Pensieri di Natale
Natale. Penso a mio padre.
A suo parere un buon equilibrio interno significa meno aggressività, più tolleranza, più dialogo, scelte più oculate, e in definitiva una vita più serena per tutti.
Auguri, papà, anche se sono diciassette anni che non ti vedo. Era, infatti, il 1992 quando te ne sei andato. Per sempre. Una brutta malattia.
Natale. Mi viene in mente Blade Runner.
Un film mitico. Rivedo la scena finale sotto la pioggia, in cui il replicante dice a Deckard: “Ho visto cose che non potresti immaginare. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orion. E ho visto i raggi beta balenare al buio vicino alle porte di Tanhauser. E tutti questi momenti andranno perduti, come lacrime nella pioggia”. Straziante.
Natale. Penso a Collevecchio.
Nonno Angelino amava spesso dirmi che a Collevecchio, prima della Grande Guerra, esistevano salotti dove si giocava forte, frequentati dagli uomini più facoltosi del paese. In una notte si potevano vincere o perdere interi patrimoni!
Natale. Penso a Simonetta.
Non so come avesse fatto Simonetta a innamorarsi di me…da giovanissima era così bella che quando le top-model la vedevano si mettevano a piangere.
Natale. Penso al lavoro.
In un ufficio in cui tutti sono capi, io sono l’unico seguace. Qualche anno fa c’era un povero dirigente, impreciso nel lavoro e poco perspicace, molto abile a ingraziarsi quelli da cui voleva qualcosa e arrogante con chi non aveva nulla da offrirgli. Aveva i capelli opachi e l’incarnato pallido di chi non esce mai. È successo ieri mattina.Stavo condividendo un tavolino al bar con Simonetta, e le avevo appena confessato di stare subendo torti in ufficio. Mi aveva fissato con i suoi occhi chiari. Poi, in silenzio, mi aveva sorriso. Poi mi ha baciato sulla bocca, sfiorandomi le labbra con la punta della lingua.
Ha un solo difetto: il suo bicchiere è sempre mezzo vuoto, mai mezzo pieno.
Natale. Penso alla pittura.
Sono fortemente attratto dalla pittura di rottura, che rifiuta il neoclassicismo ottocentesco vetusto e arrogante. Ammiro l’opera coraggiosa dei primi espressionisti e dei secessionisti viennesi. Mi illumino davanti alle scomposizioni cubiste di Cezanne e Picasso, mi esalto con le pennellate di Van Gogh, piango con Munch e le sue angosce dilatate.
Natale. Penso a un vecchio amico.
Ricordo che fosse un buon diavolo e che non avesse mai preso per il collo nessuno, a parte la bottiglia.
Natale. Pensieri vari.
Passi stanchi di casalinghe affannate. Impronte di scarpe da tennis di finti poveri. Tracce di suole che hanno ballato poco e male in tutti i locali di Ostia. Sotto la pioggia siamo tutti uguali, puzziamo alla stessa maniera.
Natale. Leggo il giornale.
Siamo convinti di vivere in un mondo inattaccabile perché possiamo prevedere tutto: il tempo, il missile nemico, il sesso del nascituro. I satelliti fotografano anche la targa della vostra auto e il Grande Orecchio sente anche la nostra telefonata e legge la posta elettronica. Crediamo di aver sconfitto quasi tutto, non temiamo più la vecchiaia, forse stiamo per battere anche la morte. Poi all’improvviso qualcosa ci riporta al passato, ci fa riscoprire la paura, quella grande e vera. Ci sentiamo di colpo indifesi davanti a malattie che sembravano lontanissime, relegate nelle pagine dei libri, nei ricordi d’archivio, nei laboratori delle cose perdute.
Come la meningite.
Sono tre le vittime per meningite in provincia di Treviso e cresce la paura, anche se i medici invitano a mantenere la calma.. La situazione è «sotto controllo» e non c’è alcun motivo per un allarme diffuso. Lo ha affermato il ministro della Salute, Livia Turco riferendosi al focolaio epidemico di meningite in Veneto. ma i casi in Italia non sono solo questi. Un caso di «meningite meningococcica» si è registrato in una scuola di Roma. Un caso di meningite si è registrato anche a Roma: uno studente di 17anni che frequenta il quarto anno di grafica all’Istituto professionale Teresa Confalonieri, è stato ricoverato nei giorni scorsi al Policlinico Umberto I di Roma per meningite ed attualmente è in coma anche se con un lieve miglioramento. A Napoli, un bambino di otto anni è invece ricoverato in prognosi riservata.
Ma ci sono anche notizie gradevoli.
Come questa. Storico voto al Palazzo di vetro. L’Assemblea generale approva la risoluzione che chiede agli stati membri una moratoria universale sulle esecuzioni: 104 sì, 54 no e 29 astenuti. D’Alema: “Prossimo passo l’abolizione”.
Nell’UDC, intanto, Pierferdi striglia le correnti e si mette in “competizione quotidiana” con Berlusconi ma lontano dal Pd. Bocciate ipotesi di divisione, mentre il segretario Cesa invita all’unità, gridando:”Fuori chi non ci sta”.
Nel mezzo del cammin di nostra vita…
…mi ritrovai per una selva oscura…
…che la diritta via era smarrita.
Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne l’etterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
Giustizia mosse il mio alto fattore:
facevi la divina podestate,
la somma sapienza e ‘l primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose create
Se non etterne, e io etterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi ch’intrate.
Io sono al terzo cerchio,
de la piova etterna,
maledetta, fredda e greve;
regola e qualità
mai non l’è nova.
Grandine grossa,
acqua tinta e neve,
per l’aere tenebroso si riversa;
pote la terra che questo riceve.
Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole carinamente latra
Sovra la gente che quivi è sommersa.
“Guarda” mi disse, “le feroci Erini”.
“Quest’è Megera dal sinistro canto…”
“Quella che piange dal destro è Aletto…”
“Tesifone è nel mezzo”.
“Volgiti in dietro e tien lo viso chiuso;
che se il Gorgon si mostra e tu ‘l vedessi
nulla sarebbe del tornar mai suso.”
Così disse il Maestro; ed elli stessi mi volse,
e non si tenne a le mie mani, che non con le sue
ancor non mi chiudessi”.
Come faccio a essere sicuro di non sognare in questo momento?
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