Pensieri estivi
Ripenso a quando, da bambino, giocavo a Collevecchio. Un nostro vicino, amico di mio nonno, mi offriva sempre dei dolci appena sfornati dalla moglie. Era un uomo alto e tarchiato, largo quasi quanto era alto, ma muscoloso e sano. Indossava spesso uno stretto gilet sulla camicia e un paio di ampi pantaloni. Forse allora non avrà avuto più di quaranta anni, ma il lavoro dei campi lo aveva invecchiato, come dimostravano le rughe profonde e la pella ruvida sul suo volto robusto.
Penso al lavoro. Ho lavorato in una direzione per venti anni. Poi sono stato trasferito in un altro ufficio. Da dieci. Dal momento che il dirigente del mio vecchio ufficio era andato in pensione due anni prima, era stato mandato un reggente, una sostituta temporanea. Qualcuno aveva mormorato che avrei dovuto prendere io quel posto, ma so che non sarebbe mai potuto accadere. Forse agli occhi di chi comanda appaio come una mina vagante. O forse non ho sponsor. Inoltre non desidero trovarli. L’attuale reggente è fredda e distaccata. Una donna ambiziosa che ha fatto carriera grazie a piani per le promozioni accelerate, corsi di informatica e, secondo alcuni, anche grazie alla politica delle conoscenze. Mi rammento che proprio di questo ho parlato ieri con un giovane collega. Uno che viene preso sempre in giro senza alcuna pietà. Hanno una vena maligna gli altri miei colleghi. Sarà probabilmente per il suo look. Ieri, per esempio. Indossava una giacca di velluto a coste verde bottiglia, con le toppe di pelle sui gomiti e un paio di pantaloni marroni un tantino consumati, sempre di velluto, nonostante il caldo. Aveva la cravatta annodata male e il colletto della camicia ripiegato all’insù dalla parte destra. Dal taschino della giacca spuntava una sfilza di penne e matite. Sul volto il colorito terreo proprio di chi non passa molto tempo all’aria aperta.
Mi siedo su una panchina. Dal vicino bar arrivano le notizie del radiogiornale. Sta parlando Pierferdi. “Ho chiesto il voto agli elettori per il centrodestra e per me questo è un dato sacro. Ma farò tutto il possibile perché il centrodestra cambi la leadership di Silvio Berlusconi”. È determinato Pier Ferdinando Casini durante questa intervista su GR1. L’ex presidente della Camera sta sottolineando che “il ruolo dell’Udc è alternativo alla sinistra. Il Partito Democratico si rivolge ad un’altra casa, a quella del socialismo europeo. Noi abbiamo fatto una scelta ben diversa”.
In questo momento a Casini stanno chiedendo cosa pensi della teoria di Francesco Rutelli di sostituire l’ala radicale del governo con l’Udc. “Non credo che Rutelli – risponde – sia così sprovveduto da sbagliare i numeri. In realtà, i nostri parlamentari non sarebbero sufficienti a sostituire quelli della sinistra radicale”. E ancora sulla leadership di Berlusconi del centrodestra, Casini sottolinea che “sono in molti a non volerla”.
Il leader dell’Udc garantisce che il suo obiettivo immediato non è quello di un governo di unità nazionale, bensì costruire due partiti alternativi moderati, uno di centrodestra, l’altro di centrosinistra che possono anche collaborare in fasi difficili. Bene. La penso così anch’io. Che dite? State cominciando a trovare il tutto un po’ campato in aria? Tranquilli. Ho quasi terminato. Manca solo qualche frase. Ho una vecchia Opel Corsa. È davvero ora di comprare un’auto nuova, lo so, ma ultimamente non ho avuto il tempo né i soldi per farlo. Presto ne comprerò una nuova,, ma, per il momento, l’Opel continua a portarmi dovunque voglia andare.
Oggi, vicino al porto, c’è una improvvisata vendita dell’usato, dove noto persone indecise se comprare o meno telefoni cellulari poco affidabili a pochi euro. Anche cartucce d’inchiostro di dubbio funzionamento a cinquanta centesimi.
Si sono fatte le nove e mezzo. Ritorno verso casa. Arrivo al mercato dell’Appagliatore. Offre verdure coltivate nelle zona di Maccarese, formaggi tipici della campagna romana come il pecorino, carni di vitello e di maiale biologici. Ho sempre pensato che tutti i vitelli e i maiali fossero biologici – per non parlare del vino, della frutta e della verdura – prima che Simonetta mi spiegasse che in realtà si intendeva allevati biologicamente, ossia senza fare uso di pesticidi o prodotti chimici. Mi chiedo: perché non dicono così, allora?
