Pelle di minatori: a chi interessa?
Come si vive a settecento metri di profondità ammassati con altri 32 compagni di sventura in cinquanta metri quadri? Cosa si prova a sentirsi seppelliti vivi in un miniera di oro e di rame che era già stata chiusa in passato, l’ultima volta nel 2007 per un incidente in cui era morto un minatore? Che aria si respira là sotto, che si prova a sentire le voci che vengono dal mondo esterno nei fortuiti contatti audio? Cosa si prova a venir ripresi da una telecamera che manda la tua immagine nel mondo per far sapere che stai bene e non ti manca niente, hai le carte da gioco e altri passatempi, hai la bandiera cilena e le statuette dei tuoi santi protettori che ti sono stati mandati insieme agli integratori, medicinali e ossigeno, come primo pensiero per tirarti su il morale? Che sapore ha il cibo speciale per astronauti fornito gentilmente dalla NASA, dopo essersi nutriti per i primi giorni di tonno e latte razionati, calando rapidamente di peso e perdendo energie? Come si vive la condizione di topi in trappola, che se tutto funziona verranno liberati fra diversi mesi, incidenti di percorso permettendo, come quando nel tentativo di scavare un tunnel una delle trivellatrici si è rotta e si è riusciti ad ottenere solo un forellino che si dovrà allargare fino a 60 centimetri per riportare in superficie i minatori? Se ce la faranno a restare vivi. Se ce la faranno a non impazzire. Se ce la faranno a rimanere uomini senza divorarsi tra loro, senza spaccarsi la testa contro l’oro e contro il rame che non potranno più estrarre.
Brutta vita quella del minatore, una vita d’inferno. E ogni tanto si perde anche questa vita d’inferno, fa parte del mestiere. Se tutto va bene questi uomini che dal fondo della terra hanno rassicurato i loro familiari, che si son fatti vedere fiduciosi e pieni di risorse, fra quattro o cinque mesi rivedranno la luce del sole, respireranno di nuovo lo smog, mangeranno cibi caldi e si faranno una doccia. Se tutto va bene, se la tempra del minatore è fatta per resistere a condizioni umanamente impossibili.
Intanto non se ne parla, o se ne parla poco e di sfuggita. Tanto – dice qualcuno – sono bene assistiti e hanno la pelle dura. Pelle di minatori, di poco conto.
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