Perché avviene il collasso delle civiltà
La NASA attraverso il suo organo “Space Flight Center” ha finanziato uno studio, pubblicato il 19 marzo scorso, sulle dinamiche delle società. La conclusione è che lo stress ecologico e le elevate differenze economico-sociali portano al collasso delle civiltà. Lo stress ecologico si ha quando si fa un uso non sostenibile delle risorse naturali, mentre le elevate differenze economico-sociali si hanno quando si lascia che la ricchezza si concentri su un numero sempre più piccolo di ricchi, a fronte di una massa crescente di persone che si impoverisce.
Secondo questo rapporto, dunque, quando le risorse non saranno più sufficienti per tutti, anche a causa dell’insensato consumo del territorio, si avrà un drammatico impoverimento della popolazione, che porterà prima ad una fortissima riduzione del numero di abitanti e poi ad un regresso delle conoscenze e delle capacità tecniche. Un processo, questo, che sta subendo un’improvvisa accelerazione per gli effetti sul clima dovuti ai disboscamenti, alla cementificazione ed alle emissioni nell’atmosfera di gas serra. Sarà possibile correggere in tempo questo percorso? Si intuisce che si deve evitare il supersfruttamento della natura per riportarlo ad un livello ecosostenibile, ma le élite non affrontano questo problema perché la ricchezza accumulata non fa loro percepire i pericoli incombenti. I ricchi così continuano a far affari finché è possibile sfruttare le risorse disponibili, delegando ad altri il problema di una più equa distribuzione della ricchezza prodotta, oppure della riduzione della popolazione.
Vero è che oggi constatiamo di trovarci di fronte ad una crisi economica di portata internazionale che viene affrontata, dove più dove meno, con le seguenti modalità: 1) riducendo il welfare, cioè le protezioni statali per i cittadini. I diritti dei lavoratori faticosamente conquistati vengono via via ridotti, con sempre minore tutele per chi si ammala, per chi va in maternità e senza garanzia di una futura pensione adeguata; 2) abituando le persone a guadagnare di meno e ad accettare la crescente sperequazione con rapporti di lavoro più precari e flessibili; 3) svendendo i beni pubblici e privatizzando i servizi che lo Stato non riesce più a garantire ai cittadini (anche a causa delle truffe a danno dello Stato); 4) svuotando di funzioni il ruolo dei soprintendenti che per Renzi «costituiscono una delle più brutte parole di tutto il vocabolario della burocrazia», perché considerati fattore di ostacolo allo sviluppo economico. In realtà oggi i soprintendenti sono gli unici a mettere un freno alla speculazione selvaggia, nonostante siano costretti a lavorare senza mezzi e con stipendi da fame. Ma se dovesse venire meno la tutela del patrimonio naturalistico, storico, archeologico ed artistico verrebbe meno l’idea stessa di Nazione civile. Per fortuna l’attuale premier non è tra quelli che «quando sentono parlare di cultura mettono mano alla pistola!» Tutto questo, mentre si fa poco in Italia per sconfiggere la corruzione e l’evasione fiscale che tanto fanno aumentare il debito pubblico: a dir poco di 200 miliardi di euro ogni anno. È un problema? Sì, perché la norma del fiscal compact (messa in Costituzione dal governo Monti) prevede l’obbligo di raggiungere la parità di bilancio tra entrate e uscite. E non importa se corrotti ed evasori si arricchiscono illecitamente facendo aumentare il debito pubblico, determinando maggiore spesa i primi e minori entrate i secondi. Importa che la massa dei contribuenti ripiani il debito, con la conseguenza che l’austerità dei bilanci dello Stato finisce per essere pagata da chi ha sempre pagato. C’è da chiedersi, tuttavia, come mai l’Italia è il Paese europeo con maggiore corruzione ed evasione fiscale da un lato e il minor numero di detenuti nelle carceri per questi reati dall’altro lato. Sarà perché il male della nostra società è che si vuole la libertà assoluta senza assunzione di responsabilità, che per i nostri politici equivale ad eterna immunità?
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