Palazzo Pretorio. Dopo 20 anni, il 12 aprile, la riapertura
Un Museo di straordinari capolavori dal grande ‘400 al Novecento di Soffici e Lipchitz
Dal 12 aprile, dopo quasi 20 anni di “esilio”, le opere della collezione del Museo di Prato tornano a casa, nello splendido Palazzo Pretorio.
La città ritrova così il proprio patrimonio di storia e di bellezza, con le opere di Bernardo Daddi, Giovanni da Milano, Donatello, Filippo e Filippino Lippi, le grandi pale d’altare dipinte ad esempio da Santi di Tito e Alessandro Allori, la gipsoteca di Lorenzo Bartolini.
Il mondo della cultura e del turismo ritrova una meta fondamentale per chi visita la Toscana.
Opere e Palazzo vengono parimenti valorizzate dall’originale allestimento firmato dagli architetti Adolfo Natalini, Piero Guicciardini e Marco Magni che hanno scelto di utilizzare nel percorso allestititivo dei materiali, i tessuti, che sono simbolo di Prato.
Il percorso di visita inizia dal piano terreno del medievale Palazzo, piano dedicato all’accoglienza e ai servizi di sussidio alla visita, guardaroba e bookshop. Ma qui già inizia il percorso, proponendo la conoscenza dell’importante “contenitore”, ovvero del Palazzo e della sua storia. La seconda sala ospita una grande linea del tempo che illustra le date più significative della storia di Prato, dall’insediamento etrusco di Gonfienti fino alla riapertura di Palazzo Pretorio. Nello stesso spazio sono esposte opere e oggetti che raccontano simbolicamente la storia della città e preparano alla visita delle sezioni successive.
Due grandi sale con volte a crociera sono destinate alle mostre temporanee.
La storia delle collezioni apre il percorso museale del primo piano: la prima sala è dedicata alla preziosa reliquia della Sacra Cintola conservata nella cattedrale, con una suggestiva ricostruzione virtuale degli affreschi di Agnolo Gaddi nella cappella della Cintola in Duomo, le tavole di Bernardo Daddi, Agnolo Gaddi e di altri autori del tardo Trecento.
Il grande salone che anticamente ospitava il tribunale oggi accoglie le opere più importanti del Museo: gli splendenti polittici tardogotici, tra cui la grandiosa macchina d’altare di Giovanni da Milano, e i capolavori di Filippo Lippi e dell’Officina Pratese.
Un’altra sala è dedicata a Filippino Lippi, il più grande dei pittori pratesi e ad altri maestri del tardo Quattrocento e del primo Cinquecento, come Botticini, Raffaellino del Garbo e Luca Signorelli. L’ultima sala ospita pregevoli esempi di scultura rinascimentale, tra le quali una mirabile opera di Donatello.
Il primo mezzanino, che si trova tra il primo e il secondo piano, ospita l’aula didattica del Museo e una grande proiezione con la Storia di Palazzo Pretorio.
Il Salone del secondo piano è dedicato ad una selezione di pale di grandi dimensioni dei secoli XVI-XVIII provenienti in prevalenza dalle chiese e dai monasteri della città, tra queste opere del Poppi, di Mario Balassi e di Domenico Ferretti, oltre alle tre bellissime tavole di Santi di Tito e di Alessandro Allori, acquisite dal Museo nel 2012 grazie al lascito testamentario di Angela Riblet.
Le altre sale sono dedicate alla pittura del Cinquecento e del Seicento, con opere, fra gli altri, di Giovan Maria Butteri, Giovan Battista Naldini, Battistello Caracciolo, Cecco Bravo, Mattia Preti e Nicola Malinconico.
Un secondo Mezzanino si trova tra il secondo ed il terzo piano. Qui sono esposte alcune delle opere che fanno parte della collezione Martini, acquisita dal Comune nel 1895 dallo Spedale della Misercordia. La selezione di dipinti, eseguiti tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento, ricrea l’effetto della quadreria settecentesca.
Infine il terzo piano. Qui la prima sala ospita una selezione dei disegni del grande scultore di origini pratesi Lorenzo Bartolini e dei cartoni preparatori del pittore pratese Alessandro Franchi.
Nel grande salone è esposta l’importante raccolta di opere di Bartolini: modelli di sculture, tra cui la Fiducia in Dio, ritratti in marmo e gesso. Vi trova collocazione anche una scelta di dipinti di autori dell’Ottocento, tra cui Von Sturler e i pratesi Luigi Mussini e Antonio Marini. Il Novecento è rappresentato da Ardengo Soffici e dai pittori della Scuola di Prato.
A Jacques Lipchitz è dedicato uno spazio particolare: quattro sculture selezionate dal nucleo di 21 modelli in gesso e 43 disegni donato al Comune nel 2011 dalla Fondazione Lipchitz, illustrano l’intero percorso artistico del grande artista di origine lituane.
Un percorso, quindi lungo una linea ininterrotta che parte dal Rinascimento Pratese, che grazie all’Officina createsi intorno al cantiere del Duomo, anticipò quello fiorentino e sino all’intero Novecento. Con un occhio di naturale riguardo all’arte e agli artisti che a Prato vissero e operano ma, in parallelo una apertura al mondo, com’è testimoniato dal nucleo, unico per importanza in Italia, di sculture e disegni del grande maestro lituano-franco-statunitense Lipchitz.
Il Museo idealmente travalica gli spazi di Palazzo Pretorio per estendersi in tutto il nucleo storico di Prato, dal vicino Duomo, a chiese e Palazzo di una città che è stata grande e che è oggi una città d’arte tutta da riscoprire.
Non ci sono commenti, vuoi farlo tu?
Scrivi un commento