggiunge la Cappella di S. Benedetto, ritenuta la cella del patriarca di Norcia: sull’altare un dipinto del Rosati, "I Ss. Francesco e Benedetto oranti con Cristo tra i Ss. Cosma e Damiano".

Nell’esterno della Cappella, una piccola edicola aggrappata alle rocce prospicienti il Fiume con dipinto un "S. Benedetto" in abiti abbaziali, sempre del Rosati, nel cui libro aperto si legge:

benedictvs qui venit in nomine domini