Ossessione sicurezza
La parola “sicurezza” è diventata la chiave per aprire tutte le porte. Dalle elezioni politiche, all’ordinaria esistenza di ogni individuo. Cercata per migliaia di anni da ogni società o agglomerato di persone, ha da sempre individuato in una forma militare-poliziesca, il massimo dell’espressione. Eppure la società civile dovrebbe basare la “sicurezza” in altre forme. Rispetto, istruzione, regole condivise, dignità sociale, uguaglianza, legalità, e qualsiasi forma che caratterizzi il riconoscimento della dignità della famiglia Umana. Qualcuno, in Italia, intende discutere la sicurezza come atto di difesa di un diritto arroccato dietro la nazionalità o l’appartenenza a una determinata etnia. Socialmente rivolta a interessi primari, anche se richiedono di non rispettare la dignità Umana degli altri. In sintesi, siamo pronti a consolidare il nostro benessere, la nostra ricchezza, le nostre necessità, sfruttando e utilizzando qualunque mezzo ci consenta un’agevolezza sociale. Ciò che non è consono alle nostre necessità, diventa sistematicamente condizione di sicurezza. Su questo i nostri politici hanno organizzato la competizione politica, mettendo in campo lo stupro (il Sindaco di Roma ne è testimone), la difesa dei beni immobili e delle persone (furto, rapine), la certezza della pena (carcere per i reati comuni), la sicurezza stradale (guida per ubriachezza o droga), la lotta alla pedofilia (sicurezza dei minori e violenze familiari). Tutti argomenti d’impatto sociale immediato e riconducibili a molte nostre esperienze giornaliere. Ma oggi tutto questo potrebbe diventare una garanzia d’impunità per tutti, necessaria per garantire una “sicurezza” d’impunità alla classe politica, nonostante gli impegni presi e firmati con i cittadini. È per questo che il Governo lavora, al fine di garantire sicurezza e benessere, anche se a volte è da chiedersi quale? Si studia e si elabora un pacchetto sicurezza (tema fondamentale d’inizio legislazione insieme all’immondizia), ed ecco la soluzione. Esercito come presidio, leggi speciali (come se questo stato non ne avesse già a sufficienza), declassazione di un istituto fondamentale della costituzione italiana, la Magistratura (o con me, altrimenti contro di me), moratoria processuale. Certo, essendo noi semplici cittadini estorsori, mafiosi e bancarottieri temiamo le intercettazioni telefoniche, le quali non sono giudicate per il contenuto malavitoso espresso, bensì come violazione della privacy del malfattore. Garantire l’impunità dei malviventi è un atto dovuto per il rispetto dell’individuo. In fin dei conti chi di noi non ha questi problemi? Siamo per eccellenza una nazione mafia e spaghetti. Questa dignità sociale spinge il Premier a proporre una moratoria di un anno per i processi con pene inferiori ai 10 anni. Sarebbe bene capire se l’operazione sulla “sicurezza” riguarda i delitti, o se, invece, ci induce a proteggerci dalle nostre stesse azioni. La legge è “disuguale” per tutti, compresi i dirigenti e gli organi politici immuni all’ordinaria legislazione, protetti da un’omertà mediatica che esorta al convincimento della sicurezza dell’individuo. È necessario proteggerci dalle nostre malefatte, impugnate da giudici corrotti e politicizzati che intendono metterci al pari di qualsivoglia cittadino. La classe dirigente ha necessità di lavorare con tranquillità e senza mani legate e contrasti politici, altrimenti difficilmente si riuscirà a creare una società improntata sull’egoismo e sullo sfruttamento. La ricchezza generata dai consumi è l’indirizzo sociale. È bene ricordare che il Premier non è mai stato condannato, e neanche mai assolto, però ha fatto si che tutti i procedimenti fossero archiviati per decorrenza dei termini. Ora ripartiamo dallo stesso punto. Altrimenti perché governiamo?
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