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Sommario anno XIV numero 5 - maggio 2005

 SPETTACOLI

Nel bunker insieme al Fuehrer
(Federico Gentili) - La prima riflessione che si fa, provando un senso di liberazione all’uscita dalla sala, dopo aver visto il film sugli ultimi giorni di Adolf Hitler, è come mai questa pellicola abbia scatenato tante polemiche in Germania. Ci si chiede stupiti perchè “La caduta” di Oliver Hirschbiegel, sia stato accusato di presentare un ritratto eccessivamente umanizzante della persona che invece nell’immaginario collettivo è la perfetta sintesi del male assoluto. Quasi che Hitler, quale moderna personificazione dell’AntiCristo, non possa essere presentato con fattezze umane, due gambe, due braccia e una testa, un comportamento a volte educato e gentile, altre irascibile, folle e visionario. Perchè per il resto, il pazzo dittatore ne esce, come era ovvio, davvero a pezzi. Non solo non si riesce a rintracciare nel film il pur minimo tentativo di giustificazione o attenuante all’esperienza nazista, si prova invece, durante tutta la visione, un senso di claustrofobica nausea. Le polemiche comunque sono piuttosto eloquenti circa il fortissimo complesso nutrito ancora oggi in Germania per quanto avvenuto in quei deliranti dodici anni. Continuando la riflessione postfilmica, dopo le orrende pagine del Novecento, come può esistere ancora uno strumento di risoluzione di problemi chiamato guerra? E come si fa a chiamare intelligenti le bombe e umanitari gli interventi di tank e caccia bombardieri? Forse l’orribile epopea di Hitler, il capitolo più terrificante della storia tedesca ed europea, non è bastato all’uomo? La storia di quegli eventi viene narrata nel film dalla giovanissima Traudl Junge, la segretaria di Hitler, che rimase vicina a lui e al suo più ristretto gruppo di uomini, vivendo sotto terra i giorni della fine. Mentre sopra la Germania bruciava e Berlino era ridotta a un cumulo di macerie, nel rifugio si consumavano le ultime farneticazioni del capo e le follie finali di un pugno di uomini rimasti ciecamente ai suoi ordini. “La caduta” è il primo film tedesco ad affrontare il personaggio di Hitler dopo quello di G. W. Pabst del 1956, “Der leste akt”, raccontato dal punto di vista di un semplice soldato tedesco, interpretato da Oscar Werner. Alcuni pensano che non si debba mettere Hitler sotto i riflettori, perchè in tal modo si offrirebbe un podio ad un mostro. Ma la storia è fatta da persone, anche dalle più orrende. Al Fuerher, splendidamente interpretato da Bruno Ganz, non bastava il mito della sua caduta e della sua morte, ricercava l’annientamento del suo intero popolo. “Se la guerra è persa, non mi importa che il popolo muoia. Non verserò una sola lacrima per loro; non meritano nulla di meglio.” Il modo in cui si è lottato in Germania per superare il torbido passato è encomiabile. La coscienza storica tedesca è stata da sempre tormentata dallo spettro nazista. Una simile opera era necessaria anche per questo motivo, parte del lento, graduale ma inesorabile processo di vedere l’esperienza nazista come storia. Non come qualcosa di ineffabile e inclassificabile. Il produttore tedesco del film, Bernd Eichinger, in un’intervista ha detto che è forse “giunto il momento per i registi tedeschi di avere il coraggio di portare sulla scena qualcosa che è nato in Germania. Dovrebbe ricordare alle nuove generazioni che l’intolleranza, il razzismo e il fanatismo portano inesorabilmente nell’abisso.” Di questi tempi è meglio non dimenticare.

 SPETTACOLI

Sommario anno XIV numero 5 - maggio 2005