Petizione d’Ambra contro i costi di ricarica per i cellulari
La battaglia contro il ‘contributo di ricarica’ del credito di telefonia mobile, applicato dagli operatori telefonici italiani, è iniziata nell’aprile del 2006, quando un comune cittadino ha deciso di fare luce su quella che è stata definita l’anomalia tutta italiana nel settore delle telecomunicazioni. Andrea D’Ambra, studente 23enne originario di Ischia, è il promotore della petizione che, ad oggi, conta più di 800.000 firmatari e che sta ottenendo importanti risultati sul piano sociale, mediatico e politico.
Andrea, quali sono le motivazioni che ti hanno spinto ad intraprendere questa battaglia? Nell’aprile dello scorso anno, confrontando la realtà italiana con quella di altri Paesi, non soltanto europei, mi sono reso conto che i cittadini italiani meritavano una risposta chiara in merito all’applicazione del contributo di ricarica per i cellulari, che in alcuni casi può arrivare fino al 40% dell’importo pagato dall’utente. I gestori di telefonia mobile del nostro Paese si sono sempre giustificati asserendo che tale contributo ‘serve a coprire i costi da loro sostenuti per la distribuzione del servizio che, a loro dire, avrebbe le tariffe più basse d’Europa. In realtà, se si confrontano le tariffe in vigore in altri Paesi, facilmente reperibili sui siti web dei gestori di telefonia mobile, con quelle vigenti in Italia, ci si rende conto dello stato di palese disinformazione nel quale si trovano i consumatori italiani. Da questo è nata l’idea di aprire un sito web < www.aboliamoli.eu> tramite il quale lanciare una petizione a denuncia di tale anomalia. Ci tengo a precisare che si è trattato di un’iniziativa assolutamente autonoma, non supportata da nessun ente, mezzo di stampa o partito politico, così come è stata spontanea l’aderenza dei moltissimi firmatari.
Tra i firmatari della petizione c’e’ anche Beppe Grillo, il quale ha dedicato ampio spazio all’iniziativa sul suo blog e che hai incontrato personalmente. Credi che questo incontro sia stato determinante per il successo mediatico ottenuto dalla tua petizione?
Il primo mezzo di informazione ad occuparsi del caso è stato Punto Informatico ma il supporto di Beppe Grillo, nel giugno del 2006, si è rivelato fondamentale. Grazie al suo blog si sono create catene spontanee di mail che hanno portato un numero sorprendente di adesioni. Da quel momento è scattato il vero interesse mediatico, anche il Tg3 e il Tg2 si sono interessati al caso. Lo scorso novembre, inoltre, ho partecipato, per la seconda volta, alla trasmissione ‘Mi Manda Raitre’, al mio fianco sedeva Anna Bartolini, rappresentante per l’Italia del Consiglio Europeo dei Consumatori e ospite fissa della trasmissione. In questa sede ho avuto la possibilità di illustrare gli importanti traguardi raggiunti.
Per quale motivo hai deciso di chiamare in causa la Commissione Europea per questa vicenda?
Ad un mese dal suo lancio, la petizione aveva superato l’obiettivo iniziale delle 50.000 firme, ponendomi di fronte ad un successo davvero inaspettato. I vari fax inviati alle due Authority per le Comunicazioni (Antitrust e Agcom) e alle associazioni dei consumatori non avevano dato alcun esito, quindi ho deciso di appellarmi alla Direzione Generale Concorrenza della Commissione Europea, l’unica istituzione a dimostrarsi seria e sensibile ai problemi dei cittadini e ligia ai suoi doveri istituzionali. È stata la Commissione Europea, infatti – che ha dichiarato di non essere a conoscenza dell’esistenza dei costi di ricarica nel nostro Paese – ad interessare immediatamente le Authority italiane ‘costringendole’ ad aprire un’indagine congiunta in merito ai costi di ricarica. A giugno le prime 300.00 firme sono arrivate a Bruxelles!
Cosa è emerso dall’indagine conoscitiva congiunta condotta dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato e dall’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, conclusa il 15 novembre?
L’indagine ha confermato che il contributo di ricarica non ha un diretto e trasparente rapporto con i costi sostenuti dagli operatori per la gestione dei servizi di ricarica, ma rappresenta una componente di prezzo inserita dalle imprese nell’ambito delle loro strategie di pricing. In questo modo il prezzo al minuto delle chiamate viene elevato di una percentuale costante, questo vale soprattutto per le ricariche di piccolo taglio, utilizzate maggiormente da giovani, pensionati e dai ceti medio-bassi. Il fenomeno, quindi, ci pone di fronte ad una componente di discriminazione sociale che non può essere ignorata.
Qual’è la situazione adesso e cosa dobbiamo aspettarci?
La conclusione dell’indagine conoscitiva ha segnato un traguardo molto importante per i consumatori che chiedono l’abolizione della tassa di ricarica. Il presidente dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, Corrado Calabrò ha affermato che l’Authority interverrà affinché i gestori rimodulino le tariffe eliminando lo ‘scalino’ esistente. Il 13 dicembre scorso L’Authority ha finalmente deciso di promuovere un intervento regolamentare a tutela degli utenti attraverso lo svolgimento – ai sensi di legge – di una consultazione pubblica della durata di 30 giorni, a conclusione della quale sarà assunta la decisione finale. Spero che abbiano l’accortezza di convocarmi durante la consultazione, essendo venuto in possesso, negli ultimi mesi, di molte informazioni che avrei il piacere di illustrare al Presidente Calabrò. Annuncio, inoltre, che la battaglia andrà avanti fino a quando i consumatori non saranno rimborsati di tutti i costi di ricarica sostenuti finora!
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