PADRE GIOVENALE, AMICO UCRAINO
Quando ero ragazzina, grande amico di mio padre e naturalmente di tutta la nostra famiglia era un monaco studita, Padre Juvenalij Josyf Mokryckyj: viveva in una casa religiosa sulla Via dei Laghi, vi si accedeva attraverso un grande cancello vista lago. In quegli anni nel convento, in edifici separati, vi erano anche delle suore jugoslave, ricordo ancora i loro nomi, suora Zenobia e suor Eloisia dalle quali spesso compravamo il latte prodotto dalle loro mucche. Talvolta ci donavano dolci tipici: tra questi uno guarnito con semi di papavero… non ci siamo mai addormentati, tranquilli!
Tornando a padre Giovenale, noi semplificando lo chiamavano familiarmente così, spesso veniva a trovarci il pomeriggio, gustava un cappuccino ben schiumato, chiacchierava un po’ con mia madre e i familiari presenti, raccontando un po’ della sua vita, della sua storia, poi si faceva riaccompagnare in convento da papà. Là, nel grande studio artistico – che ho avuto il privilegio di visitare – scriveva le sue icone e capitava frequentemente che papà si fermasse ad ammirarlo in silenzio, mentre applicava su legno massello tele di lino con polvere di gesso e colla, o componeva con tuorlo d’uovo e polvere di minerali i preziosi colori con i quali prendevano vita su sfondo d’oro, sacre figure, attraverso le quali sentirsi in comunione con il Divino. Talvolta insieme si recavano, papà in privilegiata veste di accompagnatore curioso e assetato di conoscenza, all’Abbazia di San Nilo a Grottaferrata o visitavano luoghi ricchi di arte o di storia.
Grande iconista, era nato in Ucraina a Chlopivka il 16 ottobre 1911 ed era entrato nella vita religiosa del monastero studita di Univ nel 1929. Aveva poi completato i suoi studi teologici a Leopoli e Praga e venne ordinato sacerdote il 26 ottobre 1943. Iniziò a studiare iconografia nel monastero di Univ e fu uno dei primi diplomati della scuola iconografica monastica studita sotto la guida del Servo di Dio Metropolita Andrej Szeptyckyj. Continuò i suoi studi artistici a Praga e all’Accademia delle Belle Arti di Vienna. Sue molte icone presenti in diverse chiese, istituzioni e privati in Germania, Roma, Canada. Tornato a Roma nel 1964 lavorò al progetto dell’iconostasi[1] nella Basilica di Santa Sofia in via Boccea per poi tornare in Canada intorno agli anni ‘70.[2]
Nel Sobor[3] di Santa Sofia, l’iconostasi ha un significato spirituale e riassume tutta la storia della salvezza.
Voluto dal Patriarca Josyf Card. Slipyj, il sacro edificio dedicato alla Santa Sapienza (Sancta Sophia), uno dei sette doni dello Spirito Santo, fu consacrato nel settembre del 1969 dal Patriarca stesso e da tutti i vescovi cattolici ucraini. Il 28 settembre, giorno successivo alla consacrazione, Papa Paolo VI vi portò solennemente le reliquie di San Clemente, Papa della Chiesa, completando il rito della consacrazione.
Il Sobor di Santa Sofia è il centro spirituale di tutti i fedeli della Chiesa Cattolica Ucraina, che hanno contribuito alla sua erezione. In essa la Liturgia è celebrata secondo il rito bizantino-ucraino, pur rimanendo in piena comunione con la Chiesa cattolica.[4]
Tornando al Cardinale Slipyj, ucraino anche lui, era nato il 17 febbraio 1892 a Zazdrist, ordinato sacerdote nel 1917, professore e rettore dell’Accademia teologica di Leopoli, fu scienziato e teologo. Arcivescovo nel 1939, diventò Metropolita[5] e capo della Chiesa Cattolica Ucraina nel 1944. L’anno successivo con la repressione staliniana fu arrestato e deportato in Siberia, liberato solo nel 1963 con l’intervento di Papa Giovanni XXIII e il Presidente John F. Kennedy.
