Nucleare: SI vota
L’immane tragedia giapponese ha rinvigorito il dibattito sul nucleare, anche in vista dell’appuntamento referendario del 12 giugno.
Partiamo proprio da qui, ovvero dalla scelta della data, distante e distinta dall’appuntamento delle amministrative di maggio. Predisporre un “elecion day” risparmiando un enorme quantità di denaro pubblico era evidentemente troppo per il paese dove prevale il “magna magna”. Troppo soprattutto perché avrebbe certamente aumentato l’affluenza alle urne (dato l’elevato numero delle realtà interessate dalle elezioni amministrative), consentendo un più agevole raggiungimento del quorum. Questo avrebbe comportato uno sforzo enorme (economico, mediatico, ecc…) per il “partito” dei “nuclearisti”, che ora invece potrà tranquillamente adottare il consueto sistema dell’invito ad andare al mare, anziché strutturare (anche con argomentazioni valide e credibili) la campagna per il “NO”; la trappola letale del quorum (sconosciuta ad esempio nella civilissima Svizzera) non lascia scampo: se il numero dei votanti non raggiunge il 50% +1, avranno vinto i nuclearisti.
Veniamo poi alla questione del quesito: trattandosi di un referendum abrogativo, gli Italiani saranno tenuti a votare SI per esprimere contrarietà al nucleare (lo stesso discorso vale anche per i quesiti sull’acqua pubblica, teniamolo ben presente!). In questa Italia allo sfracello, dove un referendum deliberativo senza quorum è fantascienza, i nuclearisti potranno giocare anche sul grave analfabetismo degli Italiani (in questo caso sì…davvero uniti), per i quali almeno i concetti del “no” e del “sì” dovrebbero essere chiari: no, se non voglio il nucleare, sì se lo voglio. Peccato che il referendum capovolga questa logica, partendo dalla domanda: “Volete voi che sia abrogato…”. Abrogato e quindi cancellato. Se non voglio il nucleare devo mettere la crocetta sul SI: chiedo che sia cancellato il decreto con il quale nel giugno del 2008 il Governo ha deciso che il precedente referendum dell’87 era scaduto e che il nostro Stivale, avendo “fame” di energia, deve sfamarsi con le centrali nucleari.
Questo approccio bulimico verso l’atomo è ben evidente dall’affanno con il quale il “partito dei nuclearisti” sta scatenando le proprie avanguardie a sostegno del ritorno del nucleare in Italia, nel confezionamento dell’opinione pubblica attraverso i media. Se secondo il famoso neurologo Oliver Sacks il cervello umano “lavora” il 13 % in più se fissiamo una parete bianca rispetto a quando guardiamo la televisione, figuriamoci qual è il risultato dei vari interventi della Prestigiacomo, piuttosto che di Chicco Testa, Veronesi, Zichichi, ecc… sparati a ritmo incalzante da quella scatola alchemica chiamata televisione o dalla “mitica” rete con il forum! Il massimo risultato con il minimo sforzo: la mente degli Italiani plasmata e la conduzione del popolo bue nella direzione voluta dai nuclearisti.
Ma chi è che può avere tanto interesse per la costruzione delle centrali nucleari? Al di là delle balle sulla sovranità energetica, sul ridotto impatto ambientale e in generale sui costi, cosa si nasconde dietro questo business?
Un utile disvelamento lo forniscono Zabot e Monguzzi nel libro Illusione nucleare, ed.Melampo: “In prima fila per finanziare gli impianti nucleari ci sono le grandi banche come la Banca mondiale che (…) nel 2007 si è dichiarata favorevole a finanziare la costruzione di un impianto nucleare in Egitto. C’è poi la Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo – EBRD – che ha recentemente approvato un finanziamento per costruire due reattori in Ucraina, dopo che, al tempo della separazione della Cecoslovacchia, si era rifiutata di finanziare il completamento dei due reattori slovacchi, poi finanziati da Intesa San Paolo e realizzati dall’ENEL. Anche la BEI, Banca europea per gli investimenti (…), controllata direttamente dai Ministri delle Finanze dell’Unione Europea, sta considerando l’apertura di una linea di credito per la costruzione di centrali nucleari.”
