Paradosso italiano
Nel nostro numero dell’aprile scorso ci era piaciuto ricordare la suggestione mistica e il coinvolgimento popolare alla Passione di Cristo a Sorrento. Il primo maggio siamo di nuovo a Sorrento. Il tempo, imbronciato, non ha rimeritato chi l’ha scelta come meta turistica per questo lungo ponte. Tuttavia, come sempre, i turisti non mancano, sciamano pigri lungo il le viuzze colorate, su cui ogni tanto fa capolino il sole. T-shirts e cappelli di paglia, zoccoli e bermuda degli stranieri si confondono con l’eleganza provinciale da giorno di festa di qualche sorrentina. Napoletani che qui hanno casa e stranieri che per una sola volta contempleranno lo scenario magnifico del golfo si mescolano lungo il corso, fino a Piazza Tasso. Ma chi volesse andare verso la Chiesa del Patrono, Sant’Antonio Abate, trova uno sbarramento di folla, polizia, vigili del fuoco. Anche in questa giornata, primo maggio, Festa del Lavoro, qualcuno lavorava lì, una ditta locale, la Donnarumma, stava montando le luminarie per la domenica successiva, festa del Santo Patrono. Tre uomini sul cestello, indaffarati per la scadenza festiva ormai prossima. Un’attività modesta, che non lascia certo margini faraonici di guadagno. Perciò si lavora anche il primo maggio. E le condizioni di sicurezza? Chi sa… non si può guardare troppo per il sottile. Due signore sorrentine si trovano lì, una sui 50, l’altra 80, una moglie di un funzionario del comune, l’altra la madre. Forse chiacchierano tranquillamente, non guardano la macchina, quando il braccio improvvisamente cede. Il cestello con gli uomini al lavoro precipita, per le due donne non c’è scampo. Bilancio: due morti, tre feriti gravi. Ma perché meravigliarsi di una storia così italiana? Soprattutto in Campania, dove recentissima è la memoria dell’altro incidente a Gragnano, in una fabbrica di fuochi. Spesso, in queste storie i titolari, piccolissimi imprenditori, lasciano la vita insieme ai loro uomini.Piccoli guadagni, grandi rischi, per tutti. Ma leggiamo le conclusioni contenute nel documento finale della seconda Conferenza nazionale Salute e sicurezza sul lavoro, organizzata dal Ministero del Lavoro e svoltasi proprio a Napoli il 25 e 26 gennaio scorso: “ La salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è un tema che certifica il grado di avanzamento civile, sociale, economico e morale di un Paese. La battaglia sulla sicurezza è quindi una battaglia di civiltà perché è inaccettabile che si muoia di lavoro”. E domandiamoci se allo Stato dei proclami non si debba finalmente sostituire lo Stato dell’efficienza, agli enti locali che coi nostri soldi di contribuenti ci regalano grandi eventi e feste di piazza (moderni ‘panem et circenses’) non siano da preferire amministrazioni forse più grigie e meno popolari, ma più attente a formazione e competenza professionale, sicurezza nel lavoro e nella sanità, trasparenza nei bilanci e, in una parola, rispetto della legalità in tutte le forme di contratto sociale. Lasciamo Sorrento con l’amarezza di aver assistito ad un’altra celebrazione, né simbolica, né ecumenica stavolta, ma fatta di dolore e di sangue, silenziosa e individuale, come le tante in cui ogni giorno quell’altra Passione si rinnova.
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