Nove morti una stella e tutto si confonde e tutto torna vero
Se cade una stella, inutile aprire l’ombrello. Se ne cadono mille, è perfino da stolti. Perché, dunque, facciamo, fosse pure in segreto, come un peccato, quel gesto disarmato, di fronte a tanto mistero? Anni lievi, anni intricati e se c’era l’amore e dopo non c’era più “ma in fondo, che m’importa del mondo, io ho Ally McBeal”, se qualcuno ha tentato la traversata di chissàché e gli è andata male e crepa d’invidia per quello a cui l’arrampicata, invece, è andata alla grande, se il ricordo d’una bisnonna che mise al mondo quindici figli per allattarne sei mi costringe a interrogarmi su certi casi della vita, seppure hanno annunciato la fine del mondo calcolando male i tempi, alla metà d’agosto mi sdraio, sì, mi sdraio per meglio indagare e ripercorro per sentieri lontani dalla mente, linee immaginarie e tracciati fantasiosi e nomi arrampicati di costellazioni scintillanti, e testardamente aspetto. Sui prati mi slungo, da sola o in compagnia, comunque sola, e sono io, sempre la stessa, che ancora le conta, in felicità o desolazione. Le conta, e aspetta l’impossibile: che davvero cada, la stella, quella unica, sua, che sulla coda porterà un sorriso che troppa luce rubava.
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