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Permettete…..un dubbio!?!

Settembre 29
09:25 2009

Ogni qual volta ci si trova a parlare della politica italiana non si può incorrere di inciampare nel governo, l’opposizione o gli organi istituzionali. Escludere uno di questi soggetti, in un ampio discorso politico, significherebbe parlare di aria fritta. Pur nella sua stranezza questo è quanto viene chiesto: aria fritta. L’espressione di un’idea-opinione, l’esposizione di domande ed interrogazioni sono considerate un ostacolo allo sviluppo della nazione, se non peggio. Uno dei più grandi editori italiani, proprietario di decine di giornali e riviste che vivono sul gossip, scandali sociali, intrusione nella vita privata di svariati cittadini, chiede il rispetto della propria privacy. Gli altri, su cui basa la propria capacità imprenditoriale, cosa sono: libertà di stampa? Per uno strano scherzo della vita, il Presidente del Consiglio dichiara: “Povera Italia con questa informazione che pubblica tutto il contrario della realtà”. Questo afferma colui che controlla il 50% dei giornali italiani, la metà delle reti televisive italiane (quindi i telegiornali). Che sia questo il motivo per cui vengono date notizie false e contrarie alla realtà? Negli ultimi mesi su ordine o auspicio personale del premier sono stati cambiati una ventina di direttori fra TV e giornali, anche e principalmente nelle reti pubbliche o giornali indipendenti. Il nuovo direttore del TG1 dichiara: “Gli scandali del Presidente del Consiglio non sono notizie ma pettegolezzi, noi non le racconteremo”. È il primo direttore che se non è censurato, si autocensura. Il Giornale ha un nuovo direttore, Feltri. Non si capisce perché i TG nazionali parlino per due giorni di questo avvicendamento (pubblicità gratuita o ordinata?), e il direttore dichiari: darò nuovo impulso per far grande il Giornale. Dopo una settimana Feltri ed il suo Giornale scatenano una battaglia scandalistica contro il direttore di Avvenire (ritenuto poco filo-berlusconiano), tralasciando la tutela della privacy o lo scandalismo a futili parole. Prontamente la proprietà del giornale (famiglia Berlusconi), per voce diretta del premier, si dissocia, buonisticamente evidenziando la libertà di espressione ed indipendenza della direzione del Giornale. È il via libera per una serie di ipotesi di “giornalismo d’arrembaggio”, terreno preferito scavare o opinare sui personaggi del centro sinistra.
Un dubbio mi assilla da molto tempo, ed è riferito ad un tragico evento. L’Abruzzo. Al mio ricordo, mai come in questo terremoto sono stati richiesti soldi, e tanti ne sono arrivati dai cittadini e da dimostrazioni di solidarietà. Nel corso degli anni ho assistito ha molti eventi catastrofici. Ricordo da ragazzo il Belice del 1968 con tutti i suoi problemi della ricostruzione (qualcuno ancora attuale). Ho presente (per motivi che mi legano a quel territorio) il terremoto del Friuli, 6 maggio 1976, dove dopo dieci anni con solerzia e serietà si è ricostruito quanto era stato distrutto.
Esiste una sostanziale differenza nei due eventi. Uno di natura territoriale l’altro di natura gestionale. Nel Belice si sono abbandonati i paesi per ricostruire altrove, in Friuli si sono ricostruiti i luoghi distrutti. La gestione dei fondi in Friuli è gestita direttamente dagli enti locali, mentre nel Belice è lo Stato e, purtroppo, le infiltrazioni malavitose che gestiscono i fondi e gli appalti. I tempi cambiano, i problemi restano. È espressione degli aquilani e dei paesi colpiti dal sisma, ricostruire le loro città, a cui sono legati per storia e tradizione. Questo prevede un impegno economico da distribuire in un arco di tempo relativamente breve. È indispensabile che risorse ed energie vengano profuse per attivare un piano di ricostruzione dei centri abitati, in pratica attivare l’esperienza del Friuli e, possibilmente, migliorarla. Resta di fatto la richiesta di un sacrificio abitativo momentaneo, indirizzato alle popolazioni, riducendo i disagi verificatisi con l’evento (eliminando tendopoli con strutture più solide già in possesso della Protezione Civile).
“Si stanno realizzando 164 complessi, per un totale di circa 4.500 appartamenti che potranno ospitare circa 18.000 persone. I primi 4 lotti, circa 20 edifici, saranno consegnati entro settembre per 2.500 cittadini aquilani, gli altri saranno conclusi entro la fine dell’anno” (fonte Protezione Civile).
Stiamo costruendo interi quartieri, palazzine di tre piani, con strutture antisismiche di avanguardia, interi paesi con villini, delle vere e proprie lottizzazioni. Cosa significa tutto ciò? Abbandoneremo il centro storico dell’Aquila ed i paesi distrutti al loro destino? Speso il flusso di denaro fresco in nuove costruzioni, come ricostruiremo la storia delle città, considerato il già alto debito pubblico? Se il progetto della ricostruzione diventerà attivo e reale, cosa ne faremo dei 18.000 posti letto e di tutti i quartieri costruiti? Una parte destinata a campus, il resto?
Qualche dubbio si adagia su risposte o domande glissate. La mediaticità televisiva abbattutasi su questo terremoto, ha spesso confuso la notizia con il clamore propagandistico. La chiarezza resta una solida forma di espressione sociale.

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