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Palazzo Baronale (o Borghese) di Mentana

Palazzo Baronale (o Borghese) di Mentana
Settembre 01
02:00 2008

La cittadina sorge lungo la via Nomentana, a 24 chilometri da Roma, tra le prime alture dei Colli Sabini, là dove il Tevere entra nella Campagna Romana. È composta di una parte moderna e di un Borgo Medioevale. Il Feudo fu della chiesa fin dal secolo VIII. Passò quindi ai Crescenzi. Fu distrutta dai Normanni nel 1059. Nel 1081 finì ai Monaci di S.Paolo f.l.m.; verso la metà del secolo XIV, andò in enfiteusi ai Capocci. Nel 1304 il Castello risulta rifabbricato. Nel 1401 divenne Feudo degli Orsini.
Fu acquistato, esattamente, da Giacomo Orsini, che però ebbe con Orso Orsini di Monterotondo una serie di scontri giudiziari protrattisi fino al 1424, nel quale ebbe ragione Giacomo, ma Orso non si rassegnò ricorse alle armi, tanto che dovettero intervenire le truppe civiche Romane per poter consegnare il Feudo al legittimo proprietario. Ma il 19 gennaio 1484 un terremoto lungo “un‘Ave Maria” danneggiò Mentana, e poco dopo, nel 1486, il Castello fu distrutto da Roberto Sanseverino, agli ordini di Innocenzo VIII, che con le sue truppe dette l’assalto al paese, nel progetto Pontificio di strappare ai nobili romani i Feudi circostanti Roma. Fu un anno di battaglie e gli Orsini resistettero, ricostruendo l’abitato, che divenne un rifugio anche contro le aspirazioni del successivo Papa, Alessandro VI, deciso ad assegnare le proprietà di Orsini e Colonna ai suoi figli. Il 24 agosto 1503, durante i torbidi che seguirono alla morte di Papa Alessandro VI, vi si rifugiò Fabio Orsini in guerra contro Cesare Borgia. Gli Orsini amministrarono con saggezza il Feudo e Camillo Orsini nel 1552 redasse uno Statuto ispirato al diritto romano misto ad elementi di morale cristiana. Nel 1550, Camillo, fece costruire a sue spese, anche un ospedale con una Cappella della Vergine.
Camillo Orsini è forse la personalità di maggior rilievo della storia di Mentana. Guerriero per vocazione e sperimentato amministratore, prese parte a tutte le vicende che segnarono la prima metà del Cinquecento, distinguendosi, all’epoca del Sacco di Roma (1527), nella difesa della città. Ritiratosi definitivamente a Mentana, toccò il culmine della sua opera amministrativa con la concessione alla città di uno Statuto (1552), il cui testo autografo, sia pure mancante delle prime pagine, è conservato nell’archivio comunale.
Il Feudo fu elevato a Marchesato da Gregorio XIII nel 1579, ma difficoltà finanziarie indussero Flavio e Virginio Orsini, nel 1594, a vendere la tenuta a Michele Peretti, principe di Venafro, della stessa famiglia di Papa Sisto V, per 255.000 scudi. L’atto di vendita fu approvato il 28 aprile 1595 da Clemente VIII. I Peretti non tennero a lungo il possedimento, questa famiglia non riuscì a controllare adeguatamente i problemi legati ai confini territoriali e finì per vendere il Marchesato nel 1655 ai Borghese, che lo inserirono nel loro Principato e mantennero il territorio fino al 1920. Nel 1750 i Principi Borghese distribuirono ai contadini in proprietà una parte notevole delle loro terre restando, tuttavia, i maggiori proprietari di terreno della zona. Si conservano un torrione cilindrico della cinta con a fianco una porta d’accesso al borgo medioevale, un torrione sormontato da un campanile, il quale si unisce ad un tratto delle mura merlate, un’altra torre quadra, con beccatelli e merlatura, sotto la quale è la porta principale di accesso al borgo medioevale, ed infine il Palazzo Baronale, in linee severe, ora sede del comune, eretto sopra un’altissima zoccolatura a bugne e con ampie balconate su poderosi mensoloni, ad angolo con una parte più antica, quattrocentesca, coronata da beccatelli a becco di civetta. Ha una gradinata che termina davanti ad un portale sul quale domina uno scudo ornamentale con due leoni rampanti che reggono con una zampa tre pere e su di esso lo stemma dei Peretti, di Felice Peretti, cardinale di Montalto e poi papa Sisto V. Sul muro tracce dell’incisione dello Statuto cinquecentesco, con l’indicazione di un Latino Orsini, il padre o il figlio di Camillo. Sul lato Est del borgo sono altissime muraglie e torri rotonde. È quanto resta del Castello semidistrutto nel 1486 da Innocenzo VIII in odio agli Orsini.
Bibliografia: (Istit. It. Castelli Lazio – Bonecchi – Rendina – Il Castello IX° / VI° anno)

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