Creato Cardinale due anni dopo, fondò l’Università Cattolica Ucraina di Roma, diventando nel ’75 Patriarca di Kiev. [6]
Padre Giovenale era a stretto contatto, quale monaco studita, con il Cardinale Slipyj: una volta gli commissionò una piccola icona della Madre Celeste. Quando gli venne consegnata, ne chiese un’altra facendo intendere che poteva essere, forse, migliorata. Il voto di obbedienza non prevedeva contestazioni e venne accontentato. Nel momento della seconda consegna, il cardinale avrebbe voluto scegliere… ma l’altra Madonnina non era più disponibile: Padre Giovenale l’aveva regalata a mia madre. Di questo grande monaco artista abbiamo una bellissima immagine di Rocca di Papa su una grande fetta di legno di castagno, due piccole icone dipinte su due pagine di legno e due splendidi ritratti dei miei genitori quando erano giovani: li conserviamo con tanto affetto.
Padre Giovenale raccontava che era fuggito dall’Ucraina nel momento della grande repressione sovietica nel suo paese: aveva lasciato i suoi familiari che non avrebbe più rivisto… tranne una.
Ricordo quando in famiglia si raccontava che era riuscito a rintracciare sua sorella in Polonia: le inviava, tra le altre cose, abiti che due generose proprietarie veliterne di un abbigliamento Luisa Spagnoli, amiche di famiglia, gli regalavano. Riuscì a far venire in Italia questa sua sorella, spedendole il denaro ( colletta tra amici, non poteva possedere denaro per il voto di povertà) necessario. Quando si recò a Termini accompagnato da un altro suo amico pittore, attese scendessero tutti dal treno. Con grande apprensione si rese conto che sua sorella non era tra i passeggeri e non riusciva a calmarsi. Il suo accompagnatore, però, gli fece notare che, diradatasi la folla, c’era sulla banchina una donna piangente. La guardò, il nostro monaco, ma escluse da subito potesse trattarsi di sua sorella. Non le somigliava affatto…
Tuttavia, anche grazie all’opera di convincimento del suo amico, si avvicinò poco dopo e, con grande commozione i due fratelli che da oltre quaranta anni non si vedevano si ritrovarono abbracciati tra le lacrime.
La grande gioia le asciugò subito e Padre Giovenale riuscì a vivere per qualche tempo la bellissima sensazione di essere tornato in famiglia, regalando a sua sorella un’inaspettata vacanza.
A questo ho pensato da quando è iniziata questa guerra… ho rivisto l’immagine di questo monaco che da ragazzina salutavo con un bacetto, forse anche mettendolo in imbarazzo, ma noi bambini, figli del suo amico Mario, potevamo… Conosceva tante lingue, le parlava correntemente e le aveva imparate, diceva, semplicemente traducendo libri, come gli aveva ordinato un suo superiore.
Ho piccole cose che mi ha regalato: un libriccino per imparare l’inglese e una piccola spazzolina per abiti a forma di gatto nero; conservato tra i disegni di scuola, un mio ritratto di Giove, corretto “sulle mani di Rita”, e autografato.
Non avrei mai pensato di scrivere anni dopo di lui, in un’occasione così tragica come quella che stiamo vivendo: profughi ucraini che fuggono, bombe che distruggono, mondo in apprensione per questo conflitto che rischia di dilagare in modo esponenziale, innescando una via senza ritorno…
Ancora una volta la tristezza di constatare come gli uomini non apprendano nulla dalla storia…
[1] Parete di icone che divide, nelle chiese di tipo orientale, la zona dell’altare da quella riservata ai fedeli.
[2] Iconostasi nel Sobor di Santa Sofia Roma – Roma 1979 PиM
[3] Chiesa nella quale i cristiani provenienti da vari luoghi si riuniscono in alcune festività particolari
[4] Id.
[5] Nella Chiesa ortodossa, dignitario che occupa un grado intermedio tra il patriarca e gli arcivescovi. (Treccani)
[6] Id.
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