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Open Science & Innovation. Nuove metodologie di dialogo tra Università e Industria

Open Science & Innovation.  Nuove metodologie di dialogo tra Università e Industria
Febbraio 25
12:47 2019

Open Science & Innovation.

Nuove metodologie di dialogo tra Università e Industria e strumenti a supporto del trasferimento tecnologico.

Il convegno ha messo in evidenza le criticità della cooperazione tra ricerca pubblica e industriale e le potenzialità di alcuni strumenti e prassi per il trasferimento tecnologico caratterizzati per qualità e novità.

Milano, 25 febbraio 2019. Si è svolto a Milano, presso Palazzo Turati, il convegno “Open Science & Innovation”, promosso da Airi – Associazione Italiana per la Ricerca Industriale, con l’obiettivo di cominciare a delineare nuovi modelli di cooperazione pubblico-privato nella R&S, che siano caratterizzati dal focus sullo sviluppo di prodotto e la gestione della proprietà intellettuale, dal potenziamento di figure esperte nel raccordo, dalla creazione di reti digitali basate sulla gestione avanzata dei dati.

Il convegno è il primo passaggio pubblico di un tavolo di lavoro Airi che ha coinvolto alcuni dei principali associati: Enti pubblici di ricerca (CNR, ENEA, INSTM) e Università (Università di Pisa, Scuola Superiore Sant’Anna, Scuola Normale Superiore), nonché Industrie (Eni, Enel, HeidelbergCement, Bracco, Brembo) e federazioni del mondo produttivo (Unioncamere, Farmindustria), organismi di supporto all’innovazione (Innovhub-SSI, Eidon Lab, Ayming). Al convegno inoltre hanno partecipato rappresentanti dell’Ufficio italiano brevetti e marchi – MiSE, dell’Associazione Italiana Investitori Informali – IBAN e della rete Netval.

Il convegno ha elaborato alcune linee di riflessione:

  • il dialogo ricerca-industria può essere favorito dalla diffusione di metodologie di trasferimento, basate sull’innovazione aperta. In questo nucleo sono stati presentati i seguenti casi di studio: modalità di “licensing out” per l’utilizzo di specifiche tecnologie industriali; il processo di selezione di spin off e start up nell’ambito di progetti innovativi; modelli concettuali di contratti standard per lo sviluppo di linguaggi contrattuali condivisi; pratiche di rete tra ricerca e piccole-medie imprese;
  • il potenziamento organizzativo dei canali di trasferimento tecnologico passa per la scienza aperta. Nell’ambito di questo nucleo sono stati esposti i seguenti casi di studio: prassi di educazione alla ricerca orientata alla IP di prodotto; strumenti avanzati per il reperimento e la diffusione di dati digitali; nuove forme di incentivazione e strutturazione di meccanismi premiali per i dimostratori; principali modelli di gestione della IP.

Durante il convegno, Airi ha evidenziato che nell’arco di dieci anni le imprese hanno quasi raddoppiato le commesse di R&S verso i Centri di ricerca pubblici e le Università; sono più che raddoppiate anche le commesse di R&S verso imprese italiane non appartenenti allo stesso gruppo mentre si sono dimezzate le commesse verso i Centri di ricerca privati italiani.  Allo stesso tempo è cambiato anche il grado di integrazione tra reti digitali industriali e la diffusione del mobile, del web semantico e della big data analysis che dieci anni fa era ancora una prospettiva. Tuttavia ancora nel 2018 resta ampio il divario tra grandi e piccole imprese nel livello di digitalizzazione: poco meno della metà delle grandi imprese e pochissime PMI ha alti livelli digitali.

Questa situazione si somma alla necessità di strutturare moderne collaborazioni pubbliche-private in un’ottica di competitività, che mettano al centro il prodotto quale insieme di componenti integrate (es. competenze, brevetti, tecnologie abilitanti, interesse sociale).

Ha dichiarato il prof. Renato Ugo, Presidente di Airi – Associazione Italiana per la Ricerca Industriale: “La promozione in Italia della “open science and innovation” richiede il superamento di alcune intrinseche debolezze storiche, poiché la collaborazione tra ricerca pubblica e quella privata si basa ancora spesso su rapporti personali e non istituzionali, oltre che sulla prossimità territoriale. Per dare un respiro più ampio e più funzionale a questa collaborazione occorre intervenire per favorire concrete e valide progettualità di comune interesse, che nascano da potenzialità di innovazione a partire dai risultati ottenuti dalla ricerca pubblica così da trasformarli in reali opportunità di “open innovation” per l’industria.

