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PER UNA SCUOLA MODELLO STE(A)M

PER UNA SCUOLA MODELLO STE(A)M
Maggio 31
13:49 2021

Confortati dal dibattito politico che si sta sviluppando sul soggetto STE(A)M, Velletri 2030 torna volentieri a trattare l’argomento del modello scolastico STE(A)M, argomento trattato da Velletri 2030 in più occasioni, anche recenti (Velletri2030 News ne ha parlato il 2 Maggio e 11 Maggio). Ormai tutti i media e gli organi governativi ne parlano giornalmente.

E’ di questi giorni l’allarme della Corte dei Conti “mancano i laureati in discipline STEM (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica) e questo incide negativamente sul tasso di occupazione”.

Nella mattina del 19 maggio il Ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi è intervenuto in Parlamento a riferire sulla questione dell’infanzia e dell’adolescenza, specie in relazione alla pandemia. Grande rilevanza, nel discorso del Ministro, hanno assunto le competenze STEM.  “In questa esondazione informativa noi dobbiamo dare ai nostri ragazzi più strumenti: ecco perché le STEM” afferma il Ministro. “Ma vanno viste nel modo giusto: non significa fare un’ora in più di matematica. Significa acquisire un nuovo modo di vedere le cose. Il bambino e la bambina devono crescere avendo strumenti che gli permettano di conoscere la complessità. Le STEM non sono un’estensione del tempo dedicato a materie essenziali, ma sono quella impalcatura intellettuale che permette di affrontare le situazioni di difficoltà. Il che non significa che venga meno l’importanza dell’impostazione classica della nostra scuola”. E continua: “Dobbiamo uscire dalle gabbie del novecento dove tutto era frazionato, specie alla scuola superiore”.

Sul sito web del Ministero dell’Istruzione, sezione Scuola Digitale, alla voce Spazi e Strumenti Digitali per le STEM si legge “Il Ministero dell’Istruzione intende promuovere la realizzazione di spazi laboratoriali e la dotazione di strumenti digitali idonei a sostenere l’apprendimento curricolare e l’insegnamento delle discipline STEM da parte delle scuole”. Analogamente per le STEAM abbiamo “Avviso pubblico per la raccolta di manifestazioni di interessse per progetti di sperimentazione di metodologie didattiche innovative nell’ambito delle STEAM con l’utilizzo delle tecnologie digitali”. In entrambi i casi la scadenza per presentare i progetti è il 15 Giugno, 2021.

Quali le proposte per il futuro della scuola oggi? Ripartendo dalle parole del Ministro Patrizio Bianchi, cerchiamo di capire come impostare una scuola che sappia rispondere alle aspettative della Società in cui viviamo. L’accelerazione dei cambiamenti dell’epoca in cui viviamo rende difficile per il sistema scolastico restare al passo. Comprendere dove queste evoluzioni possano portarci è indispensabile per impostare un dibattito che immagini l’istruzione dei prossimi venti o trent’anni. Per affrontare questo tema, prendiamo spunto da un lavoro di Roberto Paura, The Italian Institute for the Future, dal titolo “Dieci domande sul futuro della scuola” pubblicato recentemente sul sito web Futuranetwork. Di seguito le dieci domande con un accenno alle possibili risposte, così come suggerite dal lavoro di Roberto Paura.

La qualità dell’apprendimento sta davvero peggiorando in Italia? E se sì, perché e cosa possiamo fare per invertire la tendenza? Da quando esistono strumenti internazionali di misurazione delle competenze, l’Italia non si è mai dimostrata particolarmente competitiva. I dati Ocse-Pisa 2018 per l’Italia mostrano che il 24% degli studenti di 15 anni non raggiunge le competenze minime in matematica, il 26% in scienze e il 23% in lettura. Queste percentuali sono in crescita dal 2015 in tutti gli ambiti. Gli studenti italiani sono in fondo alla classifica Ocse sulle task-based skills (la capacità di adattare e utilizzare competenze specifiche a seconda del lavoro da svolgere). Sono penultimi nelle materie scientifiche, competenze di contabilità e marketing, terzultimi in gestione e comunicazione, quartultimi in competenze informatiche. 