Devo pensare a cosa farò da grande: e dovrà essere qualcosa che ne valga la pena. Beh, scrivere vale la pena, no? Se lo si fa seriamente. Anche perché in ufficio, negli ultimi tempi, ci sono state volte che riflettendo sulle cose che faccio mi si è quasi accapponata la pelle: ho provato un vero odio per me stesso. Tu, che mi stai leggendo, devi sapere che lavorare in questo modo…non ti fa sentire esattamente a posto con te stesso, te l’assicuro. A peggiorare le cose, il caffè bevuto a un bar vicino al porto ha cominciato ben presto a comprimermi la vescica. Giungo a una decisione: bisogna ritornare a casa. Intanto sudo. Mi asciugo il viso con un fazzoletto. Incontro mio figlio Gabriele.
“Oh, grande, papà! Allora sei a spasso pure tu”.
“Sembrerebbe di sì” replico
“Potevi dirmelo, saremmo usciti insieme”.
“Quando sono uscito, tu dormivi” rispondo.
“Ok, papà. Adesso però devo andare, ciao”.
E se ne va.
Incontro un amico.
“Che ci fai qui?” dice.
“Passeggiavo. Tu?”
“Abito qui vicino. Da qualche mese”. “Dai, vieni, ti prego. È sempre bello vederti” dice, invitandomi a salire a casa sua. Insiste.
Ancora confuso, mi limito a dire di sì e rimango lì impalato, mentre lui mi fa strada. Poi mi incammino anch’io verso di lui. Arriviamo. Mi fa cenno di entrare in casa. Entro.
“Posso offriti qualcosa?”.
Controllo l’orologio. “Tra poco devo raggiungere mia moglie, ma prima possiamo prenderci un caffè”.
“Bene. Il caffè è perfetto” replica. “Vieni, andiamo in veranda”.
“In veranda? Perfetto” rispondo.
“Le verande sono luoghi rilassanti. Sono una sorta di rifugio in cui estraniarsi dal mondo reale” dice.
Dopo un po’ rientriamo.
“Hai una bella casa” dico, mentre mi siedo su una poltrona a fiori con il coprischienale di pizzo.
“Grazie” risponde con un sorriso. Un orologio ticchetta sulla mensola del caminetto, accanto a una fotografia racchiusa in una cornice. Le dieci e venticinque. Nella foto, che sembra essere scattata in montagna, ci sono lui e sua moglie. È un uomo duro, tutto d’un pezzo, uno della vecchia guardia, che si sta avvicinando in fretta al pensionamento. Ha i capelli grigi, tagliati a spazzola in modo austero, i lineamenti marcati, squadrati e negli occhi socchiusi un luccichio che intimorisce. La gente dice che non abbia il senso dell’umorismo, ma io, che lo conosce bene, sono certo che sia un bravo uomo.
Mi dice: “I vescovi italiani sono favorevoli ad una legge che tuteli la libertà religiosa, ma tale legge non può mettere sullo stesso piano della Chiesa cattolica sette o movimenti religiosi che suscitano allarme sociale; né il matrimonio cattolico può essere equiparato a quello di altre religioni, come l’islam, che prevedono anche la poligamia”.
“Certo” rispondo.
“Difatti alla Chiesa cattolica non piace la proposta di legge che introduce il principio della laicità addirittura quale fondamento della legge sulla libertà religiosa, poiché è un’affermazione forzata, in quanto, secondo pronunciamenti della Corte Costituzionale, è la libertà religiosa a concorrere a strutturare il principio di laicità” specifica.
“Giusto, faccio io, infatti, a differenza della Chiesa cattolica, ebrei e protestanti hanno manifestato la loro soddisfazione per il nuovo testo che difende la laicità dello Stato ed equipara sostanzialmente le diverse religioni tra di loro. Anche le organizzazioni musulmane che fanno parte della Consulta per l’Islam si sono mostrate piuttosto favorevoli, pur esprimendo qualche riserva sulla creazione di un albo dei ministri del culto” aggiungo.
“Hai ragione, Mario” osserva lui. ” So per certo che la Chiesa critica apertamente molti punti della proposta di legge a partire dai paragrafi sul matrimonio, dato che nella tradizione giuridica italiana si vede specificato il riconoscimento della derivazione degli effetti civili dal matrimonio cattolico. In questo testo di legge questo aspetto del matrimonio cattolico viene assunto come paradigma di tutti i matrimoni, passaggio che non ci è rispettoso della religione cattolica”.
