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Oltre il velo

Oltre il velo
Ottobre 19
22:00 2013

chador e burqa«Un discorso sul velo islamico è un discorso articolato e complesso, da un lato perché tanti sono i veli quante sono le musulmane e dall’altro perché non vi è confine fisico e geografico al velo: esso si trova ovunque, e (…), ovunque si trovi cambia il suo significato a seconda di chi e come lo indossa, a seconda di chi e come lo guarda.» Da sempre al centro di lunghi e controversi dibattiti il velo ha rappresentato e rappresenta per le culture occidentali il simbolo dell’ignoto.

Vittima di luoghi comuni e di teorie non sempre fondate il velo diviene elemento di una questione molto più ampia e complessa e cioè quella della condizione della donna in Oriente. È necessario anzitutto chiarire che esistono almeno tre tipi di velo: il burqa che copre tutto il corpo, compreso il volto e che fu introdotto in Afghanistan dai talebani; il chador che avvolge tutto il corpo a partire dalla testa che non viene legato ma tenuto stretto con i denti o con una mano dall’interno e che divenne comune dopo la Rivoluzione in Iran e l’hejab che è un foulard che copre il capo lasciando scoperto il volto e che viene legato sotto il mento. Si è scelto di trattare l’argomento a partire da questa suddivisione per far meglio comprendere le numerose problematiche che possono essere ad esso connesse. La complessità di quanto si sta per trattare fa infatti propendere per un ciclo di articoli indipendenti l’uno dall’altra ciascuno dei quali avrà quale scopo precipuo quello di indagare nel modo, si spera, più completo possibile ogni singola tipologia di questo indumento. Il primo ad essere approfondito sarà il velo iraniano e cioè il chador. Espressione di un contesto religioso di stampo sciita esso fu il simbolo del movimento anti coloniale algerino che ne fece la più concreta manifestazione del suo mancato allineamento con altri paesi e culture. Nel periodo post rivoluzionario il chador continuò a rappresentare un ponte fra passato, presente e futuro e quindi fra tradizione, innovazione e trasformazione. L’usanza del velo ha origini antichissime. Una prima testimonianza relativa al suo uso è contenuta in un testo legale assiro-babilonese del XIII secolo a. C. Nel Corano lo hejab ha un simbolismo intrinsecamente sociale rappresentando quella tenda capace di separare il contesto pubblico da quello privato. Lo chador, in modo particolare, emerse a partire dalla Rivoluzione del 1979 in cui fu il simbolo del rifiuto all’imposizione di modelli occidentali. Dopo la rivoluzione e con l’inizio della diaspora «il velo diventa il simbolo ottimizzato di un’appartenenza culturale, che viene poi contestato, rifiutato, maledetto, ma che comunque fa indiscutibilmente parte del bagaglio culturale dei migranti, così come entra a far parte anche del paese di accoglienza; il corpo della donna diventa infatti il terreno privilegiato per il discorso politico della e sulla Repubblica islamica, dentro e fuori i suoi confini, e le stesse donne iraniane sono le prime a mettersi in discussione e a promuovere una riflessione su se stesse, sulla relazione più o meno conflittuale tra Oriente e Occidente e ciascuna, secondo la propria abilità, tornando spesso indietro nel tempo a quello che è comunemente ritenuto “l’inizio della storia”, la rivoluzione del 1978.» Il velo, pertanto, è simbolo di tradizione e di cambiamento, affermazione di opposte e contrastanti ideologie. Racchiude in sé molti più significati di quelli che banalmente e superficialmente l’Occidente vi riconduce. Oltre il velo si conserva ancora la dignità di donne i cui corpi non rappresentano merce in vendita destinata a compiacere il sesso maschile. Oltre il velo v’è ancora quell’immagine di donna che leggera, mistica e un po’ magica si libra a dispetto di altre creature più terrene a qualche centimetro da terra per contemplare la sua eterea bellezza.

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