 A cosa si deve il perdurare del digital divide anche nelle nuove generazioni?  Durante la crisi del Covid, l’utilizzo della didattica a distanza ha dimostrato un divario tra gli scenari ministeriali, che da anni si pongono l’obiettivo di rendere la scuola italiana all’altezza delle sfide tecnologiche, e la realtà quotidiana: oltre al problema dell’effettiva disponibilità di device (circa il 20% degli studenti nel Mezzogiorno ne era sprovvista), secondo l’Istat solo il 30,2% degli studenti impegnati nella didattica a distanza disponeva di competenze digitali alte, contro due terzi con competenze base o di base e un 3% di analfabeti digitali. Inoltre, nel 47% dei casi gli studenti italiani dichiarano di non aver appreso nulla, di ciò che sanno sulle nuove tecnologie, dalla scuola. 

Quale strategia educativa va messa in campo, nei prossimi dieci anni, per coprire il mismatch tra competenze apprese a scuola e competenze richieste oggi e in futuro dal mercato del lavoro? L’attenzione al problema del digitale si lega al fatto che l’accelerazione del progresso tecnologico sta producendo come risultato la rapida scomparsa di numerosi posti di lavoro di tipo tradizionale e la nascita di nuove professioni ad alta qualificazione, per le quali le competenze acquisite nel percorso scolastico sono in genere del tutto inadeguate. Secondo il World economic forum il 60% dei lavori del futuro non esistono ancora e il 40% dei bambini che oggi frequentano l’asilo ricorrerà da adulto all’autoimpiego per il proprio reddito. 

È possibile, nell’era dei MOOC (Massive Open Online Courses), considerare la didattica a distanza il futuro dell’insegnamento superiore? La didattica a distanza ha fatto riesplodere il tema dei MOOC, che hanno ottenuto enorme popolarità negli ultimi anni, al punto che alcuni osservatori hanno predetto la possibilità che sostituiscano gli insegnamenti tradizionali in modo analogo a quanto le tecnologie digitali hanno fatto con le agenzie di viaggio o gli operatori telefonici. Queste previsioni finora non si sono avverate, ma di fronte all’esigenza di passare all’insegnamento online durante la crisi del Covid, molte università potrebbero perdere iscritti a favore dei MOOC e di sistemi di formazione a distanza molto più avanzati di quelli che oggi le università tradizionali sono in grado di offrire. I dati dell’ultimo anno mostrano una nuova crescita dei progetti Mooc in tutto il mondo in termini di iscritti.  

Può essere utile puntare sul gaming e sulla realtà virtuale e aumentata per creare ambienti educativi più in linea con il mindset delle nuove generazioni? Il modello di apprendimento del learning by doing potrebbe trovare profitto dall’impiego di simulazioni didattiche in grado di potenziare l’apprendimento di determinate materie con profitto, soprattutto nei più giovani, abituati all’esperienza del gaming. Il ministero dell’Istruzione raccomanda l’uso di ambienti immersivi 3D con attività ludiche integrate e sono già attive molte organizzazioni, come “Immersive education” (che ha partnership con Mit, Nasa, Harvard e Boston College) per sviluppare strumenti di gamification con realtà virtuale e aumentata. In Italia Game@School ha coinvolto nella sua prima edizione 250 studenti e oltre cento docenti, per la realizzazione di una demo per la valorizzazione della didattica attraverso la gamification.

Quali vantaggi potrebbero derivare dall’introduzione dell’Intelligenza Artificiale nei sistemi d’istruzione scolastici? La strategia italiana per l’Intelligenza artificiale definisce prioritario lo sviluppo di competenze digitali anche attraverso l’adozione della IA come metodo educativo e di insegnamento (per es. sviluppo del pensiero computazionale, approccio problem-solving, trasversalità dell’applicazione delle competenze). In Nuova Zelanda sono state effettuate sperimentazioni con una IA dal volto umano nell’ambito del “progetto Will” per l’insegnamento della sostenibilità ambientale, attraverso interazione con device multimediali degli studenti, domande e risposte, personalizzazione dei contenuti.

