Nuovo pienone a ‘Velletri Libris’ con Paolo Genovese: “La verità a volte va oltre la fantasia”
n altro pienone per “Velletri Libris”, che nel penultimo appuntamento di agosto registra il tutto esaurito al Chiostro della Casa delle Culture per l’incontro con il regista e scrittore Paolo Genovese. L’evento, nell’ambito della rassegna ideata e realizzata dalla Mondadori Bookstore Velletri, ha visto accorrere all’ex Convento del Carmine oltre trecento persone che non hanno visto tradite le loro aspettative. Genovese, infatti, spontaneo e ironico, ha saputo catturare l’attenzione del pubblico nel parlare del suo ultimo romanzo, Il primo giorno della mia vita, edito da Einaudi. “E’ una storia che vuole rimarcare la bellezza della vita partendo dalla morte”, ha esordito il noto regista cinematografico, spiegando la genesi della trama che vede in sette giorni di tempo un angelo riconsegnare ai quattro protagonisti una seconda possibilità per apprezzare la vita, facendo rinascere in loro la voglia di ripartire. “Si inizia dalla fine” – ha detto Genovese – “e come nei film indago la parte scura, quella che meno conosciamo di noi stessi. I miei personaggi, in questo caso, lanciano una sfida al mondo che sembra andare in fiamme. Il punto da cui sono partito è la ricerca di un antidoto contro le cose terribili, ma prima ho dovuto individuare le cose terribili, i mali da ribaltare. Così è nata la vicenda personale dei quattro protagonisti”. Il primo giorno della mia vita, infatti, è la storia di solitudini che si incontrano: una poliziotta che ha subito il lutto più atroce, quello della morte di una figlia, talmente innaturale e rifiutato da non riuscire a trovare una definizione nel vocabolario italiano; una ginnasta che finisce su una sedia a rotelle, atterrita da problemi psicologici e schiacciata dalle aspettative in una sindrome da eterna seconda; un bambino diabetico costretto, per motivi di marketing, ad assumere insulina e ingrassare per fare da testimonial in una pubblicità nonostante sia messo alla berlina dai bulli; un life-coach che dice a tutti quanto sia bella la vita ma è in realtà malato di quel malessere che colpisce il 65% degli italiani, la depressione. Quattro storie molto difficili, in cui subentrano dinamiche di competizione, di relazione interpersonale, di mali invisibili. “Il romanzo” – ha raccontato l’autore – “è un manuale di sopravvivenza, cerca strade per risalire la china, con un uomo/angelo che cerca di ribaltare la prospettiva e far vedere le cose da un altro punto di vista”. Nel libro di Genovese emerge anche una forte spiritualità, diversa dalla connotazione religiosa, poiché il percorso originale immaginato dallo scrittore prevede una “giustificazione della vita con la vita stessa”. Particolare il motivo dell’ambientazione, ovvero New York: non la pretesa di un racconto internazionale, semplicemente l’intenzione di dare alla storia uno scenario dove tutto può succedere. “Il primo giorno della mia vita è una storia di assoluta speranza, rispetto ad altri miei film o romanzi qui indago le persone e cerco di farle riconoscere nelle sensazioni che provano i protagonisti. La verità” – ha aggiunto Genovese – “delle volte va oltre la fantasia”. La cosa peggiore che possa accadere ad un essere umano, infatti, è la perdita del dolore: quando ci si abitua al male, si perdono i timori, spesso non è un bene ma anzi un danno. Inevitabile, nel dibattito con Ezio Tamilia, non aprire – visto il successo e il blasone dell’ospite – un capitolo sul cinema. Prima di tutto le differenze con la scrittura, ben individuate da Genovese: “Scrivere è più difficile perché un film ti mette a disposizione attori, interpreti, scene incorniciate e amplificate dalla musica. Con la carta c’è solo una penna, bisogna fare in modo che il lettore immagini tutto. Inoltre il regista è un lavoro dove tutti chiedono, e oggi il pubblico è più ostico perché la crisi del cinema è anche nelle sale vuote: il successo bisogna meritarselo, rispetto ad un periodo dove si andava a vedere i film a prescindere”. Menzionando i “veliterni” Gassman e Tognazzi, con un pizzico di ironia Genovese ha risposto a chi gli fa notare che utilizza spesso gli stessi attori: “Gassman e Tognazzi facevano venticinque film l’anno… io non uso gli stessi attori per forza, mi trovo bene, sono bravi, è difficile oggi trovare un’intesa. C’è una paura generale delle idee originali, pensate che i film di successo degli ultimi anni, compresi i miei, non erano previsti dalle produzioni. Gli attori che ricorrono sono quelli migliori sulla piazza, anche se tanti talenti non emergono e questo è un male”. Rispetto alla letteratura, però, il cinema presuppone la costruzione di un personaggio che con la scrittura si autodefinisce. Paolo Genovese, interrotto spesso dagli applausi dei tantissimi presenti, ha concluso la sua presentazione ringraziando l’organizzazione e dedicandosi poi al firma-copie e alla foto di rito. Un’altra splendida serata per aprire al meglio agosto, prima dell’ultimo appuntamento prima della pausa venerdì 3 alle ore 21.00 con Antonio Dikele Distefano. Un appuntamento imperdibile per un libro importante ed un altro autore prestigioso che conclude, per adesso, il calendario ideato dalla Mondadori Bookstore Velletri in attesa della ricca mini-rassegna che si aprirà a settembre.
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