“Spiegati meglio” dico.
Allora lui esclama a gran voce
“Mentre prima il rito celebrato dalle confessioni non cattoliche veniva considerato un matrimonio civile celebrato in forma speciale, con il nuovo testo di legge ogni tipo di nozze religiose finisce per equivalersi anche negli effetti civili”.
Si interrompe un attimo per bere.
“Ciò rischia di divenire problematico per le unioni consacrate da fedi, come quella musulmana, che prevedono forme di poligamia. Non si possono riconoscere effetti civili a questi matrimoni senza un approfondimento di tali implicazioni” conferma.
Vedendomi interessato, mi avverte che “anche l’intenzione di istituire un registro delle confessioni religiose presenti in Italia, a prescindere da chi ha un concordato o meno un’intesa con lo Stato e chi non ne ha, suscita seria preoccupazione tra i vescovi cattolici, perché si tratta di una novità, i cui esiti, per quel che si può prevedere al momento, potrebbero comportare un rischio di omologazione tra realtà religiose che rimangono invece fortemente differenziate. Ciò vale anche per l’accesso ai programmi televisivi o ai fini della destinazione del 5 per mille. L’esigenza di favorire l’integrazione di nuovi gruppi e quindi la pacifica convivenza non deve tradursi in forme di ingiustificato cedimento di fronte a dottrine o pratiche che suscitano allarme sociale e che contrastano con principi irrinunciabili della nostra civiltà giuridica”, conclude.
“Appunto” commento.
Con una smorfia guardo fuori dalla finestra. Sembra che sto rimuginando su quello che il mio amico ha appena detto.
“Così pare” replico. “L’unica soluzione sarebbe cambiare governo. Con Casini come premier. Questa è la mia opinione, almeno”.
“Credo che tu abbia ragione” dice. “E questa non è l’unica cosa che non mi piace di questo Governo. A volte sembra proprio che facciano cose sgradevoli come questa proposta di legge…anche in questo caso si poteva evitare, secondo me…già, non dobbiamo trarne piacere” osserva.
“Non capisco. Che vuoi dire?” gli chiedo.
“Hai ragione, Mario. Non spetta a noi giudicare. Comunque, quello che voglio dire è che le cose potrebbero andare meglio” ipotizza.
Lo guardo con aria perplessa
“Bè, e noi del resto cosa potremmo fare di preciso? Solo parlarne in giro. Per quello che può servire, poi” ribatto.
“Direi di sì” replica.
“Che facciamo noi, nel frattempo?” dico.
“Non lo so” risponde.
“Abbiamo avuto Governi peggiori ma, abbiamo elementi sufficienti per dire a occhio e croce, che questo Governo ha fatto il suo tempo” replico.
Lui scoppia a ridere.
“Non ti preoccupare, Mario. Beviamo una vodka fredda. Forse è la cosa migliore”.
“Bè, mi sentirò un po’ meglio dopo aver bevuto” dico distogliendo lo sguardo.
“Mi sembri un tantino sconvolto. Spero che la vodka ti piaccia”
“Certo. Mi piace parecchio. Penso, però, anche ai giovani dei centri sociali, come quelli del Vittorio occupato. Alcuni sono impegnati politicamente e la cosa può sfociare nella violenza se si mettono insieme a tipi sbagliati e ora che i trafficanti privi di scrupolo si sono inseriti nello spaccio della droga c’è un pericolo in più” Molti di loro sono disorientati a come va il mondo e cercano delle risposte. Ma sono tutti di buona famiglia. Perché diavolo vogliono scappare per andare a vivere in luride case occupate e squallidi monolocali?” dico.
“Non ci arrivo proprio” risponde.
“Una via di fuga, magari. Qualcosa di nuovo. Qualcosa di diverso” aggiungo.
“Interessante” commenta.
Mi alzo. Lo saluto.
Uscendo di nuovo nel vento di Ostia penso che in parole povere che non so dove sto andando.
Tutto ciò che so è che devo camminare. Forse dovrei dare un’occhiata al supermercato per vedere se c’è mia moglie.
Comincia a piovere. Ma va! In piena estate! Allora mi volto dalla parte opposta. Mi avvio verso casa sotto la pioggia. Finalmente.
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