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Sommario anno XIV numero 5 - maggio 2005

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Lettera ad una multinazionale
(Jacopo Fo) - Hai avuto un orgasmo leggendo i giornali giovedì mattina? Io ne ho avuti due. Non godevo così da quando i Gruppi di acquisto Solidale (Gas) hanno importato il latte in polvere per neonati ed è scoppiato il bubbone della truffa farmaceutica legalizzata. Beh, se devo essere sincero ho goduto anche quando l’olio di colza è andato esaurito nei supermercati del nord Italia... Sì, devo dire che è un periodo caldo... Ma quelle sono state vittorie nazionali. La Nike è una roba mondiale!
Per i distratti riassumo l’evento epocale. La Nike ha reso pubblico un rapporto realizzato dai suoi stessi analisti, sulle condizioni di lavoro nelle 700 fabbriche che costruiscono le loro scarpette. Porca miseria, quanti anni sono che rompiamo le palle al mondo con questa storia?
Un sacco di benpensanti che ci dicevano che esageravamo a dire che erano dei criminali. Per non parlare dei compagni che ci ripetevano che col nostro boicottaggio degli acquisti non avremmo concluso niente... E adesso la Nike conferma tutte le accuse: violenze fisiche, condizioni di lavoro inumane e tossiche (1), lavoro minorile, ipersfruttamento, aggressioni ai sindacalisti, licenziamenti punitivi. Insomma sono delle bestie. Ora promette di voltare veramente pagina. E lo fa grazie al movimento del consumo etico.
Intendiamoci, non credo a una riga delle loro promesse. Sono solo cannibali senz’anima e senza cervello. Prima che mi compri una sola stringa, da loro, devono come minimo salvare più bambini di Madre Teresa di Calcutta. E non li vogliamo solo salvi e ben pasciuti, li vogliamo anche laureati all’Università di Stanford.
Ma il fatto che oggi, su tutti i giornali del mondo ci sia, per la prima volta in termini così totali, la resa incondizionata di una multinazionale davanti a un mare di accuse è strepitoso! Una multinazionale è arrivata a spendere alcuni milioni di euro per certificare in modo incontrovertibile la propria colpevolezza su tutti i capi di accusa. Se non è una vittoria storica questa...
Da oggi nessuno può più dire che le nostre accuse alle multinazionali sono insensate. E chi si dichiarava progressista indossando Nike forse si farà delle domande sulla sua opposizione verbosa e inetta ai mali del mondo. Questo risultato lo abbiamo ottenuto con la partecipazione di pochi. Cosa succederebbe se i 7 milioni di italiani che hanno esposto la bandiera della pace iniziassero a usare i propri acquisti come arma di dissuasione pacifica?
La capacità dei consumatori di provocare cambiamenti sociali sostanziali è a questo punto un fatto certificato dagli eventi. Resta solo da verificare la misura dei risultati che si possono ottenere coinvolgendo milioni di persone.
Forse dovremo aspettare che il Pentagono dica che i consumatori responsabili sono la più forte potenza politica del mondo prima che i vertici della sinistra italiana lo capiscano... Ma chiunque abbia un po’ di testa può ormai comprendere che, come disse parecchi anni fa Padre Alex Zanotelli, “voti ogni volta che fai la spesa”!
Ma quando voti un politico rischi che non cambi niente. Quando smetti di comprare un prodotto e inizi a chiedere a tutti: “Perché hai comprato le Nike? Non sai che sono sotto boicottaggio?” allora fai paura alle multinazionali. Ed è una grandissima soddisfazione.
Non è la prima volta che si vince. Vi ricordate la campagna di Gesualdi contro la Del Monte? Lì si trattava di una storia tutta italiana, anche se, grazie al coinvolgimento della Coop, le ricadute sono state il cambio delle condizioni di vita in tutte le piantagioni Del Monte. Ma adesso è una roba più grossa. Tutti i consumatori del mondo sanno che uno dei quattro loghi più noti del mondo è sporco di sangue. Che faranno adesso alla Disney, alla Coca Cola e alla McDonald’s? Ma sapete come stanno male? Tutti i manager urlano in tutti i telefoni: “La Nike è impazzita! Si sono autoaccusati! Ma checcavolo gli viene in mente?” Vorrei poter parlare con questa gente in questo momento. Vorrei potergli dire la verità.
«Caro manager, ormai che la Nike ha ceduto, ti resta una sola cosa da fare: adeguarti. Perché se non dimostri che sei capace di fare del bene all’umanità e non espii tutte le tue colpe con buone azioni, allora sei nei guai. Perché succede che quel piccolo numero di consumatori rompiscatole che vanno in giro dicendo che i tuoi prodotti portano sfiga perché sono sporchi di sangue inizia a essere ascoltato. Sono dei vigliacchi perché non si limitano a sputtanare le tue semplici strategie industriali. Alludono, in modo subdolo e vigliacco, al fatto che comprare prodotti sporchi di sangue porti sfiga e abbassi la libido sessuale.
Lo so che la sfiga non esiste e che sono tutte idiozie... Ma che ci vuoi fare, sono superstizioni che se si diffondono poi sono dure da estirpare.
Capisci, caro manager, è così che funziona il mondo ormai. Tutti i miliardi che hai speso in pubblicità spariscono davanti a un ecologista che è scocciato per il fatto che le operaie di Saigon vengono stuprate dai capireparto sulle cataste delle suole delle scarpe. Cioè un pessimo karma da portare ai piedi. E così tutto il tuo bel tran tran, le tue azioni che salgono, i tuoi indici di crescita vanno a farsi benedire. E tu ti devi svegliare mezz’ora prima per andare a leggere sul vocabolario cosa vuol dire “etica”.
Povero sfigato, che vita dura. Adesso dovrai occuparti anche degli asili nido dei dipendenti dei tuoi partner produttivi. Che grande scocciatura. Ma ormai non hai via di scampo. Lo sai, appena una multinazionale cede le altre si devono adeguare. Sennò sei fuori dal gioco e gli azionisti reclamano la tua testa. Si chiama capitalismo, baby, e tu hai sempre sostenuto che è il miglior sistema possibile. Adesso impari una cosa che non sapevi: le leggi del marketing non hanno pietà per nessuno. Neanche per te. Sei costretto a diventare buono.
Lo so che per te è una cosa orribile ma non hai scelta.»
(Fonte: Il C@C@O della domenica del 17 aprile 2005)
Nota 1
Fra dipendenti e società appaltatrici sono 650mila le persone che lavorano per la Nike. La maggior parte sono donne tra i 16 e i 25 anni di età. La settimana lavorativa supera le 60 ore settimanali nel 50% degli stabilimenti asiatici. Punte del 90% in Cina. In molte delle aziende c’è il divieto di andare in bagno e perfino di bere durante tutto l’orario di lavoro. Il rapporto completo si trova su http://www.nikeresponsibility.com/reports
(Fonte: Repubblica di giovedì 14 aprile)

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