Onu: Giornata Mondiale contro le mine. In Italia il business dell’orrore
Ginevra, 4 aprile 2010. Si celebra oggi, sotto l’alto patrocinio delle Nazioni Unite, la quinta Giornata Mondiale per la lotta contro le mine. Il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha dichiarato nell’occasione che “le mine anti-uomo sono armi dall’utilizzo indiscriminato che causano gravi mutilazioni, uccidono e ostacolano la ricostruzione nelle aree devastate dai conflitti. Ecco perché è necessario raddoppiare gli sforzi per evitare la perdita di vite umane e restituire ai nostri figli un pianeta libero dal pericolo letale degli ordigni inesplosi”. Per voce dei suoi co-presidenti Roberto Malini, Matteo Pegoraro e Dario Picciau, il Gruppo EveryOne ha trasmesso un accorato messaggio a Ban Ki-moon: “E’ fondamentale che la civiltà si liberi dall’orrore delle mine anti-uomo, ma per ottenere un risultato accettabile in questo campo è necessario vigilare sui comportamenti irresponsabili degli Stati che perseguono politiche industriali mortifere, dedicando enormi risorse al mercato bellico. Il nostro Paese, l’Italia, è purtroppo il secondo produttore mondiale di armi e questo suo comparto industriale è causa di decine di migliaia di morti, mutilazioni e distruzioni ogni anno. L’Italia ha interrotto la produzione di mine e si è impegnata a riparare ai danni causati dalla sua produzione (che nel 1992 era al terzo posto nel mondo) con una moratoria nel 1994 e attraverso l’adesione al trattato di Ottawa nel 1997. A dispetto degli impegni assunti, tuttavia, ha smesso da anni di investire fondi nelle operazioni di bonifica delle mine anti-uomo e ha proseguito nella produzione dei componenti che servono per assemblare le mine. E’ necessario che apposite commissioni internazionali effettuino controlli preso le aziende di componenti elettronici e di produzione armamenti – per esempio, in provincia di Brescia – per limitare un traffico di morte che non si è mai fermato”. “Le schede che permettono il funzionamento delle mine,” ha spiegato recentemente Marcello Storgato, padre saveriano di Brescia, promotore della campagna mine anti-uomo, “vengono prodotte ufficialmente per altri usi, ma sappiamo che poi finiscono all’estero, dove rientrano nella fabbricazione dei micidiali ordigni”.
“Altrettanto fondamentale,” spiega EveryOne, “è il controllo degli investimenti nei settori delle mine anti-uomo e delle bombe a grappolo effettuati dai gruppi bancari e finanziari internazionali. Tramite tali gruppi, infatti, non è difficile raccogliere fondi nei Paesi aderenti al trattato di Otawa per utilizzarli poi nelle più atroci produzioni belliche”.
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