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Pesticidi nei suoli, i dati del monitoraggio dei terreni agricoli della Campagna Cambia la Terra

Aprile 27
17:39 2022

PESTICIDI NEI SUOLI, I DATI DEL MONITORAGGIO DEI TERRENI AGRICOLI
IL BIO SI CONFERMA COME MODELLO DI RIFERIMENTO PER L’INTERO SETTORE
APPELLO ALLE ISTITUZIONI: CON LA CRISI ALIMENTARE DEVE CRESCERE
L’ATTENZIONE PER UN SUOLO FERTILE E SANO
Convegno “La tutela del suolo passa da un’agricoltura pulita”
Sala Aranciera, Orto Botanico di Roma, Via Cristina di Svezia
Roma, 27 aprile 2022 – Senza un suolo fertile e sano non c’è agricoltura.
Nel momento in cui la crisi internazionale mette al centro il tema
dell’approvvigionamento del cibo, occorre riportare l’attenzione su questa
risorsa necessaria e non rinnovabile.
Il suolo impiega infatti fino a mille anni per rigenerare la fertilità persa per
inquinamento o desertificazione. Secondo la Global Soil Partnership
della FAO, il 33% del suolo terrestre è già degradato, percentuale
che potrebbe salire al 90% entro il 2050. E sempre la FAO avverte che la
vitalità del suolo, che si traduce soprattutto nella presenza di miliardi di
microrganismi per centimetro quadrato, è messa a rischio anche dalle
sostanze chimiche di sintesi utilizzate in agricoltura: “l’uso eccessivo e
improprio dei pesticidi causa danni indesiderati a specie non target (ndr:
specie che non sono considerate dannose per l’agricoltura), mentre la
persistenza nell’ambiente e i residui tossici possono impattare su specie
utili e organismi non target, come gli umani, e possono contaminare le
acque e i suoli a scala globale”.
E allora, qual è la situazione dei suoli italiani? La campagna di
comunicazione e sensibilizzazione sulla salute dei suoli di Cambia la
Terra, il progetto di FederBio con Legambiente, Lipu, Medici per
l’ambiente, Slow Food e WWF, ha analizzato 12 suoli agricoli
convenzionali comparandoli con altrettanti terreni biologici contigui e
adibiti alle stesse colture, in un monitoraggio a carattere dimostrativo, su
un totale di 24 aziende agricole.
I risultati, in breve: nei campi convenzionali sono state ritrovate ben
20 sostanze chimiche di sintesi tra insetticidi, erbicidi e fungicidi.
La sostanza più rilevata è il glifosato, che compare in 6 campi
convenzionali su 12, seguito dall’AMPA, un acido che deriva dalla
degradazione del glifosato. Si tratta dell’erbicida più usato al mondo ,
che ha effetti sulla salute degli ecosistemi e su quella umana, e che è
rientrato nella lista delle sostanze ‘probabilmente cancerogene’ dello Iarc
di Lione (Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro). Delle altre 18
sostanze chimiche di sintesi ritrovate, ben 5 risultano revocate
da anni: due, il famigerato DDT e il suo metabolita DDE (sostanza
che proviene dal degrado della molecola originaria), resistono in
un campo presumibilmente da 44 anni, in quantità non trascurabili.
Le altre (permetrina e imidacloprid), vietate rispettivamente nel 2001 e
nel 2018, sono state ritrovate in un campo di pomodori; l’ultima
(oxodiazon) revocata nel 2021, in un pereto.
Per quanto riguarda i campi biologici, le sostanze di sintesi rilevate
sono solo tre, tra cui un insetticida contro le zanzare, probabilmente
proveniente dalle abitazioni vicine, e, in uno stesso, campo DDT e DDE. Si
tratta con ogni evidenza di contaminazioni accidentali, da cui il bio cerca
da sempre di difendersi.
A presentare i risultati della campagna nel corso del convegno “La tutela
del suolo passa da un’agricoltura pulita”, sono stati tra gli altri la
presidente di FederBio Maria GraziaMammuccini, il docente di
Agronomia della Scuola Sant’Anna di Pisa, PaoloBàrberi, il ricercatore
Ispra Lorenzo Ciccarese, il coordinatore del Comitato tecnico di FederBio
Daniele Fichera, dopo i saluti del direttore dell’Orto Botanico Fabio
Attorre e dell’assessora all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei rifiuti di
Roma SabrinaAlfonsi. Sono poi intervenuti Debora Fino, presidente Re
Soil Foundation; Gianmaria Sannino, climatologo Enea;
StefanoCiafani, presidente Legambiente; Alessandro Polinori,
vicepresidente Lipu; Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia e
Isabella Pratesi, direttore Conservazione WWF Italia. A moderare
l’evento, la giornalista Valentina Petrini.
La Compagnia del Suolo – questo il nome della campagna che ha
visto la carovana con tre giovani attivisti e diversi agronomi
spostarsi sui 24 campi, da nord a sud d’Italia – ha ricevuto il
patrocinio dell’ISPRA – Istituto superiore per la ricerca ambientale, e il
CREA- Consiglio per la ricerca in agricoltura ha concesso alcuni dei suoi
