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Sommario anno XIV numero 5 - maggio 2005

 DAL MONDO

“The take” di Naomi Klein e Avi Lewis
(Caterina Rosolino) - Nel mese di marzo è stato proiettato, nella sala del politecnico fandango a Roma, il documentario “The Take” scritto da Naomi Klein, autrice del bestseller “No Logo”, e diretto dal marito giornalista canadese Avi Lewis. Ambientato nell’Argentina prostrata dalla crisi economica, il filmato ripercorre la vicenda di un gruppo di operai di Buenos Aires che, dopo essere stati licenziati a causa del fallimento della loro fabbrica, decidono di occupare la struttura e di riavviare le macchine per autogestirla.The take nasce dalla necessità di contrastare quella che gli stessi autori definiscono “pornografia della protesta”. “In televisione le uniche immagini che si fanno vedere sono quelle degli scontri tra polizia e manifestanti - dice la documentarista -. Questo perché i momenti di forte violenza hanno maggiore appeal sugli spettatori. Anche noi mostriamo gli operai tirare i sassi contro i poliziotti e questi ultimi sparare contro la folla, ma questo non è che un aspetto di quel processo che entra in atto quando si verifica un cambiamento sociale e che noi mostriamo dall’inizio alla fine, dedicando grande spazio alla parte umana. Tuttora l’idea del cambiamento sociale è un’idea misteriosa e i media si perdono la parte più interessante del processo: la discussione, la parte umana del cambiamento. È questa che volevamo mostrare”. Per tre mesi Noami Klein e Avi Lewis hanno seguito la vicenda degli operai di una ventina di fabbriche, “alla fine abbiamo scelto di raccontare la storia della Forja perché siamo riusciti a riprenderne in diretta l’occupazione” spiega Lewis. “I movimenti sociali in Argentina stanno diventando sempre più forti e con loro anche i partiti di sinistra” spiega la Klein. Il cambiamento sta coinvolgendo anche Uruguay, Bolivia e Venezuela. “Pure in questi paesi i governi sono diventati più ricettivi alla politica di occupazione delle fabbriche”. Di certo gli Stati Uniti non staranno a guardare. “I primi segni arrivano dal fatto che l’amministrazione Bush ha già iniziato a demonizzare Chavez in Venezuela”. Ma come mai i documentari oggi hanno tanto successo? “Sopperiscono alla profonda crisi dei mezzi di informazione - risponde Lewis -. La storia della crisi argentina è un esempio perfetto. Per qualche settimana i tg ci hanno mostrato la parte più folcloristica della protesta, le pentolate in piazza. Ma chi ha raccontato quello che è successo dopo? The Take fornisce alcune risposte. So che nel vostro Paese avete una forte concentrazione nel controllo dei media. Ma la gente vuole la verità e i documentari rispondono a quest’esigenza, approfondiscono, regalano emozioni e danno un’immagine tridimensionale della realtà”. Naomi Klein spiega con queste parole il messaggio del documentario: “Ci si inizia ad interrogare sulla distanza tra economia e diritto alla sopravvivenza. Ci sono paesi in cui certo ho il diritto di voto, ma poi non ho quello alla casa, al lavoro, alla vita stessa: mi vengono negati gli stessi diritti umani. Questa è la democrazia in versione Bush. Per questo in America Latina si dice “Vogliamo tutto”, vogliamo il diritto alla vita. Come mostriamo in The Take.” Non poteva mancare nelle parole di Naomi Klein una riflessione sul movimento no global. “In Italia avete sempre usato questa espressione “no global” che non ho mai ben capito cosa indicasse. Negli Usa non la conosciamo. Più che un movimento, infatti, credo si sia trattato di un momento, un momento di riconoscimento globale. I soggetti isolati a livello nazionale hanno trovato insieme una sorta di identificazione.
Così come è successo a Seattle, Genova, Porto Alegre. Ed è stato importante. Importante condividere delle idee, che poi, anche grazie alla rete, hanno trovato una maggiore possibilità di scambio”. Quello che rispetto ad allora è cambiato, sostiene oggi Naomi Klein, “è che adesso sappiamo che queste lotte sono locali e vanno combattute e vinte nei luoghi dove si vivono”. È il caso per esempio delle battaglie contro la privatizzazione dell’acqua in Bolivia, dei Sem Terra in Brasile, delle fabbriche autogestite dagli operai in Argentina, appunto, come racconta The Take. “Lo stesso sta avvenendo anche in Italia -prosegue Naomi Klein-. Da Genova le lotte del movimento sono proseguite con le battaglie dei giovani contro il lavoro precario e il sostegno ai migranti. Con la nascita di San precario -che a Roma ha tenuto a battesimo l’anteprima del film- santo patrono di tutti i lavoratori senza garanzie”.

 DAL MONDO

Sommario anno XIV numero 5 - maggio 2005