Le ipotesi non
euclidee – 12
(di Luca Nicotra)
5. La geometria non-euclidea di N.I. Lobacevskij.
L’obiezione che Lobacevskij muoveva alla rispondenza della geometria
euclidea alla realtà fisica derivava dalla sua particolare ed originale
concezione sperimentale dei postulati e dei concetti primitivi della
geometria, profondamente diversa da quella euclidea. Egli, infatti, non
riconosceva come primitivi i concetti di punto, retta e piano che, invece,
definiva come derivati dai concetti di corpo (che per Lobacevskij è un
qualsiasi solido deformabile senza lacerazioni fino ad ottenere una
sfera), di contatto fra corpi e di movimento rigido, che considerava
primitivi. 1
In tale ordine d’idee, per Lobacevskij il quinto postulato d’Euclide non
risultava accettabile come unico possibile, oltre che logicamente anche (e
prima di tutto!) sperimentalmente. Infatti, esso non può essere soggetto a
verifica sperimentale, perché questa dovrebbe prolungarsi all’infinito, in
contraddizione con il carattere finito di ogni sperimentazione. In altre
parole, poiché la retta euclidea ha lunghezza infinita, la verifica
sperimentale della equidistanza fra le due parallele del quinto postulato
dovrebbe procedere all’infinito, ma ciò è irrealizzabile perché qualunque
esperimento ha durata finita. E allora, chi assicura che “in realtà”
(quella fisica!) le due rette siano veramente parallele? Può darsi che sia
possibile costruire una curva equidistante da una retta assegnata e
passante per un punto fuori di essa, e che tale curva, in una porzione di
lunghezza finita, anche se molto estesa, sia effettivamente rettilinea, ma
che non lo sia più successivamente. È questo il concetto di curva
equidistante introdotto da Lobacevskij, il quale metteva in dubbio che,
considerando una realtà fisica di dimensioni assai superiori di quelle del
mondo ordinario, il luogo dei punti equidistanti da una retta data e
giacenti in una stessa banda rispetto ad essa fosse una retta, ovvero
metteva in dubbio la validità del quinto postulato a quel livello di
realtà fisica, che certamente Euclide non prese in considerazione.
Spingendosi ancora oltre, il matematico russo costruì una geometria
fondata sui primi quattro postulati di Euclide e sulla seguente negazione
del quinto postulato: per un punto fisso fuori di una retta data passa
più di una retta parallela alla data. Lobacevskij, inoltre, dimostrò
che esistono due parallele alla retta data passanti per il punto fisso P
non ad essa appartenente e che tali rette delimitano due angoli, uno dei
quali, detto angolo di parallelismo2, gode della proprietà che
qualunque retta per P in esso giacente è anch’essa parallela alla retta
assegnata. In tale geometria, dunque, esistono infinite parallele ad una
retta data passanti per un punto ad essa esterno.
Lobacevskij qualificò la sua geometria come “immaginaria, astrale,
generale” o anche, con chiara derivazione dal greco, “pangeometria”,
per mettere in evidenza il suo accordo con un mondo fisico di un ordine di
grandezza assai superiore rispetto a quello del mondo terrestre ed anche
astronomico ordinario. Egli stesso così commentò3 le sue
osservazioni sperimentali sul triangolo Sole-Terra-Sirio: “...la natura
stessa ci indica distanze tali, in paragone alle quali svaniscono per la
loro piccolezza perfino le distanze delle stelle fisse dalla nostra Terra”.
La geometria di Lobacevskij è detta anche “geometria iperbolica” e
“geometria dell’angolo acuto”, poiché la negazione del quinto postulato
euclideo su cui è costruita corrisponde all’ipotesi dell’angolo acuto del
quadrilatero di Saccheri. Con riferimento ad un’altra importante forma
equivalente della negazione del quinto postulato, la pangeometria afferma
che nel caso generale la somma degli angoli interni di un triangolo è
minore di due retti, mentre soltanto nel caso particolare che ci si limiti
a spazi delle dimensioni terrestri ed astronomiche ordinarie essa è uguale
con buona approssimazione a due retti, il che equivale a dire che è valida
la geometria euclidea, che pertanto risulta un caso particolare della
pangeometria: in tal caso l’angolo di parallelismo diventa nullo ed esiste
una sola parallela ad una retta data per un punto non ad essa
appartenente.