Questo processo virtuoso richiede importanti interventi sulla struttura della ricerca pubblica sia rispetto alle risorse umane dedicate alla promozione e gestione dei rapporti con la ricerca industriale sia alla disponibilità dei ricercatori pubblici a sviluppare e poi mantenere questi rapporti, ottenendo in cambio una loro valorizzazione in termini di carriera. A tale scopo sarebbe necessario integrare ed adeguare la legislazione dedicata all’Università e anche ai vari Enti Pubblici di Ricerca, permettendo l’attivazione e il sostegno finanziario di risorse umane e uffici espressamente dedicati alla promozione dei rapporti con la ricerca industriale.

Nello stesso tempo si devono aprire nell’ambito della ricerca pubblica specifici percorsi di carriera ben definiti dal punto di vista legislativo per personale professionalmente preparato e competente in materie come per esempio la contrattualistica, la valutazione tecnologica, la proprietà industriale, ecc., così che la promozione dell’open science pubblica non sia più occasionale, e talvolta di bassa qualità, ma sostenuta dalle necessarie competenze e professionalità. La ricerca pubblica ha oggi grandi difficoltà a promuovere il plus valore insito nei risultati generati dalla ricerca fondamentale nelle sue strutture, forse con l’eccezione di alcuni Politecnici.

Questo adeguamento organizzativo e professionale della ricerca pubblica italiana, sulla falsa riga di quanto è in atto da tempo negli USA, in Inghilterra e anche in Germania, e nel CNRS francese, è il primo necessario step dell’auspicato salto “quantico” della valorizzazione verso l’esterno dei risultati ottenuti dalla ricerca svolta nelle Università e negli Enti Pubblici di Ricerca per lo sviluppo in Italia di validi e significati rapporti di “open science and innovation” tra ricerca pubblica e ricerca privata.”

Nell’ambito del convegno sono emersi alcuni casi virtuosi da parte di reti di uffici di trasferimento tecnologico universitari che hanno aumentato la complementarietà, la collaborazione, la capacità e lo sviluppo di linguaggi comuni con l’industria. Questi casi possono fornire prassi concrete di metodo e di formazione delle risorse per migliorare la qualità della collaborazione all’interno di altre strutture pubbliche, favorendo un quadro premiale rinnovato.

Così, ad esempio, l’esplorazione di nuovi canali digitali di connessione tra imprese ed enti – sotto forma di portali, motori di ricerca, punti digitali – possono essere strumenti operativi adattabili a diversi contesti. E’ essenziale però che vengano promossi e gestiti da personale qualificato al trasferimento – figure di raccordo in grado di dialogare con la ricerca pubblica e con le imprese. Sfruttare le potenzialità del web semantico, dei dati aperti e dei database pubblici in modo da guidare amichevolmente l’utente (dell’impresa e del pubblico) verso la ricerca e la scoperta di dati, competenze e risorse. Per far questo le applicazioni possono essere progettate con il ricorso al disegno strategico, basato sull’esperienza utenti, ad esempio manager della R&S, docenti, ricercatori pubblici e privati, startupper.

Sul lato della domanda, il rapporto tra grandi industrie e università ha permesso lo sviluppo di pochi ma validi meccanismi cooperativi funzionanti: ad esempio i cosiddetti contratti quadro che si basano su tempi di R&S di medio-lungo periodo, lo sviluppo di possibili metodi di co-gestione della proprietà intellettuale, oppure l’apertura alle start up e spin off nella strutturazione di progetti di innovazione. In particolare è stato illustrato come la collaborazione tra ricerca industriale e gestione della proprietà intellettuale consenta anche di indirizzare le scelte di prodotto più coerentemente con le diverse aree di mercato.

Dal convegno emerge infine che la collaborazione aperta può essere sostenuta con incentivi mirati e differenziati: una programmazione pubblica pluriennale che incentivi la cooperazione pubblico-privato tra grandi imprese e Enti pubblici di ricerca su iniziative importanti di ricerca e sviluppo (es. accordi di programma, oggi accordi per l’innovazione, o a livello UE, Progetti cooperativi ma anche Mission-oriented projects e Public-Private Partnership), e un sistema premiale per stimolare azioni tecnologiche dimostrative della piccola-media impresa in collaborazione con l’università, grazie, ad esempio, ai collaudati fondi per il “proof of concept”.

 

 

Claudio Rossetti

crossetti@echocom.it

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