Nulla di nuovo sotto il sole
Secondo gli studi effettuati dagli scienziati la Terra ha un’età di circa 4,54 miliardi di anni. Nel tempo evoluzioni ed ere si sono susseguite, lentamente hanno modellato il mondo d’oggi. L’Italia, seguendo madre-terra, lentamente, molto lentamente si proietta verso il cambiamento, tale da arrivarci da anziana.
Le urla del cambiamento si sono udite e fatte vedere all’ultima tornata elettorale. Oltre al M5S, nuovi e vecchi partiti hanno dichiarato cambiamenti anche del 70%.
Una legge elettorale orripilante ha generato lo ‘stallo istituzionale’. Cosa potevamo aspettarci per il Governo e l’elezione del Presidente della Repubblica? L’immobilismo con la riconferma del vecchio per gestire un lento, lentissimo cambiamento, affinché tutto resti nell’ordine della casta. L’illusione delle camere parlamentari più giovani d’Europa è solo una chimera, la vecchia nomenclatura tiene ancora i fili legati alle mani. Ho sempre sostenuto e sostengo che vi sono dei distinguo tra i partiti, suddivisi in ‘quelli con le segreterie’, ‘quelli nominativi’ e ‘quelli padronali’. I fatti, purtroppo, ce li consegnano tutti appiattiti allo stesso livello. La cosiddetta base, i cittadini, sono lo strumento utile nella tornata elettorale, per il resto sono considerati spettatori delle beghe parlamentari. Anche il M5S, con il loro web silenzioso e solo per gli addetti ai lavori, risulta inutile ed iniquo.
Non dimentichiamo che la politica da 20 anni pone al vertice di dibattiti e di proposte legislative opzioni per portare a soluzione i problemi del sig. Berlusconi. Da sempre, se B. vince le elezioni, monopolizza le istituzioni, Camera e Senato con Pivetti e Scognamiglio, Casini e Pera, non ultimi Fini e Schifani. DC e PSI o PCI (vecchia I repubblica) avevano un rispetto da avversari accettando una camera alla maggioranza ed una all’opposizione. Proprio B. impone la mano del vincitore. E quando perde? Chiede rispetto e la divisione dei poteri. In questo scenario si presenta la politica italiana per dare una risposta alla crisi, spesso negata, defilata nelle riforme, orientata nel prelievo forzato ai più deboli. Nel palazzo non arriva la crisi economica ed assenza del lavoro, non percepiscono la continua perdita occupazionale, ma ne parlano e si rattristano con grande rammarico.
Tutto questo spettacolo è rappresentato nel giuramento a ‘nuovo Presidente’ di Napolitano. Molte parole, pesanti parole largamente applaudite da coloro che ne sono i diretti interessati, tra cui in evidenza: «le risse e l’inconcludenza sulle riforme; convenienze e tatticismi che hanno reso sterile il Parlamento; la sordità dei partiti nel recepire gli inviti ad affrontare i problemi nazionali», questi alcuni passi del discorso di insediamento. Quante parole ancora da spendere, per una classe politica che non vuol abdicare al pensiero di rinnovamento, a regole che garantiscano un ricambio generazionale nell’ambito amministrativo, locale e nazionale, tali da porre le basi per eludere corruzione, interessi privati e nuove forme feudali. La rielezione di Giorgio Napolitano non è certo indirizzata verso queste finalità, si configura molto come un ultimo colpo di coda a garanzia di vecchie istituzioni.
I prossimi giorni ci diranno se il minestrone istituzionale è pronto per la cottura, se, ancora una volta, ognuno coltiverà il proprio orto a garanzia di supremazia futura. Lo scontro maggiore non riguarderà riforme ed investimenti e leggi semplificative del mondo del lavoro, queste saranno marginali, ma ci sarà ancora un forte eco comunicativo. Il vero scontro riguarderà la legge elettorale e le modifiche costituzionali. Berlusconi accarezza un sogno (ora possibile dopo aver reso sterile la Repubblica Parlamentare): il Presidenzialismo. Non è una novità l’ambizione di B., da grande incantatore di masse con futili promesse ed anatemi lanciati verso i ‘suoi nemici’ (lui non ha avversari), si sta costruendo una nuova verginità fatta di dialogo, disponibilità, responsabilità – questo il suo dire – per essere pronto tra un anno alle elezioni presidenziali. Contrariamente alla rigenerazione berlusconiana, abbiamo assistito alla dissoluzione di un centro sinistra prigioniero delle sue enfasi. Era talmente facile vincere le elezioni! Bastava parlare di politica, operazione riuscita bene ad altri, chi nelle piazze e chi in TV a fare il piazzista, tutto questo ha prodotto una ‘vittoria di Pirro’. Gli errori di valutazione sono parte integrante dell’attività politica, la ricerca di dialogo o forme di collaborazione. L’ostinazione si può rivelare un boomerang incontrollabile. Lo stallo istituzionale (merito della legge elettorale) si è riversato sulla combinazione di fine mandato presidenziale e conseguente stallo di semestre bianco. L’Italia è nella paralisi. Soltanto la storia ci svelerà l’ostilità del PD nei confronti di Rodotà. Forse la paura di una personalità indipendente? O forse il dispetto di un marito contro la moglie procedendo all’epurazione? O, come già detto, l’ultimo colpo di coda di una nomenclatura di casta pronta a recuperare, gestire e riordinare i vecchi principi di un vecchio Stato? In questo vecchio Stato vi sono speranze di futuro. Il Sindaco di Castellammare di Stabia, Luigi Bobbio (centro destra ex pm antimafia), abbandona la processione cittadina che rende omaggio ad un boss della camorra. Una goccia di speranza per il futuro.
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