Poiché la relazione Exposition succincte des principes de la geometrie
avec une demonstration rigoureuse du theoreme des paralleles, letta
nel 1826 alla facoltà fisico-matematica dell’università di Kazan, non fu
pubblicata, il primo lavoro ufficiale di Lobacevskij sulla nuova geometria
è da considerarsi quello apparso nel 1829, con il titolo di O nacalach
geometrii (Sui principi della geometria). Tuttavia, questo fu
pubblicato dall’università di Kazan soltanto come pubblicazione interna,
impedendone quindi una larga diffusione. Ciò spiega il ritardo con cui
l’opera del grande matematico russo fu conosciuta in Europa, grazie ad
altre tre diverse esposizioni della nuova geometria pubblicate alcuni anni
più tardi con i titoli di Novye naèala geometrij s polnoj teoriej
parallel’nyh (Nuovi principi di geometria) (1835-1838),
Geometrischen Untersuchungen zur Theorie der Parallellinien (Ricerche
geometriche sulla teoria delle parallele) (1840), libro scritto in
tedesco e letto da Gauss, e Pangeometria, scritto prima in russo
(1855) e poi in francese (1856). Gauss apprezzò molto l’opera di
Lobacevskij, come risulta dal suo epistolario, ma non pubblicamente, per
gli stessi motivi per i quali non pubblicò mai le proprie ricerche sullo
stesso argomento: paura delle polemiche che si sarebbero accese con i
kantiani. Nel 1842, tuttavia, Gauss fece nominare Lobacevskij membro della
Società Scientifica di Gottinga, come riconoscimento dell’alto valore
scientifico della sua opera. Tale soddisfazione fu, però ben presto
amareggiata da varie sciagure che colpirono Lobacevskij: la cecità e nel
1846, a 54 anni, a dispetto della sua fama e dei numerosi servizi resi
alla scienza e allo stato, il suo inspiegabile “licenziamento” dalla sua
carica di rettore e di professore dell’Università di Kazan, dopo lunghi
anni d’insegnamento. Era forse una “punizione” per il suo atto temerario
di aver reso noto al mondo che oltre l’euclidea poteva esistere un’altra
geometria altrettanto valida, di cui l’euclidea era un caso particolare?
Questo non lo sapremo mai, ma il dubbio è lecito, viste le circostanze
misteriose in cui avvenne l’allontanamento del grande matematico russo
dalla vita pubblica del suo paese, nonostante le vigorose proteste dei
suoi colleghi.
6. La geometria non-euclidea di Gauss-Bolyai.
Nella storia della scienza non è raro che più scienziati giungano alla
stessa scoperta in maniera indipendente e coeva, cioè senza essere al
corrente dei risultati, simili, ottenuti contemporaneamente da altri. Nel
passato, ciò era dovuto soprattutto alle difficoltà delle comunicazioni e
della diffusione delle pubblicazioni. Ciò accadde anche per le geometrie
non-euclidee. Infatti, indipendentemente l’uno dall’altro e nello stesso
periodo di tempo, altri illustri matematici del secolo XIX pervennero alla
creazione della stessa geometria di Lobacevskij.
L’ungherese Janòs Bolyai nel 1832 pubblicò un’appendice all’opera
Tentamen del padre Wolfgang (o Farkas) intitolata Scienza assoluta
dello spazio4 che conteneva la stessa geometria
non-euclidea di Lobacevskij.
Ma ancor prima di Lobacevskij e Bolyai, il sommo Gauss (1777-1845), “princeps
mathematicorum”, pose in dubbio la veridicità universale della
geometria euclidea, giungendo a risultati analoghi a quelli della
geometria non-euclidea creata dal russo e dall’ungherese, che, però, come
abbiamo già ricordato, non ebbe il coraggio di rendere ufficialmente noti.
Gauss si dedicò a tali studi saltuariamente per lunghi anni, come è
testimoniato dalle numerose lettere inviate a colleghi ed amici e da
alcuni manoscritti trovati dopo la sua morte.
Da una lettera scritta all’amico Heinrich Christian Schumacher, risulta
che Gauss dal 1792, cioè da quando aveva quindici anni5, si
occupò del quinto postulato, dapprima anch’egli nell’intento di
dimostrarlo, e, successivamente, invece, con la convinzione della
possibilità logica di una geometria fondata sulla negazione del quinto
postulato.
