Lettera ad una
multinazionale
(Jacopo Fo) - Hai avuto un orgasmo leggendo i giornali
giovedì mattina? Io ne ho avuti due. Non godevo così da quando i Gruppi di
acquisto Solidale (Gas) hanno importato il latte in polvere per neonati ed
è scoppiato il bubbone della truffa farmaceutica legalizzata. Beh, se devo
essere sincero ho goduto anche quando l’olio di colza è andato esaurito
nei supermercati del nord Italia... Sì, devo dire che è un periodo
caldo... Ma quelle sono state vittorie nazionali. La Nike è una roba
mondiale!
Per i distratti riassumo l’evento epocale. La Nike ha reso pubblico un
rapporto realizzato dai suoi stessi analisti, sulle condizioni di lavoro
nelle 700 fabbriche che costruiscono le loro scarpette. Porca miseria,
quanti anni sono che rompiamo le palle al mondo con questa storia?
Un sacco di benpensanti che ci dicevano che esageravamo a dire che erano
dei criminali. Per non parlare dei compagni che ci ripetevano che col
nostro boicottaggio degli acquisti non avremmo concluso niente... E adesso
la Nike conferma tutte le accuse: violenze fisiche, condizioni di lavoro
inumane e tossiche (1), lavoro minorile, ipersfruttamento, aggressioni ai
sindacalisti, licenziamenti punitivi. Insomma sono delle bestie. Ora
promette di voltare veramente pagina. E lo fa grazie al movimento del
consumo etico.
Intendiamoci, non credo a una riga delle loro promesse. Sono solo
cannibali senz’anima e senza cervello. Prima che mi compri una sola
stringa, da loro, devono come minimo salvare più bambini di Madre Teresa
di Calcutta. E non li vogliamo solo salvi e ben pasciuti, li vogliamo
anche laureati all’Università di Stanford.
Ma il fatto che oggi, su tutti i giornali del mondo ci sia, per la prima
volta in termini così totali, la resa incondizionata di una multinazionale
davanti a un mare di accuse è strepitoso! Una multinazionale è arrivata a
spendere alcuni milioni di euro per certificare in modo incontrovertibile
la propria colpevolezza su tutti i capi di accusa. Se non è una vittoria
storica questa...
Da oggi nessuno può più dire che le nostre accuse alle multinazionali sono
insensate. E chi si dichiarava progressista indossando Nike forse si farà
delle domande sulla sua opposizione verbosa e inetta ai mali del mondo.
Questo risultato lo abbiamo ottenuto con la partecipazione di pochi. Cosa
succederebbe se i 7 milioni di italiani che hanno esposto la bandiera
della pace iniziassero a usare i propri acquisti come arma di dissuasione
pacifica?
La capacità dei consumatori di provocare cambiamenti sociali sostanziali è
a questo punto un fatto certificato dagli eventi. Resta solo da verificare
la misura dei risultati che si possono ottenere coinvolgendo milioni di
persone.
Forse dovremo aspettare che il Pentagono dica che i consumatori
responsabili sono la più forte potenza politica del mondo prima che i
vertici della sinistra italiana lo capiscano... Ma chiunque abbia un po’
di testa può ormai comprendere che, come disse parecchi anni fa Padre Alex
Zanotelli, “voti ogni volta che fai la spesa”!
Ma quando voti un politico rischi che non cambi niente. Quando smetti di
comprare un prodotto e inizi a chiedere a tutti: “Perché hai comprato le
Nike? Non sai che sono sotto boicottaggio?” allora fai paura alle
multinazionali. Ed è una grandissima soddisfazione.
Non è la prima volta che si vince. Vi ricordate la campagna di Gesualdi
contro la Del Monte? Lì si trattava di una storia tutta italiana, anche
se, grazie al coinvolgimento della Coop, le ricadute sono state il cambio
delle condizioni di vita in tutte le piantagioni Del Monte. Ma adesso è
una roba più grossa. Tutti i consumatori del mondo sanno che uno dei
quattro loghi più noti del mondo è sporco di sangue. Che faranno adesso
alla Disney, alla Coca Cola e alla McDonald’s? Ma sapete come stanno male?
Tutti i manager urlano in tutti i telefoni: “La Nike è impazzita! Si sono
autoaccusati! Ma checcavolo gli viene in mente?” Vorrei poter parlare con
questa gente in questo momento. Vorrei potergli dire la verità.
«Caro manager, ormai che la Nike ha ceduto, ti resta una sola cosa da
fare: adeguarti. Perché se non dimostri che sei capace di fare del bene
all’umanità e non espii tutte le tue colpe con buone azioni, allora sei
nei guai. Perché succede che quel piccolo numero di consumatori
rompiscatole che vanno in giro dicendo che i tuoi prodotti portano sfiga
perché sono sporchi di sangue inizia a essere ascoltato. Sono dei
vigliacchi perché non si limitano a sputtanare le tue semplici strategie
industriali. Alludono, in modo subdolo e vigliacco, al fatto che comprare
prodotti sporchi di sangue porti sfiga e abbassi la libido sessuale.
Lo so che la sfiga non esiste e che sono tutte idiozie... Ma che ci vuoi
fare, sono superstizioni che se si diffondono poi sono dure da estirpare.
Capisci, caro manager, è così che funziona il mondo ormai. Tutti i
miliardi che hai speso in pubblicità spariscono davanti a un ecologista
che è scocciato per il fatto che le operaie di Saigon vengono stuprate dai
capireparto sulle cataste delle suole delle scarpe. Cioè un pessimo karma
da portare ai piedi. E così tutto il tuo bel tran tran, le tue azioni che
salgono, i tuoi indici di crescita vanno a farsi benedire. E tu ti devi
svegliare mezz’ora prima per andare a leggere sul vocabolario cosa vuol
dire “etica”.
Povero sfigato, che vita dura. Adesso dovrai occuparti anche degli asili
nido dei dipendenti dei tuoi partner produttivi. Che grande scocciatura.
Ma ormai non hai via di scampo. Lo sai, appena una multinazionale cede le
altre si devono adeguare. Sennò sei fuori dal gioco e gli azionisti
reclamano la tua testa. Si chiama capitalismo, baby, e tu hai sempre
sostenuto che è il miglior sistema possibile. Adesso impari una cosa che
non sapevi: le leggi del marketing non hanno pietà per nessuno. Neanche
per te. Sei costretto a diventare buono.
Lo so che per te è una cosa orribile ma non hai scelta.»
(Fonte: Il C@C@O della domenica del 17 aprile 2005)
Nota 1
Fra dipendenti e società appaltatrici sono 650mila le persone che lavorano
per la Nike. La maggior parte sono donne tra i 16 e i 25 anni di età. La
settimana lavorativa supera le 60 ore settimanali nel 50% degli
stabilimenti asiatici. Punte del 90% in Cina. In molte delle aziende c’è
il divieto di andare in bagno e perfino di bere durante tutto l’orario di
lavoro. Il rapporto completo si trova su
http://www.nikeresponsibility.com/reports
(Fonte: Repubblica di giovedì 14 aprile) |