Per non parlare del gruppo Rothschild, già consulente finanziario di AREVA e EDF, il cui Managing Director in Italia è lo stesso Chicco Testa.
Pensiamo poi a quanto sono lievitati i costi per il TAV e per le grandi opere rispetto agli stessi lavori in altri paesi europei (come ben illustra Marco Cedolin nel suo libro Grandi opere, Arianna editrice), al livello di corruzione, ai pizzi, alle tangenti e alle “consorterie” varie…e capiremo in quanti sono pronti a tuffarsi nel piatto ricco della costruzione delle centrali atomiche!
E via! A cuor leggero: non importa se il problema delle scorie permane irrisolto. Le attuali “scappatoie” non fanno altro che scaricare in eredità alle future generazioni rischi e problematiche relative alle scorie. Pensiamo alle “non” soluzioni delle cave di sale, ora in fase di allagamento (vedi Germania), del ventre delle montagne incapace di accogliere tutti i rifiuti radioattivi (vedi Yucca Mountain negli USA), del ricovero dentro al cemento (che ha un ciclo di vita risibile rispetto al longevità delle radiazioni emanate dalle scorie) o della vetrificazione. A proposito, dove “collocheranno” le scorie radioattive vetrificate di ritorno dalla Francia o dall’Inghilterra? Useranno forse il sistema di smaltimento progettato a Ispra, il DODOS (acronimo di Deep Ocean Data Operating), rilevato dall’ingegner Comerio (proprio quello nella cui casa di Pavia fu ritrovato il certificato di morte di Ilaria Alpi)? Infileranno forse 44 cannisters (cont enitori di acciaio e carbonio pieni ciascuno di 6 kg di scorie radioattive) dentro a dei siluri da 25 metri, per poi farli conficcare negli abissi marini?
A questi nuclearisti non importa che la scienza ufficiale dimostri che non vi è una soluzione definitiva al problema delle scorie: per loro business is business e se ne fregano di figli, nipoti, e di chi ha da venire…L’importante è il loro status sociale e il massimo profitto. Ora.
Ai nuclearisti all’italiana non importa nemmeno che subito dopo la tragedia giapponese, Svizzera e Germania abbiano rivisto i loro piani relativamente al nucleare: “…è inimmaginabile tornare indietro su un percorso già attivato” ha detto oggi il ministro dello sviluppo economico, Paolo Romani.
Non potendo fare affidamento su chi ci governa, torniamo a rivolgere ancora una volta un accorato appello al Presidente della Repubblica affinché lui (o almeno uno dei 2181 dipendenti del Quirinale) riceva finalmente le quasi 60.000 firme di
cittadini italiani che hanno espresso la loro netta contrarietà al nucleare, chiedendo l’impiego delle fonti rinnovabili per la produzione di energia (raccolte in tempi “non sospetti” fra il 25 settembre 2008 e l’8 novembre 2009). E’ dal 28 ottobre 2009 che attendiamo di essere ricevuti per dare voce a quelle decine di migliaia di persone, ma a quanto pare in questo paese la sovranità popolare appare ormai come un refuso in un vecchio e inapplicato (da tutto il centro-destra-sinistra) libro chiamato Costituzione. Niente di più. A meno che…
A meno che questi referendum non siano un punto di arrivo, bensì un punto di partenza per dare consapevolezza ai cittadini che la sovranità gli appartiene. Quindi, anche se ad essere del tutto onesti non ci piace l’ambiguità di alcuni partiti che ora sostengono le nostre posizioni, ma che al momento del voto nel parlamento europeo (novembre 2009) hanno votato a favore del nucleare, noi di PBC faremo campagna e inviteremo a votare SI il 12 giugno per cancellare il nucleare (e anche per l’acqua pubblica!).
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