Questo atteggiamento di rottura è ben evidente in molte sue epistole,
scritte negli anni successivi ai suoi tentativi di dimostrazione del
quinto postulato. Il 16 dicembre 1799, a ventidue anni, nella lettera
all’amico Wolfgang Bolyai, Gauss scriveva: “...solo che la via che ho
imboccato conduce non già allo scopo che si desidera e che tu sostieni di
aver raggiunto (la dimostrazione del V postulato di Euclide), ma piuttosto
a mettere in dubbio la verità della geometria.” E poi Il 28 aprile
1817 nella lettera a Olbers: “Mi persuado sempre di più che la
necessità della nostra geometria non possa essere dimostrata, non, per lo
meno, dall’intelletto umano o per l’intelletto umano”. Particolarmente
famosa è la lettera delle “strida dei Beoti” scritta da Gauss a Bessel il
27 gennaio 1829: “In qualche ora libera sono talvolta tornato a
riflettere su un altro argomento che per me è già vecchio di quasi
quarant’anni; intendo parlare dei primi fondamenti della geometria; non so
se Le ho già parlato delle mie idee in proposito. Anche su tale argomento
ho ulteriormente consolidato alcuni punti, e la mia convinzione che non
sia possibile fondare la geometria in modo interamente a priori è divenuta
se possibile, ancora più salda. Intanto lascerò passare molto tempo prima
di decidermi ad elaborare per la pubblicazione le mie assai ampie ricerche
sull’argomento, e forse ciò non avverrà mai durante la mia vita, perché
temerei le strida dei Beoti qualora volessi esprimere compiutamente le mie
idee.” I Beoti cui si riferiva Gauss erano i seguaci di Kant. Ancora
più esplicita appare la posizione di Gauss verso la geometria euclidea in
un’altra lettera all’amico Bessel, datata 9 aprile 1830:”.....dobbiamo
umilmente riconoscere che mentre il numero è un puro prodotto del nostro
spirito, lo spazio ha una realtà anche al di fuori del nostro spirito, e
le sue leggi noi non le possiamo descrivere interamente a priori.”
Nel gennaio 1832, Gauss ricevette dall’amico Wolfgang Farkas Bolyai copia
dell’opera Tentamen con l’appendice Scienza assoluta dello spazio di Janòs
Bolyai. Quando ebbe letta quest’ultima, così rispose al vecchio amico
Farkas Bolyai: “Se comincio a dire che non posso lodare questo lavoro,
tu certamente per un istante resterai meravigliato. Ma non posso fare
altro: lodarlo sarebbe lodare me stesso; infatti, tutto il contenuto
dell’Opera, la via spianata da tuo figlio, i risultati ai quali egli fu
condotto coincidono quasi interamente con le mie meditazioni, che hanno
occupato in parte la mia mente da trenta a trentacinque anni a questa
parte.”. E più avanti concludeva: “Avevo l’idea di scrivere, col
tempo, tutto ciò, perché esso non perisse con me. È dunque per me una
gradevole sorpresa vedere che questa fatica può ora essere risparmiata, e
sono estremamente contento che sia proprio il figlio del mio vecchio amico
che mi abbia preceduto in modo così notevole.”. Questa è una splendida
testimonianza di come la vera grandezza dell’uomo coincida con la
generosità e l’onestà e non conosca l’invidia! Fra l’altro, tale
riconoscimento di Gauss ha un particolare valore, essendo nota la sua
avarizia nell’esprimere apprezzamenti ad altri matematici.
(Fine della 12° puntata)
(Note)
1 Per un’analisi dettagliata di tali idee si rimanda all’opera divulgativa
di Lobacevskij Nuovi principi della geometria edita in Italia da
Boringhieri nella traduzione di Lucio Lombardo Radice.
2 Il concetto di angolo di parallelismo si trova già nell’Euclides ab
omni naevo vindicatus di G. Saccheri.
3 N. I. Lobacevskij Sui principi della geometria 1829-1830.
4 La denominazione “assoluta“ è dovuta al fatto che tale geometria è
ricavata dai primi quattro postulati di Euclide, e quindi non dipende dal
quinto postulato (in latino absoluta = sciolta).
5 Gauss è stato uno dei più grandi geni dell’umanità. Fu un bambino
prodigio, manifestando fin da piccolo uno straordinario talento: non aveva
ancora compiuto tre anni che una sera, osservando il padre fare certi
conti, gli fece notare che c’era un errore, ed era vero! Imparò a leggere
da solo prima dei tre anni e manifestò per tutta la vita un’eccezionale
abilità nel calcolo mentale. Scherzando, soleva dire che aveva imparato a
contare prima che a parlare. |