Ode alla ramazza
Di che vogliamo parlare di bello? Dei libici in fila per vedere il Raìs esposto nella cella frigorifera di una macelleria a Misurata? Di Berlusconi che convinto di durare anche stavolta fino all’ultimo minuto del suo mandato si propone di riformare Giustizia, Costituzione e Csm? Di Manlio Cerroni, il re di Malagrotta – la discarica più grande d’Europa! – che mai sazio di monnezza proclama “anche il sito per la discarica di Riano è mio?” Di Piero Marrazzo che si rifà vivo per manifestare in strada contro il piano regionale per i rifiuti perché lui la discarica sotto casa proprio non ce la vuole e cerca di dirottarla dalle nostre parti? Dei manifestanti a Roma della Fiom che, nonostante il divieto, si sono presi il lusso di un minicorteo per invocare il diritto al lavoro “quello vero fatto di sudore e fatica”? Del Movimento degli Indignati che esprimono pacificamente le loro ragioni e l’intenzione di “ricostruire” una società allo sfascio e dei black bloc che come diavoli neri danno fuoco alla città e fanno scattare misure repressive che denotano l’insufficienza di questo Stato a tutelare i diritti costituzionali dei cittadini? Vogliamo parlare del parto in diretta all’Ospedale di Santo Spirito di una ex partecipante al Grande Fratello, ripreso dalla prima doglia fino al primo vagito, a scapito del servizio e senza riguardo per gli altri ricoverati? Di Andreotti che bel bello dice “non ho fretta di morire mi hanno dato una proroga” e gli si può tranquillamente credere per i tanti patti col diavolo già al suo attivo? Delle lapidi sulle strade che si stanno facendo più fitte dei cartelli indicatori? Del San Raffaele di Velletri tenuto in vita a forza di trasfusioni di proteste e di rabbia? Del servizio di Trenitalia che è un disservizio vergognoso dove a funzionare è solo la voce metallica che ti ricorda di controllare se sei in regola per viaggiare e non sei invece un evasore fiscale? Ma di che vogliamo parlare di cui non si sia già straparlato e senza risultati? E come una lampadina che si accende si presenta alla mente la meravigliosa “Oda a la cebolla” di Pablo Neruda (Cipolla,/ luminosa ampolla,/ petalo su petalo/ s’è formata la tua bellezza/ squame di cristallo…) e un titolo scorre a intermittenza per un testo che forse verrà: “Ode alla ramazza“. Dovrebbe iniziare così: “Ramazza, / attrezzo indispensabile / di saggina o d’erica, / frusta di fusti dal lungo manico, / eroica asta del quotidiano / scomparsa alla calata dell’elettrica scopa. / Ramazza, / spinosa come un amore respinto / presente in ogni casa dignitosa / consumata dal grande lavorìo / che rendeva lucida l’aia. / Ramazza, / sfibrata e mai vinta / attiva fino all’ultimo pelo / nodoso il manico poderoso, / terrore di scarafaggi e zecche, / di ladri di polli / e faccendieri. / Ramazza, / fedele casereccia arma / appesa dietro la porta di casa, / veicolo della Befana, / castigo dei nullafacenti / nella memoria brilli / qual cavaliere in sella / che passando zelante / riscopra la terra”.
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