La Repubblica di Rocca di Papa rappresentata dai piccoli alunni
Il 18 febbraio un numeroso pubblico ha intonato un commosso Inno di Mameli, coinvolgendo anche le Autorità presenti nel teatro del Centro Congressi Mondo Migliore, dove si è potuto assistere alla significativa ricostruzione storica I piccoli protagonisti, in tipico costume locale, attraverso la lettura dei passi più salienti dei documenti e diverse drammatizzazioni in dialetto, hanno ripercorso le tappe più significative della rivolta del popolo rocchegiano, sommossa avvenuta il 1° maggio 1855, in pieno periodo risorgimentale. Sei giorni durò l’insurrezione contro la famiglia Colonna, da secoli proprietaria dei nostri territori, responsabile di una soffocante gestione amministrativa che opprimeva con tasse, gabelle e poca solidarietà civica i boscaioli e carbonai rocchegiani, privati del loro diritto di legnare e carbonare nel territorio della Selva Grande o Macchia della Fajola.Tale era la concessione firmata nella Bolla del Pontefice Martino V ( Oddone Colonna) nel 1425 e puntualmente disattesa dai diversi Principi Colonna che si sono succeduti.
Nel 1850 e nel 1855 il Principe Giovanni Colonna ordinò di disboscare il territorio dove i Rocchegiani potevano rivendicare i diritti concessi; non solo, con l’inganno promise loro il diritto di coltivare e, una volta liberato il terreno dalla vegetazione, revocò la sua autorizzazione, denunciandoli come predoni. In seguito alla seconda cioccatura della Macchia della Fajola, territorio dove attualmente si estendono i Pratoni del Vivaro, il popolo insorse nella notte del 30 aprile 1855 e all’alba le campane suonarono a festa annunciando, il primo maggio, la “Repubblica di Rocca di Papa”. Duecento contadini occuparono i terreni dei Colonna e in Piazza della Barcaccia venne innalzato l’albero dell’indipendenza. Sulla cima c’era un berretto rosso e lo stemma pontificio era stato sostituito dall’insegna “Dio e Popolo”. Un Dio dei poveri, un Dio giusto verso una popolazione sofferente che si ribellava e reclamava i suoi diritti contro un padrone prepotente ed egoista. L’insurrezione che registrò una vittima, una guardia che aveva tentato di rimuovere il manifesto, fu presto domata dalla gendarmeria inviata dallo Stato Pontificio; non è noto il nome dei rivoltosi e degli arrestati che si fecero ammanettare senza darsi alla macchia. La notizia fece scalpore e si diffuse ovunque: all’estero, fu registrata e fatta divulgare: tanta fu la solidarietà nei confronti di quei cittadini stanchi di soprusi e prepotenze. Curiosamente, invece, Giuseppe Gioacchino Belli aspramente criticò i Rockenpapen (alludendo alle origini bavaresi di alcune famiglie locali). Proprio da lui, l’autore de La famija poverella, ci si sarebbe invece aspettati pietà e commozione nei confronti di quella popolazione che protestava reclamando i suoi sacrosanti diritti. Tornando alla bella iniziativa, un meritato plauso va ai ragazzi che con le loro insegnanti si sono impegnati a conoscere la propria storia, gli usi, i costumi e le tradizioni, riproponendoli attraverso l’ interessante rifacimento teatrale. In ognuno di loro resterà vivo il ricordo del sacrificio e dell’impegno dei nostri avi carbonai per la conquista di un più umano vivere quotidiano. Ancora una volta la scuola ha dimostrato che conoscere la storia, le tradizioni, gli usi e i costumi , interagendo con le parti sociali e valorizzando le ricchezze culturali del territorio, non può che far nascere nei futuri cittadini una coscienza civica che riscopre nel passato i valori del presente.
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