Notizie in... Controluce Notizie in... Controluce
 Versione digitale del mensile di cultura e attualità dei Castelli Romani e Prenestini

sei il visitatore n.

 

home | indice giornali | estratti | info | agenda | cont@tti | cerca nel sito | pubblicità

 

Sommario anno XIV numero 5 - maggio 2005

 ARTE

Il pozzo della Rocca di Orvieto – 2
(Piercarlo D’Angeli) - Nella gradevole interpretazione che quasi certamente traeva spunto dalla fantasia e dall’immaginazione popolare, il poeta forzò figura 3letteralmente l’immagine tradizionale del pozzo fino a farlo sembrare qualcosa che architettura non è. Si arriva, cioè, alla convinzione, benché prospettata come ipotesi, che il pozzo l’immaginosissimo pozzo, non dovesse assolvere soltanto ad una funzione pratica, ma costituisse piuttosto una occasione per esprimere in modo originale un preciso programma simbolico.
La doppia spirale di serpenti avviluppati insieme lungo l’asse, secondo la letteratura emblematica dell’epoca, evocava infatti l’immagine classica del caduceo ermetico che in questo caso assumeva un ruolo determinante ai fini della glorificazione del popolo orvietano. È fuori dubbio che il pontefice intendesse realizzare un’opera che non servisse soltanto a rifornire di acqua l’ultimo baluardo della città, ma fosse anche una testimonianza concreta della gratitudine verso quella popolazione che così benevolmente lo aveva accolto e protetto. Partendo da questi presupposti è lecito supporre che il Sangallo, traendo forse ispirazione dalla scala del campanile di San Niccolò a Pisa o da quella del palazzo mediceo di Poggio a Caiano o meglio ancora dalle scale elicoidali delle torri dodecagone di Orvieto, abbia dato libero sfogo alla fantasia conciliando nella progettazione del pozzo esigenze di carattere pratico connesse alla ricerca dell’acqua con un nutrito programma simbolico.(fig.3)figura 4
Nel contesto culturale della prima metà del ‘500 era infatti presente un filone della letteratura ermetica che coltivava l’immagine del serpente e del caduceo come immagine di salvazione. Il Valeriano, dotto e documentato autore cinquecentesco scriveva in proposito nel suo poderoso compendio : “…Anguis significatum apud Romanos, perinde apud Graecos et Aegiptos, sanctum semper fuit, per quem nimirum ipsum salubritatis Deum Aesculapium intellegenbant… Intesse quidam angui rimedia multa, esperimento compertum est, neque ullum esse aiunt apud medicos volum, quod anguium in aegritudinis beneficia non altissime demonstreret: ut minus miremur serpentis effigiem in aere in consum surrectam a Mose, in quam populus oculos intendens, ab incommodis, quae se in itinere tam longo aggerere potuissent, divino aspirante presidio leberarentur…”.
Una tradizione quella del serpente che affondava le radici nel Vangelo secondo Giovanni in cui veniva data per scontata l’equazione Cristo = Serpente, ed ancor prima nel racconto biblico della guarigione del popolo d’Israele di fronte all’immagine del serpente di bronzo appeso ad una antenna. ( fig.4)
Esisteva, dunque, in quel periodo un substrato ermetico e biblico confortato da tutta una serie di libri e libricini derivati per lo più dalla raccolta dell’Alciato (1492-1550) secondo il quale un serpente o meglio una coppia di serpenti, talvolta rappresentati con i connotati di draghi alati, costituenti l’inviluppo del caduceo ermetico veniva spesso utilizzato come simbolo di Virtù, di Salute e di “Felicitas Publica”.
Ci si può rendere conto in questo modo che l’alludere al pozzo come ad una interpretazione architettonica del Caduceo ermetico sia stato un modo per cantare la gloria e le virtù del popolo orvietano, e per esaltare di riflesso l’operato della Chiesa in un momento in cui la fedeltà a quest’ultima e al suo capo spirituale risuonava come un monito per quelle genti che sembravano aver dimenticato i doveri cristiani.
figura 5Queste intuizioni sembrano trovare conferma indirettamente anche nel secondo rovescio della medaglia dove il Papa volle che venisse raffigurata l’Allegoria della Pace per alludere ai trattati di Barcellona e di Cambrai, stipulati tra i principi della cristianità. (fig.5)
Con ogni probabilità le intenzioni espresse nell’architettura mediante il linguaggio dei simboli non si limitavano ad interpretare un messaggio augurale del pontefice alla città, ma tendevano a varcare quei limiti per acquistare ben più vasta risonanza. Un’analisi più approfondita dei caratteri compositivi del pozzo mette infatti in evidenza alcuni suggestivi aspetti che sembrano in qualche modo avvalorare questa ipotesi.
Circolare all’esterno, ma strutturato ad exagonum su dodici livelli, organizzati su due spirali elicoidali, il pozzo accomunava le ideologie del sei, del dodici, della spirale e dell’acqua. Al pari delle torri partecipava del valore simbolico di axis mundi, cioè di asse cosmico al negativo, e con le sue dodici rampe rievocava l’immagine dei tralci e della vite ed ancora quella apocalittica dell’albero della vita, la pianta eterna fissata nel mezzo del cielo a sostegno dell’universo e ad unione del mondo.
Dal prodotto del dodici - che tradizionalmente rappresenta la Chiesa e gli Apostoli - con il sei - la ruota a sei raggi espressione del Christus Redentor -, il settantadue, coincidente con le settantadue aperture del vano centrale che danno luce alle rampe, concludeva in un mirabile crescendo il simbolismo numerologico ricollegando l’architettura al messaggio evangelico sulla costituzione della Chiesa e sulla missione di pace dei discepoli.(fig.6)figura 6
In questa perfetta sintonia tra riferimenti numerici e valori simbolici, la scala che accomunava ad un tempo i caratteri della verticalità e della spirale e che nella tradizione medievale designavano non soltanto l’ascesa verso l’Eterno ma anche la discesa e, quindi, il ritorno alle origini, alla terra e al mondo sotterraneo, rappresentava i ritmi ripetuti della vita, il carattere ciclico dell’evoluzione, lo svolgimento e la continuità dell’esistenza umana.
Non è quindi improbabile che la linea ininterrotta delle spirali sovrapposte, congiunte in presenza dell’acqua, intendesse alludere all’immortalità dell’anima ed al sentimento di continuità e di dinamismo vita - morte - vita.
Corpo mistico del Cristo, perciò il Pozzo con le sue dodici membra simbolo della Chiesa, si poneva quale tramite tra Dio e l’uomo (asse cosmico - cristologico) per dissetare e santificare le anime, attraverso il potere rigeneratore dell’acqua, fuoco della spirale discendente (Chiesa Purgante) e poi ricongiungerle dopo la morte con il fuoco della spirale ascendente (Chiesa Trionfante).
In stretta relazione, quindi, con gli avvenimenti che avevano caratterizzato la storia del Papato in quegli anni così difficili, il Pozzo riflettendo in sé i poteri soteriologici dell’acqua, si confermava come un microcosmo in cui valori liturgici e forme architettoniche venivano fusi per dare origine a significati simbolici destinati a celebrare la missione della Chiesa e la redenzione dell’uomo dal peccato.

 ARTE

Sommario anno XIV numero 5 - maggio 2005