Il 25 aprile, festa
della “Liberazione”
(Giovanna Ardesi) - La storia dovrebbe essere riscritta?
Parrebbe di sì, alla luce delle varie richieste che si sollevano da più
Paesi, per rivendicare il riconoscimento di un maggiore contributo dato da
essi alla liberazione dei popoli dal nazi-fascismo. Veniamo ai fatti. Fino
ad oggi, e siamo a 60 anni da tale liberazione, si è dato molto risalto
alla campagna d’Italia degli anglo-americani, iniziata il 10 luglio 1943,
ed allo sbarco in Normandia (Francia) degli Alleati il 6 giugno 1944.
Lo storico inglese Richard Overy ha recentemente riconosciuto il peso
determinante avuto dall’ex Unione Sovietica nello sconfiggere Hitler, tra
sacrifici inauditi, sia da parte delle sue forze armate che della
popolazione civile. Grazie a questi sacrifici in Russia andarono distrutte
oltre 600 divisioni dell’Asse. È, inoltre, da tener presente che nel
giugno 1944 la Germania, a fronte della cinquantina di divisioni che aveva
schierate in Francia, ne schierò più del triplo in Russia. Infine, nel
periodo dello sbarco in Normandia da parte degli Alleati, i russi, pur
allo stremo delle forze, riuscirono a lanciare una travolgente offensiva
in Bielorussia (operazione Bagration) che li portò fino alle porte di
Varsavia. Un’analisi onesta questa di Overy!
Veniamo ora al ruolo rivendicato dagli etiopi.
L’UNESCO, sulla base delle tesi elaborate dallo storico inglese, Richard
Pankhrust - ponderando una questione prettamente storiografica - ha
riconosciuto che la data d’inizio della II guerra mondiale non è il 1°
settembre 1939, quando l’esercito nazista alle ore 4,40 del mattino
aggredì la Polonia, bensì il 3 ottobre 1935 quando l’Italia aggredì
l’Etiopia, nazione entrata a far parte fin dal 1923 della Società delle
Nazioni.
Se la prima vittima del nazi-fascismo fu l’Etiopia, fu poi la volta della
Cina attaccata dal Giappone il 7 luglio 1937, e della Cecoslovacchia
invasa dai tedeschi il 3 marzo 1939. La guerra terminò il 2 settembre
1945, data della resa incondizionata giapponese.
La lunga e sanguinosa resistenza del popolo etiope (che costò, secondo la
storiografia africana, oltre 700.000 morti tra soldati e civili) vinse
sull’occupazione fascista, quando l’Inghilterra intervenne tra il 1940 e
il 1941 in Africa Orientale, ed ebbe termine il 27 novembre 1941 a Gondar.
Tuttavia la lotta degli etiopi contro il fascismo si protrasse ben oltre
la sua liberazione, perché essi combatterono a fianco delle Forze Alleate
fino alla totale disfatta dei nemici ed alla conclusione delle ostilità. È
per questo ruolo avuto dall’Etiopia nella lotta di liberazione che essa
partecipò ai trattati di pace, compreso quello con il Giappone l’8
settembre 1951.
Ora lo storico etiopico Hailé Marian, che nei suoi studi è stato tra i
primi promotori del riconoscimento della data del 3 ottobre 1935, quale
vero inizio della II Guerra mondiale, individua proprio in questo errore
la causa della mancata creazione di un tribunale internazionale per i
crimini commessi dall’Italia fascista in Etiopia, diversamente da quanto
avvenne per i gerarchi nazisti e giapponesi. Infatti, la richiesta
etiopica, sostiene lo storico etiopico, di processare Badoglio, Graziani,
Cortese, Lessona, Geloso, Nasi, Biroli e Tracchia, accusati di crimini in
Etiopia, non fu accolta. Si può obiettare, tuttavia, che anche in
Iugoslavia non ci fu un tribunale internazionale che giudicasse i
criminali di guerra italiani.
A sessant’anni dalla fine della II Guerra mondiale l’Associazione Exodus,
non lucrativa, di promozione sociale e culturale si fa promotrice in
Italia di una campagna di raccolta di firme per la posa in opera di una
targa commemorativa e di un bassorilievo, da porre nelle vicinanze dell’ex
sito della stele di Aksum, a ricordo delle vittime del colonialismo
italiano. La richiesta sarà inoltrata al sindaco di Roma. Portavoce di
questa associazione è Carmelo Crescenti, che ha sfilato per le strade di
Roma insieme alla Comunità etiopica ed ai partigiani dell’ANPI e alle
varie associazioni di combattenti di Roma e provincia, accompagnando un
carro con musica e mostra fotografica che testimoniano le atrocità
fasciste in Etiopia. Crescenti ha tenuto a precisare che da qualche anno
l’associazione Exodus è presente nelle scuole di Roma e provincia con
cortometraggi dell’epoca di realizzazione etiopica. L’obiettivo è quello
di sensibilizzare gli studenti su alcuni punti, cioè che:
1) il vero inizio della II Guerra mondiale ha coinciso con l’invasione
armata dell’esercito fascista della nazione etiopica;
2) il popolo etiopico a fine guerra non si vendicò sugli italiani per i
crimini commessi, ma li perdonò facendoli tornare a casa vivi, obbedendo
all’appello del negus Hailé Selassiè, che alla radio pronunciò un
commovente discorso con il quale chiese agli uomini ed alle donne di “non
macchiarsi delle stesse colpe degli aggressori italiani, ma di lasciarli
andare per la stessa strada da dove erano venuti”;
3) è stato fondamentale il contributo della resistenza etiopica nel far
indebolire il governo fascista in Italia, logorandolo, anche
economicamente, con l’estenuante guerriglia (dal 1936 al 1941) in Africa
Orientale.
Fin qui quanto afferma Crescenti.Questi i punti elencati da Crescenti che,
nella mattinata del 25 aprile, ha sfilato per le strade di Roma insieme
alla Comunità etiopica ed ai partigiani dell’ANPI e alle varie
associazioni di combattenti di Roma e provincia.
D’altra parte, da tempo, è stata smantellata la tesi fascista di aver
realizzato un colonialismo buono. Infatti, chi potrebbe più negare la
tecnica del terrore usata dagli italiani in Africa Orientale, ora che il
nostro più grande etiopista Angelo Del Boca ha fotografato negli Archivi
storici i telegrammi del Duce che autorizzavano Badoglio e Graziani ad
utilizzare gas micidiali in grande stile per avvelenare l’acqua e i campi
coltivati in uso dei civili? Questo avvenne abitualmente soprattutto in
luoghi lontani dalle operazioni di guerriglia per fiaccare moralmente e
psicologicamente la resistenza armata etiopica, proprio come affermarono,
nei telegrammi di risposta al Duce, i due generali italiani commentando
l’efficacia dei gas.
Crescenti durante la manifestazione ha detto con soddisfazione: “La nostra
iniziativa non poteva non essere condivisa dalle associazioni dei
partigiani italiani, perché in qualche caso alcuni di essi, seppur in
numero minimo, hanno combattuto a fianco degli “arbegnuoc”, cioè dei
partigiani etiopici”. È noto, infatti, agli etiopi Alberto Imperiale che
ha scritto un emozionante diario delle operazioni compiute da lui, allora
quindicenne, a fianco di suo padre, partigiano comunista sfuggito alle
persecuzioni fasciste, che di notte alla guida di un camion italiano
riforniva di viveri i combattenti per la libertà. Un documento storico
davvero importante!
Info: ethiopianexodus@yahoo.it - www.exodus.3000.it |