campi sperimentali per i prelievi.
“I risultati del monitoraggio dimostrativo evidenziano che i dati relativi ai
campi coltivati con il metodo biologico sono decisamente migliori rispetto
a quelli coltivati in convenzionale a conferma che il bio è un metodo di
produzione che favorisce la tutela del suolo e della biodiversità”,
commenta Maria Grazia Mammuccini. “Le quantità di residui chimici di
sintesi nei campi convenzionali è un dato di fatto, soprattutto per le
produzioni intensive, dove si conferma l’urgenza di ridurre l’uso di
pesticidi di sintesi chimica in coerenza con gli obiettivi del GreenDeal
europeo e per le quali il biologico può offrire soluzioni innovative
sperimentate da anni con il biocontrollo. Ma abbiamo rilevato che, in
alcune coltivazioni ‘di punta’, all’interno di aree vocate, anche nel
convenzionale l’uso è molto limitato. In due situazioni, un oliveto in Puglia
e un campo di frumento in Basilicata, le sostanze di sintesi erano
addirittura assenti. Questo risultato ci incoraggia a pensare che il
biologico stia cominciando a rappresentare un modello di riferimento per
l’agricoltura in generale, un risultato importante delle politiche,
soprattutto europee, per lo sviluppo dell’agroecologia. La crisi
internazionale e la mancanza di materie prime rimettono al
centro il ruolo fondamentale dell’agricoltura. Tutelare e monitorare
la salute dei suoli è un investimento necessario per supportare l’intero
sistema agricolo”.
“Il sistema di controlli ambientali e sanitari monitora la presenza di
pesticidi negli alimenti e nell’acqua. Nel suolo, primo organo recettore
delle sostanze chimiche di sintesi utilizzate nell’agricoltura convenzionale,
la presenza di molecole potenzialmente dannose per l’ambiente non viene
invece rilevata sistematicamente. Così facendo, ignoriamo quali siano i
loro effetti sulla miriade di organismi che popolano il suolo e sulle funzioni
ecologiche che essi svolgono. È necessario che si dia inizio a un
monitoraggio continuo dei residui della chimica di sintesi nel
suolo, con il supporto delle istituzioni di ricerca. E che la nostra priorità
sia l’eliminazione dei pesticidi con una persistenza ambientale molto
lunga”, afferma Paolo Bàrberi, della Scuola Sant’Anna di Pisa.
Una richiesta che discende anche dalle analisi effettuate in aziende
agricole nella Pianura Padana. In un campo biologico e in uno
convenzionale sono state infatti rilevate tracce di DDT e del suo
metabolita DDE: si tratta in tutti e due i casi di una pesante
eredità del passato, visto che l’insetticida è proibito in Italia dal 1978.
“Il suolo sano e ricco di biodiversità offre riparo a vertebrati, invertebrati,
virus, batteri, funghi, licheni e piante che forniscono una moltitudine di
funzioni e servizi ecosistemici a beneficio di tutti e di tutto. I suoli
ospitano oltre il 25% della biodiversità del nostro pianeta. Più del
40% degli organismi viventi negli ecosistemi terrestri sono associati
direttamente con i suoli, nel corso del loro ciclo di vita. Questa comunità
diversificata di organismi viventi mantiene i suoli sani e fertili, regola molti
processi biologici, chimici e fisici che portano alla produzione di alimenti e
fibre o purifica il suolo e l’acqua. Il rischio è che i pesticidi danneggino la
biodiversità contenuta nel suolo. In un grammo (una quantità contenuta in
un solo cucchiaio) di terreno fertile ci sono fino a un miliardo di cellule
batteriche, 200 metri di ife fungine, e una vasta gamma di organismi
animali, come nematodi, vermi, insetti, che lo rendono vivo e fertile”,
spiega Lorenzo Ciccarese, esperto Ispra.
Solo un suolo fertile può assicurare l’importantissimo servizio di
assorbimento dell’anidride carbonica dall’atmosfera: l’Ipcc (il panel
scientifico delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici) calcola
che il suolo sequestra il 30% di anidride carbonica che noi
produciamo. L’uso intensivo dei campi agricoli, insieme al consumo di
suolo a favore di infrastrutture e del tessuto urbano, ne sta già
compromettendo la tutela e la preservazione.
Capitolo a parte riguarda il rame, un fungicida che gli agricoltori usano da
secoli e che è consentito anche nel biologico. Le analisi ne hanno
evidenziato la presenza in tutti i 24 campi analizzati. In quasi la metà dei
casi, 5 su 12, ce n’era una quantità significativamente maggiore nelle
aziende convenzionali; in 4 casi su 12 c’è una equivalenza tra bio e
convenzionale e solo in 3 casi su 12 il rame nei campi biologici prevale
significativamente sull’analogo convenzionale.

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