Qual è il trade-off tra rischi e vantaggi nell’esposizione digitale sulla formazione dei giovani? Un futuro sempre più digitale desta dunque più di una preoccupazione. Secondo dati citati nella lettera aperta ad Apple da parte di due grandi azionisti sui rischi della generazione always-on, chi è esposto ai media digitali per più di 5 ore al giorno sembrerebbe avere il 71% di possibilità in più di pulsioni al suicidio di chi ha un’esposizione di una sola ora e il 51% di probabilità in più di dormire meno di 7 ore per notte. Il 67% dei docenti USA ha registrato un aumento della distrazione, dei problemi emotivi e sociali degli studenti. Al tempo stesso, tuttavia, alcune ricerche mostrano che uno studente in media conserva il 25-60% delle informazioni se somministrate attraverso apprendimento online rispetto all’8-10% dell’apprendimento in classe, probabilmente perché le nuove generazioni sono più predisposte ad acquisire velocemente informazioni online.

 Quali sono i rischi dell’ingresso dei cosiddetti tech-titani nel mondo dell’istruzione? Se le professioni del futuro a cui la scuola dovrà formare saranno sempre più quelle che gravitano intorno ai grandi giganti tecnologici, sorge un altro dubbio: non sarà che per i tech-titani la scuola è ormai un concetto superato? Di recente ha fatto discutere l’annuncio di Google di un corso professionale di sei mesi alternativo all’università per entrare subito a lavorare nelle professioni digitali. D’altro canto già da anni nella Silicon Valley un fondo del venture capitalist Peter Thiel offre 100mila dollari a studenti meritevoli per lasciare l’università e creare da subito una start-up. 

Bisogna ripensare completamente il modo di stare a scuola per migliorare l’apprendimento delle nuove generazioni? Se sì, in che modo? L’alternativa a un modello di istruzione completamente schiacciato sulle competenze professionali è un modello che invece promuova competenze più trasversali. Da tempo si guarda, per esempio, al sistema finlandese, come possibile modello educativo per il futuro. In Finlandia non esistono esami nazionali standard né sistemi di voto standardizzati per effettuare comparazioni tra studenti (il ministero si occupa di monitorare i progressi complessivi attraverso campioni rappresentativi scelti a caso), la scuola inizia a sette anni ed è obbligatoria solo fino a 16 per conservare la volontarietà dell’istruzione superiore. Gli studenti finlandesi ricevono meno compiti per casa di qualsiasi altro sistema scolastico nel mondo (mediamente ½ ora al giorno), iniziano i corsi alle 9-9.30 in base al principio che prima delle 9 le capacità di apprendimento non sono ottimizzate, e completano i corsi entro le 14-14.30. Gli intervalli di 10-15 minuti sono inframezzati più volte nel corso della giornata. 

Come possiamo adattare il sistema educativo nazionale al calo demografico previsto nei prossimi dieci anni? l’Italia è il paese europeo con il più drammatico calo della fascia d’età 3-18 anni in Europa. Nel 2028 secondo l’Istat avremo perso un milione di persone in questa fascia rispetto ai dati 2018. I cali nelle scuole primarie raggiungeranno il 20% in Campania e 24% in Sardegna, ma in media saranno di oltre il 15% secondo le stime di Fondazione Agnelli. Ciò si tradurrà in oltre 50.000 posti in meno nell’insegnamento in tutti gli ordini e gradi. A soffrirne, secondo Fondazione Agnelli, sarà il rinnovamento del corpo docente e l’innovazione didattica. Quali strategie andranno adottate?

Una bella sfida per tutti gli adulti di oggi che hanno la responsabilità di formare gli adulti di domani.

Sandro Bologna
Presidente Velletri2030
https://www.velletri2030.it
https://www.facebook.com/velletri2030/

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