Per affrontare la crisi
Chi non ha letto tra le righe di autori noti parlare della Sicilia? Certo è stato scritto molto più sulla mafia, poi sull’arte e sulla cultura del suo popolo. Citando i nomi più illustri, Giovanni Verga offre un repertorio fondamentale riguardo la mentalità siciliana. Leggendo alcune sue opere, come i Malavoglia, si può intraprendere un viaggio simbolico nella cultura familiare, gerarchica e amoroso-affettiva di un popolo, quello siciliano, legato tenacemente ai suoi valori. Questo romanzo letto ai nostri tempi, in una società del consumo in cui gli oggetti non hanno più valore così come gli affetti, ci offre un esempio e un insegnamento riguardo a quelli che Verga considera i veri valori della vita.
Lo scrittore descrive i siciliani molto legati alla “roba”, alle loro cose, così come alla famiglia. Oggi siamo abituati a sostituire frequentemente gli oggetti con altri nuovi, più alla moda e, in particolare, gli strumenti informatici e di comunicazione, che si perfezionano di giorno in giorno, cercando sempre l’ultimo modello. Lo stesso atteggiamento riguarda il campo affettivo. Nei Malavoglia vi è un messaggio molto più profondo di quello dell’attaccamento alla “roba”: il valore della famiglia. Ai giorni nostri la famiglia è ormai frantumata. Ii genitori sono separati, i giovani preferiscono convivere e manifestano una certa “allergia” alla famiglia, gli anziani rimangono soli, spesso affidati a badanti straniere che, molte volte, riescono a entrare nella loro solitudine e a impossessarsi di quanto hanno, addirittura facendosi sposare nonostante i molti anni di differenza. Gli anziani, oggi sono visti come un impegno che opprime la propria libertà. Nel romanzo di Verga, invece, si ha una visione del tutto opposta. La famiglia ha una gerarchia e vive unita. Ognuno ha la propria funzione, come le dita di una mano, diceva Verga, dal dito più piccolo al più grande, tutti uniti per affrontare la vita. Padron’ Toni è il protagonista del romanzo, una sorta di eroe biblico, un Mosè capace di guidare il suo popolo. Un uomo portavoce di antica sapienza, nelle sembianze del saggio che guida e orienta gli altri membri della famiglia, con ferma lucidità dettata da chi con l’esperienza conosce i misteri della vita e sa dissolvere lo scompiglio negli animi agitati. Come un navigatore che riesce a salvare una barca da un naufragio solo placando la tempesta nel cuore del navigatore. Al giorno d’oggi le famiglie hanno perso le loro guide, non sapendo di perdere così la rotta. Chi, se non gli anziani, può aiutarci a superare la crisi? Giorni fa parlavo al telefono con una cara amica che ha circa cinquant’anni più di me. Mi raccontava di voler vendere la casa in campagna, pur sacrificando un caro ricordo affettivo, perché il figlio è rimasto senza lavoro. «Siamo ritornati al tempo della guerra, mio figlio non ha più i soldi per comprare il latte alla bambina! Chi, se non noi che abbiamo visto la guerra, può sapere come trovare la forza!», si sfogava al telefono. Ecco un esempio di famiglia rimasta unita, con gli anziani saggi, pronti a rimboccarsi le maniche anche quando sono sfiniti dalla vita e vorrebbero godere i loro ricordi mentre sono costretti a marciare ancora, per sostenere i loro cari. Solo loro possono insegnarci a superare le avversità con l’essenziale «pane amore e fantasia», direbbe qualcuno! Sembra di vedere la tipica scena milanese, quando si ferma un tram, uno di quelli nuovi, appena fabbricati, che per un problema non riesce a terminare la corsa e arriva in soccorso il vecchio locomotore degli anni Trenta che lo aggancia e lo trascina in deposito per le riparazioni.
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